venerdì 28 agosto 2009

Goldman Sachs finisce sotto inchiesta!


Mentre il mercato sembra non essere in grado di prendere una direzione da ben due sedute, quella sostanzialmente flat di mercoledì e quella alquanto mista di ieri, inizia a montare il caso Goldman Sachs, aperto da un articolo di un’intera pagina del Wall Street Journal di lunedì scorso nel quale si metteva in luce una palese disparità di trattamento tra grandi clienti, ammessi ai briefing settimanali con gli analisti, e la restante parte della clientela della banca che deve accontentarsi dei rapporti ufficiali che sarebbero non sempre in linea con gli interessanti e spesso molto fruttuosi consigli di breve periodo che consentono a pochi privilegiati di approfittare delle ‘intuizioni’ in termini di trading comunicate loro a voce dal meglio del meglio degli addetti ai lavori direttamente impegnati nelle scommesse su tutto quanto è quotato nei mercati regolamentati, dalle azioni alle obbligazioni, dalle materie prime alle valute convertibili e chi più ne ha ne metta.

In attesa di una mossa da parte delle due principali Authorities, la Finra e la Securities and Exchange Commission, chiamate in causa dalle due redattrici del giornale finanziario più autorevole del pianeta e informate in anticipo della prossima pubblicazione dello stesso da parte di esponenti di Goldman, il primo a mettere sotto inchiesta la potente e ancor più preveggente Goldman Sachs è stato il responsabile dell’autorità preposta alla sorveglianza dei mercati finanziari dello Stato del Massachussets, tal William Galdin, il quale ha deciso di vederci chiaro sul comportamento della banca al fine di valutare se lo stesso non abbia comportato svantaggi, se non danni, ai clienti esclusi da queste informazioni.

Come è a tutti noto, uno dei principali presupposti della concorrenza perfetta è dato proprio dall’assunto che gli operatori e gli investitori dispongano più o meno delle stesse informazioni, una previsione pressoché utopistica ma che gode di largo credito negli Stati Uniti d’America, uno dei primi paesi al mondo a dotarsi di una normativa alquanto stringente in materia di insider trading, una chimera che non ha molta più possibilità di realizzarsi dell’idea che prevede che si possa diventare ricchissimi partendo da attività quali quella di strillone di giornali o di fattorino di una qualsivoglia impresa, due idee forti che trovano raramente applicazione, ma che avevano resistito al sostanziale smantellamento dell’American Dream prodotto dalla tempesta perfetta entrata da qualche settimana nel suo terzo anno di vita.

Non sono assolutamente in grado di prevedere se, alla fine della fiera, si tratterà solo di una buccia di banana come titolavo una recente puntata del Diario della crisi finanziaria o se la cosa prenderà una piega più seria, anche se sono certo che molto dipenderà dall’atteggiamento che prenderà in proposito Obama, uno di cui si può dire tutto meno che non sia molto abile a intercettare gli umori di una pubblica opinione che da qualche tempo a questa parte interviene in modo alquanto attivo sui temi economici e finanziari, come si è visto nel caso del settore automobilistico e in quello dei bonus milionari pagati dalla stessa AIG che si era salvata dal fallimento solo grazie ad aiuti pubblici per centinaia di miliardi di dollari.

Tornando alle cose di tutti i giorni, non desta sorpresa la seconda lettura del prodotto interno lordo a stelle e strisce (in flessione, invariata, dell’uno per cento), mentre desta qualche preoccupazione il fatto che la lista delle banche in difficoltà ha superato di una balzo quota 400, una preoccupazione accresciuta dalla contesuale notizia che il fondo che dovrebbe garantire i depositi bancari statunitensi, la Federal Deposit Insurance Corporation, ha visto la sua dotazione crollare del 20 per cento a poco più di 10 miliardi di dollari, avendone persi 3,7 nel secondo trimestre dell’anno.