lunedì 27 dicembre 2010

Nuovo rialzo dei tassi cinesi!

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Mentre al di qua e al di là dell’Oceano Atlantico i tassi ufficiali di interesse rimangono ai minimi storici, pressoché zero quelli statunitensi e all’uno per cento quelli dell’area dell’euro, nella repubblica Popolare Cinese si è registrato nel corso del fine settimana l’ennesimo aumento che porta i tassi a un anno al 5,81 per cento, mentre i depositi di pari scadenza hanno visto elevare la loro remunerazione al 2,75 per cento, una mossa volta a raffreddare l’inflazione che sta colpendo i meno abbienti al punto che sono costretti a spendere in media il 50 per cento delle loro entrate per acquistare generi di prima necessità.

Anche sul fronte dei prezzi al consumo il divario tra l’Occidente sviluppato e la Cina di sta infatti ampliando, con prezzi sotto controllo in Europa e negli Stati Uniti e al di sopra del 5 per cento nel gigante asiatico.

Se la manovra del governo di Pechino avrà successo, assisteremo ad un considerevole rallentamento della crescita cinese che è uno dei pochi alibi a un prezzo del petrolio incredibilmente al di sopra dei 90 dollari, 40 dollari al di sopra del prezzo considerato ragionevole dal prestigioso centro di ricerca sul petrolio presieduto dallo sceicco Yamani, l’uomo che per un ventennio è stato presidente dell’OPEC, un periodo non di poco conto in quanto ha visto il secondo dei due micidiali shock petroliferi che hanno messo in ginocchio i paesi importatori.

Non troverei inopportuna un’indagine federale negli Stati Uniti d’America sul ruolo del club delle nove banche globali e di altri speculatori di professione, compagnie petrolifere incluse, sul mercato dei derivati sul petrolio, anche perché credo che ne emergerebbero delle belle, ma so che tale richiesta difficilmente potrà essere esaudita alla luce del divario di forze esistente tra governi da un lato e speculatori dall’altro.

Nel frattempo, il mercato dei cambi resta quieto con l’euro scambiato nell’area dei 1,31 dollari e il dollaro scambiato nell’area degli 82 yen, mentre l’oro continua nel suo ripiegamento al di sotto della soglia psicologica dei 1.400 dollari per oncia.