Il dato sul Non Farm Payrolls e quello sul tasso di disoccupazione negli Stati Uniti d’America sono due indicatori molto attesi, ma il dato di novembre lo era in particolare, perché la forte crescita degli occupati in ottobre, un saldo netto di 172 mila buste paga, aveva acceso le speranze degli analisti per un ulteriore crescita di 150 mila unità e una riduzione del tasso di disoccupazione, fermo da tre mesi al 9,6 per cento.
Le attese sono state, invece, deluse e il saldo positivo per novembre è stato di uno striminzito numero di 39 mila nuovi occupati, mentre il tasso di disoccupazione è balzato al 9,8 per cento, ricominciando a fare l’occhietto alla soglia psicologica del 10 per cento che non sarà raggiunta in dicembre solo per le assunzioni temporanee legate alle vendite natalizie.
La crescita non è spalmata su tutti i settori, è concentrata su servizi ospedalieri, educazione e lavori di assistenza a tempo determinato, mentre tagli sono avvenuti nella distribuzione commerciale, nel settore manifatturiero, nelle costruzioni, nel settore finanziario e nel settore governativo, un andamento che conferma che non vi è un settore nel quale gli imprenditori hanno superato le loro resistenze rispetto ad assumere, dopo i tagli selvaggi del passato, nuovi lavoratori a tempo indeterminato.
Per chi, come me, crede che l’attuale tiepida ripresa sia in gran parte legata alla ricostituzione delle scorte, tutto ciò non è una sorpresa, anche perché la domanda per consumi si muove ancora, stando ai dati rivisti del prodotto interno lordo nel terzo trimestre, ad un ritmo dello 0,2 per cento, un ritmo di crescita assolutamente insufficiente a predisporre piani di produzione ambiziosi e in grado di varare una campagna massiccia di assunzioni.
Nel frattempo, divampa la polemica sul rinnovo della legge che aveva consentito di garantire 99 mesi di sussidi di disoccupazione aggiuntivi a quelli garantiti a livello dei singoli Stati, una legge che, come ricordavo in una precedente puntata del Diario della crisi finanziaria, scadeva mercoledì scorso e che non è stata rinnovata in tempo dal Congresso determinando il rischi che i 2 milioni di beneficiari si trovino senza l’assegno proprio nel periodo delle festività natalizie, mentre per gli altri milioni di percettori si tratterebbe solo di tempo prima che anche a loro vengano sottratte quelle risorse così indispensabili per la sopravvivenza.
Sulla vicenda del rinnovo degli extra sussidi è intervenuto il solitamente silente vice presidente Joe Biden che ha scongiurato il Congresso, che è attualmente a maggioranza democratica in entrambi i suoi rami, di rinnovare la legge, cosa che rischia di diventare più problematica a gennaio quando la Camera dei Rappresentanti sarà a maggiorana repubblicana e lo stesso Senato vedrà una maggioranza democratica esigua.