Come scrivevo nella puntata di ieri del Diario della crisi finanziaria, i mercati sembrano non credere che la crisi del debito nell’eurozona sia conclusa con il salvataggio dell’Irlanda, così le borse sono scese di parecchio lunedì ed hanno continuato a scendere ieri, ma dove gli operatori si sono sbizzarriti è nel dare colpi potenti alle quotazioni dei titoli di Stato del Portogallo, della Spagna e dell’Italia, inviando i differenziali dei titoli di questi ultimi due paesi a 305 e 210 punti base di differenza rispetto al Bund.
Non so se il per la terza volta ministro italiano dell’Economia, Giulio Tremonti, vorrà unirsi all’iniziativa del primo ministro portoghese e di quello spagnolo di istituire una figura di 007 per indagare sulle malefatte degli speculatori, ma è certo che fra poco, approvato o meno dall’Unione europea il piano di stabilità da lui presentato a Bruxelles (la riunione è prevista per il 15 dicembre, un giorno dopo il poco prevedibile voto di fiducia), l’eventuale incaricato avrà il suo bel da fare contro operatori convinti che quello dell’Italia sia l’obiettivo grosso del loro gioco e che ogni giorno di più appare, come dicono nel loro gergo, un calcio di rigore tirato a porta vuota.
Non vorrei essere facile profeta, ma tutti i tentativi di contrastare la speculazione internazionale sui cambi o sui titoli di Stato sono sempre finiti nel nulla, basti ricordare quello che successe nell’attacco portato da George Soros alla lira e alla sterlina o quelle che è accaduto durante la crisi asiatica con lo stesso Soros dichiarato persona non gradita in Malesia e in altri paesi dell’Estremo Oriente.
Non che non esistano sistemi per contrastare i giochi dei traders e delle istituzioni finanziarie delle quali gli stessi fanno parte, ma basta vedere quello che è successo nel 2008 sul petrolio e quello che sta accadendo in questi stessi giorni per capire che nessuno ha veramente voglia di tagliare le unghie a Goldman Sachs o altre banche più o meno globali che operano alla grande sulle azioni, le obbligazioni, le materie prime e via discorrendo.
Alzare i margini di garanzia come è stato fatto per i titoli di stato irlandesi è una mossa utile ma non sempre efficace, in quanto dipende da quale è l’obiettivo e la determinazione degli speculatori, può al massimo tenere fuori della partita i pesci piccoli che si aggregano ai grandi operatori per spartire le soglie della preda.
Nel frattempo, l’euro è sempre più sotto pressione nei confronti del dollaro e ieri si è portato al di sotto della soglia psicologica degli 1,30 euro restando, invece, alquanto stabile nei confronti dello yen giapponese, valuta che a sua volta risente del nuovo livello record della disoccupazione e del continuo calo del fatturato industriale.