Tre buone notizie sono giunte ieri dall’economia americana, tre segnali che, assieme al pacchetto di sgravi fiscali (in realtà un estensione del provvedimento risalente all’amministrazione Bush) da 900 miliardi di dollari in discussione al Congresso, vanno in direzione delle attese degli operatori e hanno spinto al rialzo i tre indici principali di Wall Street.
La Federal Reserve ha dichiarato che manterrà la sua politica di tassi di interesse vicino allo zero e ha confermato l'impegno al maxi acquisto di titoli del Tesoro, nel frattempo, lo yield sui Treasury Bonds a dieci anni ha raggiunto il suo massimo da maggio, portandosi a sfiorare il 3,40 per cento, un rialzo che riflette una caduta dei prezzi notevole, visto che solo all’inizio di ottobre il rendimento era al 2,39 per cento e che indica come a vendere siano forti detentori e non manca chi pensa che dietro questo sell off possa esserci la Repubblica Popolare Cinese.
Ma tensioni sono presenti anche sul mercato interbancario sia al di qua che al di là dell’Oceano Atlantico, anche se nella seduta di ieri si sono colti segnali distensivi dovuti all’azione energica sia della Federal Reserve che della Banca Centrale Europea, anche se, per quanto riguarda quest’ultima, è nota la decisione di smettere, ad aprile del prossimo anno, di inondare il mercato di liquidità.
Ma sarebbe interessante sapere quale è il reale rischio cui stanno andando incontro le banche europee che usano prendere denaro a buon mercato dalla BCE per investirlo in buona parte in titoli di Stato di varia scadenza, anche perché quello che sinora era stato un buon affare rischia di tradursi in una montagna di perdite, anche perché le banche non possono fare come il piccolo risparmiatore che, non volendo incorrere nella perdita in conto capitale, porta i titoli a scadenza, default permettendo.