In una sua recentissima pubblicazione, il Fondo Monetario Internazionale lancia l'allarme sul debito globale, giunto, nel 2015, alla cifra record di 152 mila miliardi di dollari, due terzi circa del quale a carico di imprese non finanziarie e famiglie, e che oramai pesa per il 225 per cento sul prodotto interno lordo globale, ma segnala anche la perdita di capitalizzazione delle banche sempre a livello globale e in un lasso di tempo relativamente breve per poco meno di 450 miliardi di dollari, un'emorragia tale che bisogna risalire alla prima ondata della Tempesta perfetta tra l'ultimo scorcio del 2007 e il 2010 per trovarne una confrontabile, ma gli economisti alle dipendenze di Christine Lagarde, appena confermata alla guida del Fondo, mettono anche sotto la loro lente di ingrandimento il sistema bancario italiano e la questione dei Non Performing Loans e la crisi attraversata dal Monte dei Paschi di Siena, due questioni che non rappresentano proprio una novità.
In realtà, gli economisti dell'FMI pongono altresì l'accento su una questione fino ad ieri sottaciuta e che è rappresentata dallo stato di salute delle banche italiane piccole, medie e grandi che, per la loro dimensione, non sono passate sotto il controllo diretto della Vigilanza BCE, continuando ad essere vigilate dalla Banca d'Italia, che, come tutti ricorderanno, ha svolto un ruolo da protagonista nella procedura di risoluzione (applicata in anticipo di due mesi rispetto alla legge approvata pressoché all'unanimità da entrambi i rami del Parlamento italiano, bail in incluso) di Banca dell'Etruria, Banca Marche, Cariferrara e Carichieti, scisse, grazie allo sforzo solidaristico della altre banche, in bad bank e good bank, per le quali ultime è in corso una trattativa serrata con la Vigilanza europea per favorirne la vendita, almeno di tre di queste, all'UBI guidata da Viktor Messiah che le comprerebbe per zero euro (pareggiando gli sgravi fiscali e il goodwill negativo l'esborso teorico di 400 milioni di euro), vedendo se è possibile eliminare o ridurre drasticamente l'aumento di capitale da 600 milioni di euro richiesto dalla Nouy all'UBI post fusione per incorporazione delle tre banche.
La richiesta della Lagarde, già perché se credete che richieste così politiche siano fatte in solitudine da oscuri economisti state proprio sbagliando, in particolare se riguardanti l'Europa, appare molto simile a quel parlare a nuora perché suocera intenda (o viceversa), in quanto la struttura del sistema bancario italiano e quella dell'omologo sistema tedesco sono molto più simili di quanto si possa immaginare a prima vista, in quanto entrambi i sistemi hanno un alto grado di concentrazione, che in Italia è al 40 per cento del totale attivo su soli cinque gruppi, ma è molto concentrato anche in Germania dove alla Bundesbank guidata da Weidmann sono rimaste una marea di sparkassen e landesbanken, oltre a banche private minori da vigilare e se necessario commissariare e, ove necessario, avviare al processo di risoluzione, bail in incluso.
Ma è proprio su questo punto che Christine Lagarde lancia un formidabile assist ai poveri banchieri centrali dell'area dell'euro, perché sostiene che la BRRD, la cornice delle nuove norme volte ad assicurare la stabilità dei sistemi bancari europei, in particolare nella parte che riguarda il bail in, non è del tutto intoccabile e cita esplicitamente la proposta di Ignazio Visco, numero uno di Via Nazionale, di prevedere un'elasticità nella sua applicazione cosa che, dice la Lagarde, si può fare anche prima di quel 2018 che era sembrato fino ad ora il momento in cui era lecito ai banchieri centrali iniziare a parlarne.
Ma, per il momento, il punto sta proprio qui, perché se alla Vigilanza BCE spetta il controllo su poche decine di banche di maggiori dimensioni, alla Vigilanza Bankitalia compete analoga funzione sul complemento a cento delle 724 banche che compongono l'intero sistema e da Via Nazionale, come riporta il quotidiano La Repubblica da sempre con forti entrature nella nostra banca centrale, si è molto restii ad usare lo strumento degli stress tests per il rischio concreto di dover contare molti morti e feriti!
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Anche se con un po' di ritardo, dalla Banca Centrale Europea è giunta la smentita di una già decisa conclusione del QE nel mese di marzo del prossimo anno e che la politica espansiva potrebbe proseguire anche dopo quella data. Nel frattempo, il quotidiano tedesco Handesblatt svela un piano elaborato da alcune imprese tedesche per venire in soccorso di Deutsche Bank con una robusta iniezioni di capitali che dovrebbe avvenire un aumento di capitale dedicato a questi capitani d'industria. Il quotidiano informa anche che di questo piano sarebbe stato messo a parte il Governo tedesco accompagnato dall'apodittica frase che recita che Deutsche è indispensabile per l'economia tedesca.
Ma, per il momento, il punto sta proprio qui, perché se alla Vigilanza BCE spetta il controllo su poche decine di banche di maggiori dimensioni, alla Vigilanza Bankitalia compete analoga funzione sul complemento a cento delle 724 banche che compongono l'intero sistema e da Via Nazionale, come riporta il quotidiano La Repubblica da sempre con forti entrature nella nostra banca centrale, si è molto restii ad usare lo strumento degli stress tests per il rischio concreto di dover contare molti morti e feriti!
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Anche se con un po' di ritardo, dalla Banca Centrale Europea è giunta la smentita di una già decisa conclusione del QE nel mese di marzo del prossimo anno e che la politica espansiva potrebbe proseguire anche dopo quella data. Nel frattempo, il quotidiano tedesco Handesblatt svela un piano elaborato da alcune imprese tedesche per venire in soccorso di Deutsche Bank con una robusta iniezioni di capitali che dovrebbe avvenire un aumento di capitale dedicato a questi capitani d'industria. Il quotidiano informa anche che di questo piano sarebbe stato messo a parte il Governo tedesco accompagnato dall'apodittica frase che recita che Deutsche è indispensabile per l'economia tedesca.
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