lunedì 17 ottobre 2016

La banche italiane nella Tempesta Perfetta tra nozze e funerali


La terza ondata della Tempesta perfetta, iniziata nei mesi a cavallo dell'avvio di questo che sempre più si dimostra essere l'anno di disgrazia 2016 si incrocia, per le banche italiane sommerse da 360 miliardi di euro di Non Performing Loans,  con quella che io definisco la quarta fase del più che ventennale processo di ristrutturazione e semplificazione di un sistema bancario che la Legge Amato affrontò a muso duro nel 1992, creando le condizioni per una separazione tra la parte pubblica, relegata nelle cosiddette Fondazioni bancarie e le banche conferitarie cui fu posto l'obbligo della trasformazione in società per azioni, per un processo di aggregazioni sempre più incisivo e che vide centinaia di banche e casse di risparmio aggregarsi in quelli che non a caso sono diventati i cinque principali gruppi creditizi (Intesa-San Paolo, Unicredit, Monte dei Paschi, Unione di Banche Italiane e Banco Popolare), un processo che, nel corso di tre fasi, ha restituito alle altre banche facenti parte del sistema migliaia di sportelli, seguendo le indicazioni dell'Antitrust, e mandato a casa, quasi sempre su base volontaria e con un ottimo meccanismo di esodi, decine e decine di migliaia di dipendenti.

La quarta fase del processo di ristrutturazione del sistema bancario (c'è chi dice che è la quinta chi sostiene che si tratta della terza, ma si discute di banali questioni definitorie che lascio volentieri a chi vi si appassiona) sarà "brutta e spietata", in quanto quello che si poteva fare in punta di fioretto, seppur con tempi inenarrabilmente lunghi e con errori gestionali, in particolare nei primi tre gruppi creditizi, che sono costati decine di miliardi di euro nel ventennio passato, ora verrà affrontato, anche per il fiato sempre più caldo di Madame Nouy sul collo, con la sciabola se non con la scure, forti anche di due provvedimenti legislativi di estrema importanza, quali quello che riforma le banche popolari, ricordate? quelle di quel voto capitario che ha tenuto lontani i grandi investitori da questa tipologia di banche che vanno da piccole entità a banche ben collocate ai vertici della graduatoria nazionale, nonché quello che ridurrà a una. o come sembra in questi giorni, a due holding ben 350 banche di credito cooperativo, banche che, sempre nell'ultimo ventennio, hanno richiesto numerosi provvedimenti di commissariamento o di messa in liquidazione da parte della Vigilanza della Banca d'Italia che, lo ricorderò fino alla nausea, rimane competente per tutte le banche medio piccole.

Cosa significa che si interverrà con la sciabola?  Semplicemente che vi sarà una spinta alle fusioni, facilitata da quel vero e proprio tracollo dei corsi di borsa dei titoli bancari che rende estremamente appetibili e a prezzi di saldo anche banche che un tempo erano, come il Monte dei Paschi di Siena, difficilmente scalabili (si veda, invece, il tentativo estivo e un po' maldestro di BNP Paribas  di acquisirla con un OPA pre aumento di capitale, ma chiedendo un taglio abnorme dell'organico e la garanzia dalla BCE che non sarebbe stato richiesto un aumento post fusione per incorporazione in BNP della stessa banca senese), una revisione vera dei costi operativi, in particolare di quelli relativi al personale, un radicale riorientamento dei modelli vigenti di business, un'impulso senza precedenti all'automazione che può consentire di mantenere le presenze capillari attuali, ma con una presenza di "umani" decisamente ridotta.

Insomma, un taglio drastico di molte migliaia di sportelli tradizionali in larga parte grazie al sempre più diffuso e-banking e all'automazione sempre più spinta e ove possibile assistita da pochissimi dipendenti in carne e ossa e operanti su nastri orari molto lunghi e la riduzione di 50 mila dipendenti nel prossimo triennio, e poi così nei due trienni successivi, assumendo contemporaneamente un numero più ridotto di giovani selezionati e formati in modo da poter essere immediatamente operativi in poco tempo, tutte ipotesi che rilanciavo in diverse puntate del Diario della crisi finanziaria pubblicate nelle settimane e nei mesi scorsi ben prima che il Governo raggiungesse un'intesa preliminare con l'ABI per finanziare, chi dice con 100 chi con 150 milioni di euro, il Fondo di settore adibito alla gestione degli esuberi e operante a stretto contatto con l'INPS.

Nel frattempo, come in ogni guerra che si rispetti, ci sono stati sei decessi di banche, le prime quattro, Etruria e le sue tre sorelle, salvate a spese delle altre banche e destinate ad essere acquistate praticamente gratis da qualche volenteroso, mentre le ultime due, Popolare di Vicenza e Veneto Banca, tecnicamente fallite, se le è prese, al prezzo di 2,5 miliardi, quel Fondo Atlante che ha quasi esaurito la sua dotazione  iniziale di 4,2 miliardi, mentre il suo clone  Atlante 2 ha ricevuto in dote 1,6 miliardi e li ha tutti impegnati per l'acquisto di buona parte delle sofferenze del Monte dei Paschi di Siena.

Ieri, due impegnative e niente affatto scontate assemblee dei soci del Banco Popolare e della Banca Popolare di Milano hanno dato il definitivo via libera al progetto di fusione che sarà operativo dal 1° gennaio del 2017, e tenete conto che si votava ancora, e per l'ultima volta, con il voto capitano ed era richiesta la maggioranza qualificata dei due terzi (una maggioranza che in BPM è stat raggiunta con non ampio margine), una decisione assembleare che fa nascere un gruppo con 4 milioni di clienti, 2.500 sportelli e un totale attivo di 171 miliardi di euro, di cui 120 miliardi di impieghi, che la proietta al terzo posto tra i gruppi italiani, scavalcando MPS. Avrei alcune cose da dire, in particolare su una delle due contraenti il contratto matrimoniale, ma sarebbe di cattivo gusto in occasione delle nozze, un risultato che sancisce però il secondo risultato positivo di fila per l'inedita coppia Guzzetti-Bazoli, la prima, contro Mediobanca e parte dell'establishment finanziario italiano nella disfida per la Rizzoli-Corriere della Sera e la seconda è rappresentata, appunto, dalla fusione Banco Popolare-BPM e si dice, visto l'interessamento della coppia dei due anziani ma molto navigati banchieri lombardi, che non vi è due senza tre!

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Nella recente puntata del Diario della crisi finanziaria dedicata alle determinanti economiche che influenzeranno l'esito del referendum costituzionale che si terrà il 4 dicembre prossimo venturo, non potevo tenere conto di due eventi successivi alla puntata stessa, rappresentati il primo del significativo intervento di sostegno al Fondo per gli esuberi del settore bancario di cui parlo di sopra, mentre, per quanto riguarda la Legge di Bilancio, devo constatare che sono state confermate le anticipazioni delle settimane precedenti, anzi, le stesse sono state nettamente rafforzate, soprattutto negli aspetti che riguardano milioni di italiani in materia di sanità,  di previdenza, nonché l'uscita di scena di quella che Equitalia che per tanti italiani rappresenta un po' lo sceriffo di Notthingam! Da previsore, devo dire che, a questo punto e  fatti salvi imprevisti che possono  sempre accadere nelle prossime settimane, il risultato mi sembra proprio "one way", anche se, in materia elettorale e ancor più quando si tratta di un referendum costituzionale di questa rilevanza, la prudenza è assolutamente d'obbligo.

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