Nel giorno in cui Barack Obama è stato insignito del Nobel per la pace, i mercati stanno vivendo una seconda giornata positiva consecutiva, anche se sia ieri che oggi i guadagni sono tutto sommato modesti, anche perché non vi sono state notizie che confermino l’inizio della ripresa, anzi, quella relativa al deficit commerciale in agosto, ridottosi del 3,5 per cento rispetto al mese precedente, farebbe pensare piuttosto a perduranti difficoltà dal lato della domanda.
D’altra parte, nei giorni scorsi è giunta l’ennesima conferma della riduzione dello stock del consumer credit, calato stavolta di 12 miliardi di dollari, una riduzione che conferma il netto mutamento delle abitudini dei consumatori, ma anche i criteri più restrittivi adottati dalle banche, nonché fenomeni di vero e proprio razionamento del credito.
Gli unici mercati a non fare festa oggi sono quelli del petrolio e dell’oro, complice anche un rafforzamento del dollaro, ma sia l’oro nero che quello giallo si mantengono a livelli molto elevati, in particolare il secondo che viene scambiato a poco meno di 1.050 dollari, anche questo un segnale del clima di incertezza che vivono gli investitori, in particolare quelli più abbienti che hanno visto i loro patrimoni pesantemente colpiti in questi due ultimi anni.
L’approssimarsi della soglia psicologica dei 10 mila punti del Dow Jones rappresenta un test importante del rally iniziato subito dopo che gli indici statunitensi avevano sperimentato livelli davvero infimi, ma quello che è certo è che gli ulteriori progressi necessiteranno di notizie che dimostrino che la lettera che rappresenta questo ciclo è la V e non la U, un’ipotesi rispetto alla quale continuo a nutrire seri dubbi.
Il governo statunitense avrà anche deciso di liberarsi al più presto della sua quota in Citigroup, qualcosa di più di un terzo delle azioni del colosso creditizio statunitense, ma non ha certamente rinunciato a influenzarne le scelte, come si è visto oggi con l’annuncio della vendita di Phibro, la sua divisione specializzata nel trading sul mercato del petrolio e di altre materie prime e una vera e propria gallina dalle uova d’oro anche durante la tempesta perfetta, come è ben dimostrato dall’alquanto insensato rally che portò le quotazioni a toccare i 147 dollari nel luglio del 2008, ma ha guadagnato anche quando una brusca virata li ha portati a 34 dollari pochi mesi dopo.
L’acquirente è una compagnia petrolifera, la Occidental Petroleum Corporation, e ha sicuramente fatto un ottimo affare, in quanto i 250 milioni di dollari pagati rappresentano meno degli utili di un anno di Phibro, 371 milioni di dollari in media negli ultimi cinque anni, ma il problema è che la divisione era diventata una vera e propria patata bollente nei rapporti con l’amministrazione Obama e non solo perché uno dei suoi trader riceve 100 milioni di dollari l’anno, ma perché è abbastanza imbarazzante per il ministro del Tesoro, Timothy Geithner, impegnato, insieme alle Securities and Exchange Commission e ad altri regolatori, a regolamentare il mercato dei derivati in generale, ma quelli sul petrolio in particolare, essere il primo azionista di una banca che di questo mercato è uno dei primi attori, ovviamente alle spalle della potente ma ancor più preveggente Goldman Sachs.
Come i più attenti tra i lettori del Diario della crisi finanziaria avranno certamente notato, le puntate sono allineate al giorno di pubblicazione, mentre per lungo tempo il riferimento era agli avvenimenti del giorno precedente, una scelta che implica che raramente vi saranno puntate di sabato, come da tempo non ve ne sono di domenica.