sabato 3 ottobre 2009

I disoccupati americani superano i 15 milioni!


Le pesanti flessioni registrate giovedì dai tre principali indici statunitensi facevano capire che gli investitori nutrivano forti timori sul fatto che i dati sull’occupazione rilasciati ieri non sarebbero stati in linea con le attese degli analisti che prevedevano una perdita netta di buste paga al di sotto della soglia delle 200 mila unità.

Timori che sono stati puntualmente confermati quando dalle previsioni si è passati ai dati, in quanto non solo il Non Farm Payrolls ha segnato una perdita netta di 263 mila posti di lavoro, ma sono stati rivisti in peggio anche i dati dei due mesi precedenti, mentre il tasso ufficiale di disoccupazione si è portato, ma questo era stato ampiamente previsto, dal 9,7 al 9,8 per cento, il livello più alto dal lontano 1983.

Con quella di agosto, le flessioni mensili consecutive del numero di occupati negli Stati Uniti d’America sono giunte a 21, ma quello che colpisce maggiormente è che il calo degli occupati non risparmia nessun settore, se si fa eccezione per uno striminzita crescita di 3 mila unità nel settore dell’educazione e della sanità, non risparmiando il settore pubblico che ha registrato un saldo netto negativo per 53 mila posti di lavoro.

Dall’inizio della recessione, i disoccupati ufficiali sono di fatto raddoppiati, passando da 7,5 a 15,1 milioni, mentre quelli effettivi, che includono quanti si sono allontanati dal mercato del lavoro e tengono conto delle trasformazioni forzose da tempo pieno a part time, si avvicinano, ogni mese che passa, alla soglia dei 30 milioni.

Che i dati occupazionali sarebbero stati pesanti lo si era capito sia dal balzo in avanti dei jobless claims, sia dalla flessione dell’indice nazionale elaborato dall’Institute for Supply Management che misura l’attività manifatturiera statunitense, ma ieri si è aggiunto anche il calo degli ordini di beni durevoli in agosto, in flessione dello 0,8 per cento, mentre le attese degli analisti erano per un aumento.

Non credo avrà, invece, problemi il nuovo disoccupato Ken Lewis, uno che in pochi mesi ha perso ben due posti, prima quello di presidente e adesso quello di Chief Executive Officer di Bank of America, travolto dall’indignazione degli azionisti per non avere reso note le pressioni ricevute per non ostacolare l’acquisizione di Merrill Lynch e per non aver impedito il pagamento di poco meno di 6 miliardi di dollari di bonus a dipendenti della stessa ex banca di investimenti, bonus pagati in concomitanza della presentazione di una perdita record da 26 miliardi di dollari nel quarto trimestre del 2008.

L’uscita di scena di Lewis non ferma però né l’indagine avviata dal Congresso sulla vicenda, né l’azione intrapresa dalla Securities and Exchange Commission nei confronti di Bank of America, resta da vedere se cambierà l’atteggiamento ostruzionistico sinora portato avanti dalla banca in tutte le sedi in cui è stata chiamata a chiarire i dettagli dell’operazione.

Nel frattempo, la Federal Deposit Insurance Corporation ha deciso la chiusura di altre tre banche, portando il totale dei default bancari nei primi nove mesi dell’anno a 98, un numero che sembra destinato a salire e che ha spinto la FDIC a farsi anticipare decine di miliardi dalle banche operanti negli USA.