Come previsto da molti, Bernspan incluso, il tasso di disoccupazione sta crescendo in molti Stati, ventitrè per la precisione, e in alcuni di questi ha toccato in settembre anche punte del 15 per cento, anche se va detto che in altri diciannove si è registrato un calo della percentuale che indica il numero dei disoccupati sul totale delle forze di lavoro, una flessione che ha riguardato anche un’intera regione, quella del Midwest.
Questi dati stanno a indicare che gli sforzi della amministrazione Obama iniziano a dare i loro primi risultati, in particolare nelle realtà geografiche nelle quali anche le autorità locali stanno facendo la loro, ma non vi è dubbio che siamo ancora lontani dal punto di svolta.
Dopo tre trimestri consecutivi in rosso, Morgan Stanley, una delle due sole grandi investment bank statunitensi a essere rimasta in vita e autonoma, ha finalmente conseguito un utile nel terzo trimestre, anche se di entità non eccezionale visto che è stato di 498 milioni di dollari, un risultato non comparabile con quello del terzo trimestre del 2008 che aveva visto un utile di 7,7 miliardi di dollari dovuti però a un calo eccezionale del valore del debito della banca.
L’entità dell’utile di Morgan Stanley stride fortemente con le somme accantonate per il pagamento dei bonus, incrementate di 5 miliardi di dollari che portano il bottino per l’anno in corso a oltre 10 miliardi, il che vuol dire che sono state accantonati oltre cinque miliardi anche nei due trimestri precedenti che pure si erano chiusi in rosso.
Anche se sta cercando di accreditare un’immagine legata a una gestione più conservativa, anche Morgan Stanley ha sviluppato al massimo la profittevole quanto rischiosa attività di trading, mentre sta procedendo l’integrazione con le attività di Smith Barney, l’entità di cui ha acquisito, per 2,7 miliardi di dollari, il controllo da Citigroup che mantiene tuttavia una quota minoritaria nella joint venture.
Ben più consistenti i risultati di Wells Fargo, che ha chiuso il terzo trimestre con un utile di 2,6 miliardi di dollari, ma, in linea con altre grandi banche statunitensi, ha dovuto far fronte a massicce perdite su crediti sia relative alla banca che all’acquisita Wachovia Bank, perdite che ammontano nel trimestre a 5 miliardi di dollari.
Con Wells Fargo si completa il quadro dei risultati per il terzo trimestre delle banche a stelle e strisce di grandi dimensioni, un quadro che, con la rilevante eccezione di Bank of America, ha visto profitti di varia entità e dimensione accompagnarsi a messe a perdita di prestiti e finanziamenti in crescita rispetto ai trimestri precedenti e ancora lontani, come è stato confermato nella conference call di oggi, dall’aver raggiunto il loro picco, che viene generalmente previsto per l’anno prossimo, in perfetta analogia con le previsioni relative al tasso di disoccupazione, in un rincorrersi davvero inestricabile di cause ed effetti.
Fermandosi alla metà piena della bottiglia, gli investitori hanno spinto tutti e tre gli indici statunitensi al rialzo, in una giornata che ha visto il dollaro superare di un balzo la quota di 1,50 contro dollaro e il petrolio portarsi anche sopra il livello di 81 dollari al barile, mentre l’oro viene scambiato a 1.060 dollari.