Come se non bastasse il problema dei 500 miliardi di dollari e rotti di titoli rappresentativi di mutui per i quali c’è il rischio che i detentori possano chiedere il riacquisto, Citigroup si trova ora ad essere nel mirino della Securities & Exchange Commission, che sta indagando su alcuni fondi che investivano in bond municipali titoli rappresentativi di mutui e le cui quote sono arrivate a perdere anche il 77 per cento del loro valore.
A svelare questa nuova grana per Citi è stato il Wall Street Journal, il giornale finanziario che ha anticipato quasi tutti gli scogli di cui era disseminato il mare nel corso della tempesta perfetta, e, come si usa in questi casi, il redattore ha definito le sue fonti come persone vicine alla vicenda, il che fa presumere che appartengono a quella Sec, che, va detto non è più quella dei tempi di Effe O Ixs, al secolo Christopher Cox, uno messo lì da Bush e che non non si accorgeva, o fingeva di non accorgersi, quasi di nulla da che il soprannome fox.
Eppure Citi aveva ben pensato di venire incontro agli sventurati che avevano pensato di fare un investimento sicuro, mettendo in piedi operazioni di buy back che riducevano la perdita al “solo” 61 per cento, ma ecco che quei guastafeste della Sec, grazie a tre gole profonde un tempo interne alla vicenda, sostengono che l’informativa sulla rischiosità dell’investimento non sarebbe stata veritiera come la banca sostiene, affermando che avrebbe non solo informato che si trattava di un investimento più volatile di quello in azioni, ma che avrebbero anche potuto perdere tutti i soldi investiti.
I tre brokers loquaci si sono dimessi nel 2008 dalla controllata Smith Barney in polemica su come venivano gestiti questi fondi si sarebbero rivolti alla Sec nel 2009 e nell’estate di quest’anno e avrebbero ora ricevuto l’invito a comparire come testimoni nel procedimento formalmente aperto dalla stessa Sec.
In diverse puntate della prima fase del Diario della crisi finanziaria, avevo messo in guardia dal fatto che uno degli effetti della tempesta perfetta sarebbe stato il fiorire di indagini sui comportamenti tenuti dalle banche poste al di qua e al di là dell’Oceano Atlantico, così come prevedevo un enorme aumento delle liti giudiziarie promosse sia dai risparmiatori danneggiati che dagli investitori istituzionali cui sono state rifilate una parte rilevante dei titoli più o meno tossici della finanza strutturata.
La nuova serie del Diario è nata proprio a partire dai comportamenti di Bank of America e di altri colossi del credito sia nei confronti dei mutuatari cui, almeno secondo i procuratori generali di 50 Stati, non sempre si era proceduto alle procedure di esproprio in modo corretto, sia nei confronti di investitori, inclusa la Federal Reserve di New York, cui erano stati rifilati bonds legati a mutui immobiliari non del tutto performing!