Puntuale come ad ogni primo venerdì del mese è stato diffuso il dato relativo al mese di ottobre del Non Farm Payrolls e, ma basato su un’altra metodologia statistica, il tasso di disoccupazione, positivo il primo, con un’aggiunta netta di 151 mila posti di lavoro, inchiodato, invece, al 9,6 per cento dei due mesi precedenti il secondo, ma entrambe le notizie hanno dato modo ad Obama di esibirsi in una conferenza stampa nella quale ha enfatizzato i progressi nel campo della disoccupazione, sottolineando al contempo i rischi per l’economia americana derivanti dalla concorrenza degli altri paesi, Cina in primis.
Il settore privatola aggiunto in ottobre 159 mila posti di lavoro, che, aggiunti a quelli degli altri nove mesi, fanno la cifra tonda di un milione di posti di lavoro in più, il saldo complessivo è di 874 mila buste paga in più, anche se va considerato che nel biennio 2008-2009 erano stati persi 8 milioni di posti di lavoro, mentre è interessante l’innalzamento dell’orario settimana ad oltre 34 ore, il dieci per cento in più del mese scorso, così come non va sottovalutata la revisione al rialzo dei precedenti dati di agosto e settembre che vedono il settore privato creare 103 mila posti di lavoro in più.
Resta il fatto che poco meno di 15 milioni di cittadini statunitensi continuano ad essere disoccupati, anche se una parte di questi potrebbero provenire dalle file degli scoraggiati, il che spiegherebbe l’andamento diverso delle due statistiche, così come è difficile capire se la “qualità” dei nuovi lavori è equivalente a quella di quello persi.
Assolto Bernspan la sua mission di fornire una stampella per l’economia rimettendo in moto le rotative dalle quali scaturisce il biglietto verde (si veda al proposito la puntata di ieri del Diario della crisi finanziaria), inizia la querelle tra Obama e i repubblicani sui tagli fiscali che vogliono entrambi, ma che il presidente in carica intende negare al 2 per cento della popolazione più ricca, mentre i repubblicani inalberano lo slogan di meno tasse per tutti, una battaglia che terrà impegnata la politica a stelle e strisce almeno fino a alla fine dell’anno.
Torniamo ora all’altro tormentone sul quale sono riprese le puntate quotidiane di questo blog e, cioè, le accuse mosse alle banche, Bank of America in prima linea, di avere agito in modo alquanto disinvolto sulle procedure di esproprio nei confronti dei mutuatari morosi, per scoprire che la povera BofA è invece una paladina dei diritti degli occupanti le case contese e lo dimostra il fatto che la lettera che ha ricevuto da uno studio legale di New York l’accusa di non aver aperto in tempo le foreclosure, chiedendo anche per questo il riacquisto di bond per 49 miliardi di dollari.
Vi è anzi una vivace polemica a distanza tra Barbara J. Desoer, a capo del dipartimento mutui di BofA, e Kathy D. Patrick (che in una puntata precedente avevo erroneamente chiamato Connor), con la Desoer che dice “non è meglio modificare un contratto di mutuo e tenere la gente nelle loro case piuttosto che espropriarli?”.