Dopo aver oscillato di poco intorno alla parità, nella seduta di ieri i tre principali indici azionari statunitensi hanno iniziato a reagire alla crisi irlandese, ben comprendendo che l’attacco ai titoli di stato irlandesi è solo un preludio a quelli, forse più massicci, che verranno mossi ai titoli di stato portoghesi e poi a quelli spagnoli e poi dopo chissà.
A riprova che quello dei titoli di stato è un mercato davvero globale, sono schizzati verso l’alto i rendimenti dei Treasury Bonds, mentre il Dow Jones ha bucato verso il basso la soglia degli 11 mila punti, forti scivoloni per l’oro e il petrolio, mentre l’euro scivolava nella parte alta dell’area degli 1,34 dollari.
Oggi si riuniscono i ministri dell’economia dei sedici paesi facenti parte dell’eurogruppo, un gruppo del quale fanno parte anche la Grecia, già colpita e affondata, l’Irlanda, la Spagna e il Portogallo, ma già alla vigilia di questo importante appuntamento, il titolare del dicastero economico irlandese e il suo omologo portoghese facevano a gara nel dichiararsi il più virtuoso nonché il meno propenso a chiedere gli onerosi aiuti.
Ma la questione, come ha ben sottolineato il presidente dell’Unione europea Herman van Rompuy, non riguarda solo i paesi colpiti o gli altri paesi dell’area dell’euro, ma riguarda bensì la stessa possibilità di sopravvivenza dell’Unione a 27.
Alla questione della crisi del debito sovrano di paesi membri dell’Unione europea e battenti la valuta unica dedica un lungo articolo il New York Times, un articolo che si interroga sulla possibilità di fronteggiare due o tre crisi contemporaneamente, pur in presenza di un fondo di salvataggio dotato di fondi per 500 miliardi di euro.
Non è un mistero per nessuno che la nascita dell’euro con i suoi primi dodici paesi partecipanti, cui si unirono proprio alcuni tra i paesi ora in difficoltà, venne vista con scetticismo, se non malcelata ostilità, dall’altra parte dell’Oceano Atlantico, in quanto la moneta unica veniva a essere l’espressione di un’area economica paragonabile a quella degli Stati Uniti d’America e poteva insidiare nel tempo la supremazia del dollaro come valuta di riserva e come principale mezzo di pagamento negli scambi internazionali.
Ma in realtà, dietro la crisi irlandese, vi è un errore che è uguale a quello commesso negli USA e, cioè, il salvataggio delle banche un errore fatale per i conti pubblici e al quale si potrebbe ovviare utilizzando i finanziamenti del fondo di salvataggio per rientrare dei 45 miliardi di euro spesi, lasciando alle banche l’onore e l’onere di restituire quanto riceveranno!