L’irruzione di uomini del Federal Bureau of Investigation nelle sedi di tre hedge funds ha gettato altra benzina sul fuoco della mega inchiesta sull’insider trading avviata tre anni fa dal distretto giudiziario di New York che si avvale dell’assistenza dell’ FBI e di altre agenzie governative, la tensione è aumentata quando si è appreso che, oltre a documenti, dalla sede di uno dei tre hedge funds visitati sono state portate via anche tre persone.
Che il mercato cominci a prendere sul serio questa indagine è ben dimostrato dalle perdite di oltre il 4 per cento subite lunedì a Wall Street da Goldman Sachs e di quelle attorno al 3 per cento subite da Bank of America che non è nemmeno citata dall’articolo del Wall Street Journal tra le banche indagate.
Non vi è dubbio che l’amministrazione Obama, uscita malconcia dalle elezioni di Mid Term abbia tutto l’interesse di portare sul banco degli imputati le banche e i loro clienti privilegiati e quelli istituzionali, anche per dimostrare che il Governo è schierato più dalla parte di Main Street che da quella di Wall Street.
Ma un’altra nube attorno alle grandi banche statunitense ed è rappresentata dalle implicazioni dell’accordo di Basilea III che prevede che il Core Tier 1 debba non solo essere portato dal 4 al 7 per cento, ma che prudenzialmente dovrebbe essere dell’8 per cento.
Ebbene, uno studio del Financial Times ha fatto i conti in tasca alle banche statunitensi, scoprendo che le stesse per raggiungere i requisiti patrimoniali previsti avrebbero bisogno di aumenti di capitale per un ammontare compreso tra i 100 e i 150 miliardi di dollari e che il 90 per cento di tale cifra, cioè tra i 90 e i 135 miliardi di dollari, farebbero capo alle prime sei banche a stelle e strisce, banche che si sono già viste costrette negli ultimi anni a varare massicci aumenti di capitale.
Non che per le banche poste al di qua dell’Oceano Atlantico le cose vadano meglio, anche esse infatti dovranno varare aumenti di capitale per rispettare i nuovi requisiti e per superare gli stress cui vengono sottoposte dalle rispettive autorità di vigilanza, il che rende un po’ strano l’interesse del Financial per le banche USA invece che per quelle del Vecchio Continente.
Venendo proprio alle vicende europee, risulta evidente che l’avvio dei veri negoziati per il finanziamento da concedere all’Irlanda non ha dissipato le nubi su quel paese e sull’intera area dell’euro e, per il secondo giorno consecutivo, le azioni delle banche irlandesi sono sotto tiro pur avendo delle quotazioni da prefissi telefonici!
Ma le forti perdite di ieri nei mercati azionari di tutto il mondo sono legate al rischio di un conflitto tra le due Coree e alle dichiarazioni di parte tedesca sui rischi che sta correndo in questa fase l’euro, ma di tutto questo parlerò più diffusamente nella puntata di domani.
Marco Sarli