Viaggiando nel fine settimana sui siti americani, si poteva cogliere molta delusione per i dati relativi alla crescita del prodotto interno lordo USA nel terzo trimestre, un più 2 per cento annualizzato che fa seguito a una crescita del 3,7 per cento nel primo trimestre e una dell’1,7 per cento nel secondo, tassi più che soddisfacenti se si trattasse di un paese europeo, ma che assolutamente non danno il segno di una svolta che possa far sperare in un rapido assorbimento di quei sette milioni di lavoratori che si sono aggiunti allo stock di disoccupati, portandolo a qualcosa di più di 14 milioni di persone.
Se è vero che sarà l’economia e non l’ideologia a farla da padrona nelle elezioni di mid term che si terranno domani, c’è davvero poco da stare allegri alla Casa Bianca, in quanto sarà gioco facile per i repubblicani e per quella strana creatura chiamata tea party accusare Obama di avere salvata Wall Street e gettato a mare Main Street, dimentichi che il ministro del Tesoro che ha partorito il TARP era l’ex (?) investment banker Henry Paulson e il presidente che lo aveva nominato risponde al nome di George W Bush, ma è altresì vero che è stato Thimoty Geithner a gestire la seconda metà dei 700 miliardi di dollari a suo tempo stanziati dal Congresso.
Certo, è stata varata quella riforma sanitaria, un’impresa non riuscita a Clinton né nel primo né nel secondo mandato, ma, al di là degli indubbi vantaggi, non è roba che si mangia e per chi vive di sussidi (oltre dieci milioni di persone) e buoni pasto c’è ben poco di essere soddisfatti e motivati a recarsi a votare.
Se vi fosse qualche dubbio, basterebbe dare un’occhiata all’ultima rilevazione della fiducia dei consumatori, portatasi in ottobre a 67,7 dal 68,2 del mese precedente e al più basso livello dal novembre dello scorso anno, un dato che un po’ contrasta con la componente consumi del GDP cresciuta del 2,8 per cento, anche se va detto che i consumatori non posso continuare in eterno a dilazionare le spese.
Torna a far sentire la sua voce Mr. Doom, al secolo Nouriel Roubini, il docente di economia che per primo avvistò la tempesta perfetta, per avvertire che vi è il rischio di un deragliamento del “treno” fiscale, anche se l’economista da atto alle politiche messe in atto sinora di avere evitato l’avvitamento della recessione, ma mette in guardia dalle manovre preannunciate dalla Federal Reserve, manovre che non otterranno a suo dire seri effetti antirecessivi.
Se volessero consolarsi, gli americani potrebbero dare uno sguardo a quanto accade al di là dell’oceano Atlantico, ad esempio l’ultimo vertice dei capi di Stato e di Governo che doveva decidere sulle regole, modificando addirittura la costituzione di Lisbona che tanti lutti addusse, e ha finito per partorire un fondo di salvataggio per i paesi membri in difficoltà, rinviando il cambiamento delle regole a tempi migliori!