Dopo la decisione dei 16 paesi dell’eurozona di creare un fondo da 750 miliardi di euro per fare fronte al rischio default di alcuni Stati membri, una decisione presa dopo che l’Unione europea e il Fondo Monetario Internazionale erano stati costretti a erogare prestiti per 110 miliardi di euro alla Grecia, sembrava che le cose potessero calmarsi nell’immenso mercato dei titoli di stato.
Purtroppo, si trattava di una vana speranza, come è facile vedere osservando gli spreads dei titoli di alcuni paesi europei nei confronti sia dei Bund tedeschi che dei Treasury Bonds statunitensi, un livello tale dei differenziali da rendere i 170 punti base esistenti tra il BTP italiano e il Bund poca cosa.
Il caso più eclatante è rappresentato dai titoli di stato irlandesi ormai a 600 punti base sul bund,, avendo oramai lo yield toccato il livello dell’8,55 per cento, un livello ancora lontano da quelli raggiunti al culmine della crisi dai titoli di stato dell’Islanda, ma un livello comunque preoccupante per un paese che, a differenza dell’Islanda, è non solo membro dell’Unione europea ma che appartiene anche all’eurogruppo ed è anche il primo paese a subire l’onta della decisione di Russia e Cile di non acquistare più titoli irlandesi.
Il problema dei problemi è rappresentato dal fatto che il costo del salvataggio di cinque banche è costato all’Irlanda 45 miliardi di euro, una cifra enorme per quella piccola nazione e che, come nota un servizio dell’Associated Press è pari a 10 mila euro per ogni abitante, bambini e vecchi compresi, una cifra che, per la parte di competenza del corrente esercizio, porterà il deficit pubblico irlandese al 32 per cento, dieci volte il limite posto dal Trattato di Maastricht a questo indicatore, e fortuna che sino a prima della crisi il debito pubblico irlandese era a livelli modesti.
Per fare fronte all’emergenza dei conti pubblici, il governo irlandese ha varato tagli di spesa per 4,5 miliardi di euro, mentre ha imposto nuove tasse per 1,5 miliardi di euro, ma questo doloroso mix di misure è solo l’antipasto in quanto si inserisce in un piano quadriennale volto ad abbattere il deficit di 15 miliardi di euro, un piano valutato così duro che, secondo il Governatore della banca centrale irlandese, crea ben pochi spazi a richieste da parte sia dell’Unione europea che del Fondo Monetario Internazionale.
Non molto meglio dell’Irlanda sta il Portogallo che vede i rendimenti dei titoli decennali portarsi dal 6,24 dell’asta di settembre al 6,80, mentre la Spagna presenta differenziali un po’ più contenuti, dell’Italia ho detto all’inizio, anche se l’attuale fase di instabilità politica potrebbe riservare qualche sorpresa.
Poco si sa di quello che sta accadendo ai paesi dell’Est Europa ora membri dell’Unione e della Nato, anche se ritengo che andrebbero seguiti con maggiore attenzione, così come sarebbe utile tenere d’occhio l’euro/dollaro che da 1,428 dollari per euro di pochi giorni fa si è spinto ieri nell’area degli 1,36, per poi recuperare.