In giornate in cui tutti si pronunciano sui salvataggi effettuati, la grecia, o da effettuare, Irlanda e Portogallo, dall’estremo oriente giungono le parole del Leone di Omaha, al secolo Warren Buffett, che si spertica in lodi sui salvataggi, di banche in primis, effettuati dagli Stati Uniti con Bush prima e Obama poi.
Anzi, nel suo discorso, Buffett cita proprio il fallimento della Lehman Brothers, un fallimento deciso a tavolino da quello stesso trio Bush-Bernspan Paulson che poi si fece artefice del TARP, il fondo di salvataggio da 700 miliardi di dollari inizialmente destinato alle sole banche, ma che venne poi utilizzato in minima parte per scongiurare anche che, invece del fallimento pilotato, General Motors e Chrysler finissero a zampe all’aria.
Come i lettori del Diario della crisi finanziaria ben sanno, nutro grande ammirazione per Buffett, così come per George Soros, ma non posso esimermi dal sottolineare che quei salvataggi, ma soprattutto il mancato salvataggio di Lehman, siano rimasti senza quelle giuste contropartite che potevano essere richieste alle banche con l’acqua alla gola e cioè l’acquisizione temporanea di parte di esse a garanzia che le vagonate di soldi ricevute originasse un rivolo consistente di finanziamenti all’economia, ma, e forse soprattutto, la rinegoziazione di buona parte dei mutui!
Ha poco senso, infatti, lamentarsi del basso livello di crescita dell’economia a stelle e strisce quando le banche continuano a preferire il trading al lending e milioni di famiglie hanno perso la casa, mentre altri milioni stanno lottando con le unghie e con i denti per evitare che anche a loro succeda lo stesso.
Dai salvataggi del passato veniamo a quelli del presente, l’Irlanda appunto, dopo gli incontri di martedì e in vista di quello di ieri, la posizione irlandese si è molto ammorbidita e il ministro delle finanze, Brian Lehinan, ha affermato che i colloqui con l’Unione europea e il Fondo Monetario Internazionale inizieranno già giovedì, ma la vera novità è che il governo di Londra, non facente parte dell’eurogruppo, sarebbe disposto a venire in aiuto delle banche irlandesi che, lo ripeto, sono il vero problema di quel paese.
Già si parla di un viaggio di una delegazione mista Unione europea e FMI che dovrebbe valutare le necessità dell’Irlanda, ma è oramai chiaro che non verranno prese decisioni vincolanti fino alle elezioni politiche che si terranno il 25 di questo mese, una scadenza che chiarisce la melina portata avanti in questi giorni dalle autorità politiche di quel paese.
Nel frattempo si è svegliata la Lch Clearnet, la cassa di compensazione europea per gli scambi di titoli di stato che ha raddoppiato, portandoli al 30 per cento, i margini richiesti per le posizioni in bond irlandesi.