Mentre il primo ministro irlandese si sgola a ripetere di non aver chiesto aiuti all’eurogruppo, da Bruxelles circolano cifre di un finanziamento da 80-90 miliardi di euro finalizzato a far cessare l’attacco dei mercati ai titoli di stato di quel paese.
Mentre viene negato da Dublino il ricorso al fondo di salvataggio come Stato, non si fa mistero che un aiuto è stato richiesto per sostenere le banche irlandesi a valere sul fondo di salvataggio e questa è una precisazione non da poco ove si pensi che i problemi delle prime cinque banche irlandesi sono nell’ordine dei 45 miliardi di euro.
La ritrosia irlandese ad adire la fondo di salvataggio come Stato è ben comprensibile alla luce del pressing che l’Unione europea sta esercitando sulla Grecia, il primo paese ad essere oggetto di un piano di salvataggio, affinché riduca deficit e debito ed è di ieri la notizia che il rapporto tra deficit e prodotto interno per il 2010 è stimato dal ministro greco dell’economia al 9,4 per cento, oltre tre volte, cioè, il limite previsto dal Trattato di Maastricht.
Il dato sul deficit greco segnala comunque un notevole recupero sul dato rivisto dall’Unione europea (15,3 per cento), segnalando un calo di 14 miliardi di euro rispetto al 2009 che resta però tutto da verificare, mentre va detto che il dato medio per i 16 paesi dell’eurogruppo vede il rapporto tra il deficit e il prodotto interno lordo passare dal 2,0 per cento del 2008 al 6,3 per cento del 2009 con il rapporto debito/pil che si è nello stesso lasso di tempo portato dal 67 ad oltre il 79 per cento.
Come sostenevo nella puntata di ieri del Diario della crisi finanziaria, vi è un problema di oneri finanziari legati al ricorso al fondo di salvataggio (più che doppi rispetto all’utilizzo delle facilitazioni offerte dal Fondo Monetario Internazionale), ma vi è soprattutto la rinuncia all’ampio margine di manovra di cui dispone il governo di uno stato sovrano, un’ipotesi tutt’altro che teorica alla luce di quello che sta passando il governo greco da quando ha ottenuto il finanziamento da 110 miliardi di euro.
Chiedere l’aiuto per le banche e non per lo Stato consentirebbe al governo irlandese di mantenere intatta la sua autonomia, rivendicando al contempo la severità della manovra triennale di rientro, una manovra che ha già inciso per 6,5 miliardi di euro sui conti del 2010 e che porterà, al termine del periodo considerato, ad una riduzione del deficit per 15 miliardi di euro.
Mentre scrivo si sta diffondendo la notizia che anche il Portogallo sarebbe sul punto di chiedere finanziamenti a valere sul fondo di salvataggio, un allargamento del contagio che determina una situazione di grande incertezza della quale sta facendo le spese l’euro, scambiato a1,360 dollari rispetto agli 1,428 toccati in occasione dell’annuncio del Quantitative Easing II da parte della Federal Reserve.