giovedì 14 febbraio 2008

Andreatta e i mercanti della casbah


Ancora in evidente stato confusionale per la mossa audace e decisa di Warren Buffett, il numero di Ambac Financial Group, Michael A. Callen, si appresta, secondo anticipazioni di stampa, ad approfittare di un audizione presso la Camera dei Rappresentanti a Washington per muovere un deciso attacco alle tre principali società di rating, ree di aver degradato o di apprestarsi a farlo, e forse anche rifarlo, ed accusate dal capo indiscusso della compagnia monoline che ha già perso la status della tripla A di instabilità nel processo decisionale e, quindi, della difficoltà per la sua, come per le altre, disastrate compagnie di comprendere quali passi e quali scelte potrebbero permetterle di evitare l’onta di nuovi e ripetuti downgrade.

Per noi italiani, abituati da sempre a vedere i presidenti delle squadre di calcio prendersela invariabilmente con gli arbitri o i vertici delle principali aziende sopportare spesso a fatica l’idea stessa dell’esistenza di organismi deputati a sorvegliare i loro atti e comportamenti, non stupisce la posizione del numero uno di Ambac, anche se, dopo decenni nei quali le tre agenzie di rating hanno agito in modo estremamente benevolo nel dare le loro pagelle, benevolenza facilitata dalla lucrosa attività di consulenza svolta allegramente in favore degli stessi emittenti, ascoltare le parole di Callen provoca un moto di indignazione, anche in nome dei milioni di risparmiatori e piccoli investitori che hanno visto andare letteralmente in fumo il proprio denaro investito in società che, sino al momento prima del default, godevano del massimo rating possibile.

Non so perché, ma, anche dopo tanti anni di analisi dei mercati e dei loro regolatori, non riesco ancora, e spero di non riuscire mai, ad accettare l’arroganza e la prepotenza di strapagati top manager che riescono, spesso del tutto impunemente, ad insultare l’intelligenza dei più.

La relativa euforia di ieri degli operatori sui mercati azionari statunitensi, con l’inevitabile ed amplificata coda di stamattina sui mercati asiatici, viene attribuita dalla pletora di giornalisti embedded al rimbalzo dello 0,3 per cento delle spese al dettaglio negli USA, un rimbalzo che faceva, peraltro, seguito, alla flessione rivista al rialzo dello stesso indicatore nel solitamente magico mese di dicembre (-0,4 per cento) e che, anche in termini meramente statistici, non recupera neanche pienamente il livello di novembre ed è anche largamente influenzato dalla componente energetica, in particolare di quei consumi di carburante che hanno notoriamente caratteristiche anelastiche.

Il varo definitivo del piano di restituzione fiscale targato Bush-Paulson rappresenta, forse, un motivo maggiormente valido per il temporaneo sospiro di sollievo segnalato dall’andamento positivo dei mercati azionari, anche se basta soffermarsi sull’ennesimo bilancio pesante di una delle maggiori entità specializzate nel mortgage, MGIC Investment Corporation, che segnala una perdita di 1,5 miliardi di dollari nel quarto trimestre del 2007 e peggiora il già negativo outlook per il 2008.

Le statistiche sulle procedure di esproprio legate ai ritardi nel pagamento delle rate dei mutui continuano ad essere pesantissime ed un accurato servizio dell’Associated Press segnala che le aree metropolitane degli stati di Michigan, California, Nevada ed Ohio hanno registrato nel 2007 le situazioni peggiori, con, a solo titolo di esempio, l’area di Detroit che vede coinvolte nel fenomeno qualcosa come il 5 per cento delle abitazioni (4,9) o Stockton, in California, che la segue proprio da vicino (4,8 per cento).

Ritengo, tuttavia, più impressionante il vero e proprio crollo dei ricavi segnalato, con riferimento al quarto trimestre del 3007, da American Land Lease Inc, - uno dei maggiori operatori nel settore immobiliare statunitense – che vede i fondi derivanti dalle operazioni crollare a 1,6 milioni di dollari dai 3,3 milioni dello stesso periodo del 2006, flessione dovuta al fatto che le vendite di nuove case nel periodo considerato sono crollate di oltre la metà (53 per cento).

Nel frattempo, il mercato interbancario dell’area dell’euro ricomincia a dare segnali di nervosismo, ben evidenziati dalle tensioni, al momento contenute, nelle scadenze a un mese e a tre mesi, nervosismo che non viene certo attenuato dalle critiche esplicite che il presidente della BCE, Jean Claude Trichet, dopo mesi di tacita approvazione dell’operato alquanto originale del suo omologo statunitense, Ben Bernanke, sta muovendo alle scelte della Fed in materia di politica monetaria, cogliendo peraltro l’occasione per gettare una secchiata di acqua gelata sulle speranze dei governi europei e degli operatori che avevano intravisto uno spiraglio per il tanto atteso ribasso di quel tasso di intervento bloccato al 4 per cento da molto tempo.

Lasciando per un momento il mercato finanziario globale in senso stretto, colpisce la vera e propria guerra che si sta combattendo intorno al secondo motore di ricerca globale, la un tempo mitica Yahoo, che, dopo l’offerta apparentemente favolosa di Microsoft, peraltro respinta con sdegno dal board della preda, e l’offerta di sostegno da parte della sua maggiore concorrente, Google, vede un chiaro interesse da parte dello squalo australiano Rupert Murdoch, che sembra seriamente interessato a mettere sul piatto 50 miliardi di dollari per una joint venture che lascerebbe una certa autonomia a Yahoo.

Mentre il Governo britannico comincia a perdere la pazienza per l’osceno balletto in corso da cinque mesi sulle spoglie della Northern Rock e minaccia, in assenza di offerte serie, di procedere alla nazionalizzazione della un tempo ottava e alquanto disastrata banca del regno, si registra uno stato di vera confusione sulla sorte di Socgen, che, dopo aver fissato un prezzo di vero saldo per le azioni legate all’aumento di capitale da 5,5 miliardi di euro, continua a non essere oggetto di concrete proposte di acquisto, mentre si registrano le battagliere parole del numero uno, Daniel Bouton, che, è bene ricordarlo, è stato esautorato in materia di scelte strategiche da un neonato comitato formato, non a caso, da tre consiglieri di amministrazione indipendenti.

Resto in trepida attesa dell’esito dell’incontro che Mario Draghi avrà oggi con i massimi esponenti operativi dei sei principali gruppi creditizi italiani e voglio ricordare anche io il compianto Beniamino Andreatta che, da ministro del Tesoro (così si chiamava allora il dicastero), osò definire i banchieri italiani dell’epoca con l’epiteto non proprio onorevole di mercanti della casbah.

1 commento:

Economisti Invisibili ha detto...

Ho appena scoperto questo blog, penso che sarà un'importante fonte di ispirazione per i prossimi articoli che pubblicheremo su www.economistiinvisibili.com

Grazie per la tua eccellente cronaca economica!