mercoledì 27 febbraio 2008

La cancelliera tedesca a caccia di evasori


Non avendo, almeno per il momento, il coraggio di confermare il rating su Ambac, attualmente sotto il tiro di una classa action attivata contro il suo braccio armato Ambac Financials da un agguerrito studio legale statunitense, Moody’s, con un certo coraggio e mostrando sprezzo per il pericolo (o per il mercato?), si è limitata a confermare il massimo rating ad MBIA, il colosso delle monoline che, almeno, è riuscita a raccattare un miliardo di dollaro mediante un aumento di capitale che ha mandato su tutte le furie gli azionisti che, già afflitti dal nettissimo calo del valore delle azioni in corso dal 2007, temono fondatamente l’effetto diluizione.

Ma la notizia del giorno non è stata questa ulteriore perdita di reputazione o l’avvio di un bel dibattito sulla lack of confidence imperversante, né quella relativa allo sfondamento della soglia di 1,50 dollari per un euro o il permanere del barile del petrolio ostinatamente sopra la soglia dei 100 dollari, né l’infrangersi quotidiano dei precedenti record da parte dell’oro e degli altri metalli preziosi e chi più ne ha ne metta, in quanto il mercato è stato ieri ipnotizzato dalla decisione della IBM di innalzare di 15 miliardi di dollari il suo piano di riacquisto di azioni proprie.

Come ricorda, in un suo dispaccio, la sempre puntuale Associated Press, il colosso dell’informatica operante all over the world ha già effettuato operazioni di buyback per 94 miliardi di dollari a partire dal 1995, inclusi i 18,8 miliardi spesi nell’orribile 2007, mentre, compresi gli spiccioli deliberati ma non ancora utilizzati, prevede riacquisti totali nell’anno in corso per 12 miliardi di dollari, tenendosene a disposizione 3,4 miliardi per operazioni spot di buyback da realizzare anche a sorpresa, il tutto per la felicità dei suoi azionisti e per la più agevole realizzazione degli obiettivi in termini di ROE con piani di stock options per i top manager al seguito.

I tre principali listini azionari statunitensi hanno ovviamente brindato alla decisione di Big Blue e avrebbero fatto anche meglio, se quei soliti guastafeste degli appassionati di statistica non fossero stati lì ricordare, anche in una giornata di “festa”, una vera e propria alluvione di notizie che hanno fatto optare verso l’utilizzo, nei festini che si sono tenuti nei grattacieli sempre meno popolati delle maggiori banche basate a Wall Street, dello spumante in luogo del più costoso champagne, a meno che non sia quello prodotto nella fertile California.

Ci mancava, infatti, solo il rapporto elaborato da Standard & Poor’s/Case-Schiller sull’immobiliare residenziale negli Stati Uniti, un rapporto che ha avuto il cattivo gusto di ricordare che, nel quarto trimestre del 2007, il prezzo delle case negli USA è sceso di un soffio meno del 9 per cento, mentre altri studi stimano la flessione nel 10 per cento e prevedono un calo di analoga entità anche per l’anno in corso, rinviando, almeno questa è la speranza degli estensori alternativi, a non prima del 2009, la data del possibile raggiungimento del punto più basso cui dovrebbe, almeno questo è il loro auspicio, seguire la risalita delle quotazioni.

Il bello è che, sempre secondo quei maniaci di statistiche che sono gli americani, al più che sensibile declino registrato e prospettico dei prezzi delle abitazioni, corrisponde non solo il sensibile aumento delle procedure di esproprio che segnalavo ieri, ma anche livelli di crescita dei prezzi all’ingrosso e al dettaglio nel 2007 come non se ne vedevano da decenni, con i primi al +7,4 per cento (non si verificava un aumento simile dal 1981) ed i secondi in crescita del 4,1 per cento, il peggior dato degli ultimi 17 anni e che porta ad una flessione delle retribuzioni in termini reali dei lavoratori americani cifrabile in un tutt’altro che infimo -1,4 per cento.

Il problema, inoltre, è rappresentato dal fatto che siamo alla vigilia dei tanto attesi dati del quarto trimestre e dell’intero esercizio 2007 di Fannie Mae e Freddie Mac , le due entità semipubbliche aventi la mission di agevolare entro limiti di recente accresciuti i cittadini statunitensi nell’acquisto dell’abitazione, e l’attesa è accresciuta dal fatto che, dopo le polemiche seguite ai dati del terzo trimestre apertamente contestati da numerosi ed autorevoli analisti, ci si aspetta che i due colossi rinuncino ad applicare formulette che consentono di ridurre l’entità di svalutazioni, e quindi di perdite, mentre i soliti analisti si stanno esercitando in anticipo a prevedere l’entità delle perdite che verranno segnalate per i due periodi considerati.

Mentre gli ormai sei top manager statunitensi di ambo i sessi giudicati colpevoli dai loro rispettivi giudici sono in trepida attesa di conoscere l’entità effettiva della loro pena (da decine a centinaia di anni), mentre è già stato stabilita l’entità delle rilevantissime pene pecuniarie, divampa ogni giorno che passa il caso Lichtenstein, il Principato lillipuziano che, in base alle dettagliatissime informazioni fornite a pagamento al fisco tedesco da un ex dipendente di banca ivi operante, è stato destinatario di un gigantesco flusso di denaro sottratto al balzello delle rispettive amministrazioni finanziarie da migliaia di ricchi e benestanti di buona parte delle nazioni del globo.

Nonostante le veementi proteste dei governanti del Principato, infatti, gli 007 del fisco tedesco hanno girato, e senza per questo chiedere un solo euro dei milioni da loro pagati, le liste dei contribuenti, si fa per dire, infedeli ai loro colleghi di tutta Europa, di quelli operanti negli Stati Uniti d’America e in un numero imprecisato di nazioni situate in altri continenti, Russia inclusa, anche se non so proprio cosa se ne faranno al Cremino, anche perché temo che in quel grande paese molti nomi presenti nelle liste potrebbero coincidere con quelli dei governanti che sono istituzionalmente chiamati a riceverle.

Credo proprio che, dopo i vip italiani alle prese con le richieste di un fisco sempre meno disposto a credere che la loro residenza effettiva fosse realmente stata spostata in paesi fiscalmente più accomodanti, siano tanti i milionari ed i miliardari costretti ad accorgersi che i notevolissimi passi in avanti compiuti dalle agenzie delegate al contrasto del riciclaggio di denaro legato al terrorismo e al traffico di droga avrebbero consentito l’affinamento di strumenti e modi di operare che sarebbero poi tornati buoni anche verso la delinquenza economica, dagli stessi considerata poco più che un peccato veniale, un peccato ampiamente giustificato dalle esose richieste che le esose amministrazioni finanziarie di ogni paese osano avanzare nei confronti di chi sente, in qualche modo, esentato da quel fastidio rappresentato dal rispetto delle leggi.