Non pago della raffica di tagli operati dalla Federal Reserve e della vera e propria inondazione di liquidità che Bernanke e i suoi colleghi della Banca Centrale Europea stanno effettuando ormai da cinque mese sul mercato interbancario, né della prossima approvazione definitiva da parte del Senato del suo programma di restituzione fiscale, George W. Bush ha inviato al Congresso l’ennesimo bilancio della spesa pubblica che appare destinato ad aumentare la voragine da lui accumulata in questi anni nei conti pubblici statunitensi, una voragine che ha fatto seguito al surplus accumulato da Bill Clinton nel corso dei suoi due mandati.
Ho più volte menzionato, tra le cause strutturali della crisi finanziaria, l’annosa questione dei deficit gemelli statunitensi, quello derivante dallo squilibrio, sarebbe meglio dire della voragine, dei conti con l’estero e il disavanzo federale che alimenta quello stock del debito che è soggetto ad un tetto stabilito da una legge, tetto che il Congresso è chiamato in modo pressoché costante ad innalzare.
E’ difficile, peraltro, dimenticare che la costante crescita delle spese militari e dei sussidi all’agricoltura, tanto per citare solo due tra le tante macro voci, è in perenne conflitto con spese volte a garantire, ad esempio, l’estensione delle prestazioni sanitarie anche ai figli di contribuenti percettori di redditi medi, ed è al riguardo sufficiente ricordare il vergognoso veto posto da Bush ad una legge bipartisan che aveva tale obiettivo e che, pur avendo raggiunto una buona maggioranza in entrambe le camere, non riuscì a superare il quorum necessario per scaricare la pistola fumante del presidente in carica.
Il legame fortissimo tra questo presidente e i poteri forti è, peraltro, di una tale intensità che nemmeno il forte impatto suscitato nell’opinione pubblica delle testimonianze di bambini ammalati di patologie che richiedono cure molto costose e non coperti dall’assistenza sanitaria pubblica in quanto i loro genitori guadagnano tra i 40 e i 60 mila dollari è riuscito a fare breccia nel suo cuore, almeno a suo stesso dire, così compassionevole, ma non sino al punto da dimenticare che petrolieri, banche e compagnie di assicurazione sono molto più importanti dei bisogni della gente.
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D'altro canto, il deficit di 410 miliardi di dollari previsto per il 2008 e quello praticamente fotocopia di 407 miliardi indicato per il 2009, nasce da scelte molto precise del presidente più potente del mondo e che vedono l'ennesimo aumento delle spese militari a 515 miliardi di dollari e la riduzione del 7 per cento delle spese previste dai programmi Medicare e Medicaid, che sono poi i programmi di assistenza sanitaria per gli anziani e i più poveri, un taglio che, in valori assoluti, sarebbe di 603 miliardi di dollari in dieci anni, un ulteriore regalo alle compagnie di assicurazione statunitensi e una visione complessiva così assurda che non vi è da meravigliarsi nello scoprire che anche Goldman Sachs si è messa in fila per sostenere generosamente entrambi i candidati democratici più accreditati e che stanotte (ora italiana) combatteranno la battaglia forse decisiva per la nomination che sarà votata nel congresso del partito democratico che si svolgerà questa estate.
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Almeno a giudicare dalla netta flessione delle quotazioni, sembra proprio che il mercato nutra seri dubbi su quel piano di salvataggio dei due colossi assicurativi MBIA ed Ambac strombazzato nei giorni scorsi dalla stampa e anticipato da una ridda di indiscrezioni che anticipavano che almeno sette banche sembravano disponibili a fornire liquidità alle due un po’ decotte, articoli che raramente dicevano che le stesse banche avevano fornito un gentile ma fermo rifiuto alla richiesta del regolatore del settore assicurativo dello Stato di New York che aveva chiesto loro di costituire un pool, limitandosi a dichiarare la propria, limitata, disponibilità per interventi su base esclusivamente individuale.
Peccato, come ho più volte avuto occasione di ricordare, che il fabbisogno delle prime sei compagnie di assicurazione monoline per evitare uno o più downgrade è compreso tra gli 80 ed i 200 miliardi di dollari, mentre le banche non sono disponibili a mettere sul piatto più di una quindicina di miliardi e, a quanto pare, nemmeno quelli, così come è appena il caso di ricordare che, per le compagnie monoline, il rating non è una questione di status, bensì una condizione indispensabile per poter operare e prestare garanzie, peraltro sempre più costose, all’emissione di obbligazioni e titoli della finanza strutturata.
Dopo una pausa di relativa tranquillità che aveva già fatto sperare agli ottimisti di professione la possibilità dell’inizio di un rimbalzo, i mercati azionari statunitensi sono tornati sotto pressione e stasera tutti e tre i principali indici hanno chiuso in ribasso, anche se leggermente al di sopra dei minimi di una seduta che ricorda quelle della prima metà di gennaio che hanno visto una larga prevalenza delle chiusure in negativo, a volte anche pesante, su quelle in positivo.
Secondo anticipazioni del solitamente ben informato Wall Street Journal, la SEC avrebbe messo sotto indagine il consigliere di amministrazione di Socgen, Robert Day, l’uomo nel mirino degli azionisti di minoranza della banca francese per aver venduto azioni per 95 milioni di euro, il 9, il 10 e il 18 gennaio, quindi due date precedenti la data ufficiale della scoperta delle posizioni per 50 miliardi di euro, con relative perdite per 5 miliardi di euro, messe in piedi dal giovane trader Jerome Kervial, e, l'ultima, coincidente con il giorno della scoperta della frode ma ben quattro giorni prima dell'annuncio pubblico, mentre non trova ancora conferma ufficiale la parte dell’articolo del quotidiano finanziario statunitense che vede la stessa banca francese al centro delle indagini del procuratore di New York, Benton J. Campbell.
Almeno a giudicare dalla netta flessione delle quotazioni, sembra proprio che il mercato nutra seri dubbi su quel piano di salvataggio dei due colossi assicurativi MBIA ed Ambac strombazzato nei giorni scorsi dalla stampa e anticipato da una ridda di indiscrezioni che anticipavano che almeno sette banche sembravano disponibili a fornire liquidità alle due un po’ decotte, articoli che raramente dicevano che le stesse banche avevano fornito un gentile ma fermo rifiuto alla richiesta del regolatore del settore assicurativo dello Stato di New York che aveva chiesto loro di costituire un pool, limitandosi a dichiarare la propria, limitata, disponibilità per interventi su base esclusivamente individuale.
Peccato, come ho più volte avuto occasione di ricordare, che il fabbisogno delle prime sei compagnie di assicurazione monoline per evitare uno o più downgrade è compreso tra gli 80 ed i 200 miliardi di dollari, mentre le banche non sono disponibili a mettere sul piatto più di una quindicina di miliardi e, a quanto pare, nemmeno quelli, così come è appena il caso di ricordare che, per le compagnie monoline, il rating non è una questione di status, bensì una condizione indispensabile per poter operare e prestare garanzie, peraltro sempre più costose, all’emissione di obbligazioni e titoli della finanza strutturata.
Dopo una pausa di relativa tranquillità che aveva già fatto sperare agli ottimisti di professione la possibilità dell’inizio di un rimbalzo, i mercati azionari statunitensi sono tornati sotto pressione e stasera tutti e tre i principali indici hanno chiuso in ribasso, anche se leggermente al di sopra dei minimi di una seduta che ricorda quelle della prima metà di gennaio che hanno visto una larga prevalenza delle chiusure in negativo, a volte anche pesante, su quelle in positivo.
Secondo anticipazioni del solitamente ben informato Wall Street Journal, la SEC avrebbe messo sotto indagine il consigliere di amministrazione di Socgen, Robert Day, l’uomo nel mirino degli azionisti di minoranza della banca francese per aver venduto azioni per 95 milioni di euro, il 9, il 10 e il 18 gennaio, quindi due date precedenti la data ufficiale della scoperta delle posizioni per 50 miliardi di euro, con relative perdite per 5 miliardi di euro, messe in piedi dal giovane trader Jerome Kervial, e, l'ultima, coincidente con il giorno della scoperta della frode ma ben quattro giorni prima dell'annuncio pubblico, mentre non trova ancora conferma ufficiale la parte dell’articolo del quotidiano finanziario statunitense che vede la stessa banca francese al centro delle indagini del procuratore di New York, Benton J. Campbell.
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Mentre il ministro delle Finanze francese, Christine Lagarde, assolve di fatto la banca nella sua tanto attesa relazione al primo ministro, Fillon, affermando perentoriamente che la mega chiusura delle posizioni non ha causato il crollo degli indici, si è aperto ieri il processo che vede imputati l'attuale numero uno di Socgen, Daniel Bouton, ed altri tre dirigenti del gruppo per aver omesso i dovuti controlli su assegni che avrebbero riciclato denaro sporco su scala internazionale, il processo coinvolge 148 dirigenti ed impiegati di otto banche basate in Francia ed in altri paesi, tra cui il Pakistan.
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