martedì 12 febbraio 2008

Draghi & Company affondati dai giornali


Credevo di aver fatto una requisitoria, forse anche troppo dura, contro i protagonisti dell’alquanto inconcludente vertice dei Governatori delle banche centrali e dei ministri finanziari del G7, incontro svoltosi nel fine settimana scorso a Tokyo, ma ho avuto la sorpresa che buona parte della stampa quotidiana italiana e straniera ha avuto l’ardire di rincarare addirittura la dose, basti per tutti l’articolo durissimo di Federico Rampini su la Repubblica di domenica e l’editoriale de Il Sole 24 Ore apparso lo stesso giorno, segnale inequivocabile del fatto che le attese per questo vertice erano veramente alte ed il risultato effettivo prevedibilmente deludenti.

E’ necessario, tuttavia, sottolineare l’unica vera novità emersa dalla trasferta sul lontanissimo suolo giapponese di un tale novero di cervelli, senza considerare l’apporto degli ineguagliabili sherpa, novità rappresentata dalla versione stereofonica dell’appello inizialmente lanciato dal solo Henry Paulson, che, da vero esperto del tasso di credibilità dei bilanci bancari (per la non lieve ragione di averne sottoscritti parecchi), aveva già più volte invitato i suoi ex colleghi di tutto il mondo di dire finalmente tutta la verità sul vero stato dei conti delle banche, delle compagnie di assicurazione, delle finanziarie e di quanto altro sono chiamati a gestire, anche se credo di essere facile profeta nel predire che tale appello, anche ripetuto in coro in molte lingue, non verrà affatto ascoltato.

Peraltro, anche le esortazioni ed i moniti del relativamente giovane Governatore della Banca d’Italia che, nella sua veste di presidente pro tempore del Financial Stability Forum, ha svolto, con la solita eleganza tecnica, il compitino che gli era stato a suo tempo assegnato dai potenti della Terra, sembrano proprio destinati a cadere nel vuoto, così come c’è da scommettere che la ricetta finale che presenterà al prossimo G7 prevederà al massimo un incremento dei poteri delle autorità che a vario titolo sono chiamate a vigilare sui protagonisti dell’attività sui mercati finanziari (quindi anche di quelli dell’istituzione da lui diretta) e non l’adozione di incisive e stringenti regole volte a rendere più trasparente l’attività dei market maker e ad accrescere la fiducia degli alquanto sconsolati investitori nei confronti della carta emessa da banche, assicurazioni, finanziarie ed imprese industriali.

La montagna di Draghi, infatti, sembra proprio destinata a partorire il solito topolino chiamato autoregolamentazione dei soggetti vigilati e cioè una mega traslazione dell’impegno regolatorio e legislativo, tradizionalmente in capo alle Autorità di vigilanza ed ai Parlamenti, alle associazioni di categoria o, addirittura, ai singoli consigli di amministrazione, che, in genere, sono abituati, con l’ausilio di agguerriti staff di legali e di fiscalisti, a trovare piuttosto ogni sorta di cavilli e marchingegni utili ad aggirare le peraltro non troppo stringenti normative dell’era della deregulation.

Ad uso e consumo degli scettici blu, suggerisco di ricordare come si è risolto il titanico sforzo di Draghi e del suo CFC in materia di regolamentazione degli assolutamente non regolati hedge funds, vere e proprie bombe ad orologeria che sguazzano, anche grazie all’effetto leva, nella crescente volatilità dei mercati finanziari, ai quali è stato alla fine chiesto, udite, udite, di compiere una giusta e doverosa autoregolamentazione, risultato accolto da forti risate degli interessati e dall’apertura di numerose bottiglie di champagne, francese o californiano (non ci sono mica solo i senatori italiani!).

Come spesso accade, i primi a rendersi conto che da Tokyo era venuto il rompete le righe dei pochi assertori del fatto che tutto bisogna fare meno che dare l’impressione che si voglia premiare e non punire il moral hazard, sono stati i mercati che, a partire stamane dai pochi mercati borsistici asiatici ancora non in preda ai festeggiamenti del capodanno cinese ed orientale in genere, hanno segnato più o meno significativi ribassi, ovviamente più significativi per tutte, o quasi, le azioni delle entità operanti nel mercato finanziario locale e globale.

Uno dei maggiori incubi degli operatori e degli investitori, peraltro è rappresentato dalla possibilità che, dopo l’alluvione di notizie al limite del gossip che hanno accompagnato la vicenda di Socgen, si apra, anche per l’importante banca francese, quel lungo calvario che da cinque mesi accompagna la disastrata e di fatto pubblica Northern Rock, lo scenario, cioè, del tipo Sora Camilla che, in un tourbillon di annunci e colpi di scena destinati a produrre il nulla, finisce per non approdare da nessuna parte, anche se l’approccio un po’ sciovinista e certamente decisionista di Nicolas Sarkozy induce a sperare che, almeno stavolta, qualcuno disposto ad impalmare Socgen verrà trovato, anche a costo di costringerlo a decidersi con la classica energia che il padre della promessa sposa usa nei confronti del fidanzato un po’ recalcitrante.

Quello che è certo è che, a Parigi ma non solo, il lavorio sui dossier relativi alla sistemazione alquanto complessa di un conglomerato finanziario quale è Socgen prosegue a pieno ritmo, anche perché, ogni giorno che passa, emergono dubbi sempre più consistenti sulla ricostruzione, soprattutto in termini di timing della stessa, fornita da Bouton e i suoi compagni del consiglio di amministrazione, attualmente pressocché disoccupati, in quanto di fatto esautorati dal comitato dei tre consiglieri indipendenti che ha ricevuto pieni poteri per trattare l’eventuale cessione dell’importante gruppo creditizio, non importa se la stessa avverrà per via integrale o, come è più probabile, sotto forma di spezzatino.

Più prudenti i mercati europei, anche perché è sempre più crescente la consapevolezza che se, almeno secondo i ministri ed i Governatori del G7, è proprio nel vecchio continente che si annida la maggior parte dei soggetti reticenti sulla reale situazione dei loro impegni diretti ed indiretti collegati all’un tempo rutilante e scintillante mondo della finanza strutturata, per tanti la vera gallina dalle uova d’oro per le banche e le compagnie di assicurazione di ogni ordine e grado, anche perché, almeno secondo Paulson, se le banche statunitensi sono state veritiere a metà, quelle europee e le loro omologhe giapponesi starebbero ancora immerse sino al collo nei preliminari.

Venendo alle cose italiane, crescono esponenzialmente le preoccupazioni dei grandi gruppi creditizi per la piega che stanno prendendo le indagini degli ispettori della Banca d’Italia e della magistratura, sia civile che penale, in relazione alla questione dei prodotti derivati venduti copiosamente alla clientela ed agli enti locali di ogni natura e dimensione, anche perché, anche a causa della crisi di governo, si è interrotto il percorso dei provvedimenti che dovevano provvedere, con l’ausilio dell’amministrazione centrale, ad un riordino delle potestà in materia degli enti locali.