mercoledì 16 aprile 2008

Avviso ai naviganti: gettate la zavorra!


La lenta ma inesorabile ascesa dei tassi sui mercati interbancari prosegue ininterrottamente da tre mesi, rosicchiando qualche punto base a settimana e si è ormai portata poco al di sotto dei massimi toccati nell’ormai lontanissimo mese di dicembre del 2007, quasi indifferente alle continue e massiccie inondazioni di liquidità indefessamente operate, al di qua ed al di là dell’Atlantico da banchieri centrali ormai manifestamente sull’orlo di una crisi di nervi.

Non sembrano, peraltro, servite a rassicurare il mercato, le 65 raccomandazioni contenute nel rapporto finale del Financial Stability Forum ai leaders dei paesi membri del G7, né le ferme parole dell’eclettico Henry Paulson sulla necessità per le banche di chiedere soldi al mercato, cosa che Wachovia ha ieri prontamente massicciamente fatto, anche perché più di tutto hanno colpito operatori ed investitori le facce lugubri ed alquanto funeree dei banchieri centrali, una per tutte quella dell’italiano Mario Draghi, che rispondeva alle domande di giornalisti più che compiacenti esibendo un volto da uno che è appena finito sotto il metaforico tram.

D’altra parte, che ci fosse poco da stare allegri nelle prime sedute di questa che doveva essere la settimana della riscossa dopo l’atto di fede dei vertici finanziari dei sette paesi più industrializzati del pianeta, lo si è capito subito osservando il precipitare ai livelli del non felice 1982 della fiducia ormai evaporata dei consumatori, oppure registrando l’ennesimo flop delle vendite al dettaglio, ovviamente al netto della minor benzina venduta ma a prezzi molto, ma molto più cari, per non parlare dell’ennesimo balzo in avanti delle procedure di esproprio delle abitazioni degli americani, corredata della sadica avvertenza dell’articolista di turno che non temeva di avvertirci che il picco verrà tra maggio e giugno, quando scatteranno, per centinaia di migliaia di mutuatari feroci innalzamenti della rata del mutuo, come previsto dai rispettivi contratti trappola o capestro, dagli stessi allegramente ed un po’ incoscientemente sottoscritti.

E’ difficile prevedere una qualche forma di rimbalzo del disastrato settore immobiliare statunitense, apprendendo che, nell’anno in corso, verranno messe all’asta da parte delle banche un qualcosa che varia tra le 750 mila ed il milione di case, venendosi ad aggiungere ad uno stock di case invendute che minaccia sempre di più di infrangere il livello dei 10 mesi necessari per smaltirle tutte, ovviamente a prezzi che si presentano, ogni giorno che passa, a livelli da vero saldo.

Si fa presto, come hanno fatto Draghi, Paulson, Bernspan, Trichet e gli altri comprimari, a dire ai banchieri di investimento ed a quelli globali che è giunta l’ora di dire tutta, ma proprio tutta, la verità, dimentichi come sono che quelli che spesso sono dei loro ex colleghi stanno cercando affannosamente di scoprila questa benedetta verità, ma il problema è dato dal fatto che, finché gli spacchettatori assunti a peso d’oro non avranno finito il loro lavoro e non saranno stati restituiti ale loro famiglie che ne hanno perso traccia da agosto dell’anno scorso, i malcapitati non saranno in grado di dirla la verità.

L’altro problema è dato dal fatto che questa tanto desiderata verità non è statica, incisa a lettere d’oro in qualche librone nascosto nei sotterranei delle banche di ogni ordine e specie, ma è mutevole e condizionata dall’andamento del mercato finanziario e, soprattutto, dal relativo grado di liquidità, sarebbe meglio parlare di il liquidità, esistente nei singoli settori e/o per i singoli prodotti derivati o per i singoli titoli della finanza strutturata, ormai visti dai più al pari dei virus provocanti malattie in precedenza sconosciute sfuggite, chissà come, dai laboratori di qualche scienziato pazzo.

Mentre si parla di ulteriori perdite nell’ordine di 15 miliardi di dollari per sole due banche statunitensi, in casa UBS, che ad oggi ne ha conteggiate per ben 41 miliardi e tutti sanno che non siamo affatto alla fine della fiera, continuano a fronteggiarsi, su fronti opposti e poco meno che armati, l’attuale candidato alla presidenza e l’autorevole ex presidente, con il primo che si straccia le vesti di fronte alla sempre più probabile eventualità di dover slittare la Corporate & Investment Banking della casa, mentre il secondo convince un numero sempre maggiore di azionisti, oltre a quelli che a lui fanno già riferimento, che si tratta del’unica possibilità per evitare che la cancrena si espanda dalla gamba al corpo intero.

Mentre prosegue lo scontro tra i due abitualmente compassati e certamente ben educati banchieri extracomunitari, i vertici delle Investment Banks e delle Cib delle banche globali ovunque basate stanno con le orecchie ben tese, consapevoli che mai come nel loro caso è stato vero il de te fabula narratur, così come si rendono conto che, in brevissimo volgere di tempo, i rapporti di forza tra loro e i da tempo svillaneggiati esponenti della “vecchia” banca sono mutati e che lo sono in modo veramente radicale.

L’elenco delle lamentazioni dei banchieri centrali riuniti a Washington nello scorso lunghissimo week end comprendeva, come è a tutti noto, anche il capitolo relativo alle turbolenze valutarie, che, tradotto per i non addetti ai lavori, significa semplicemente che i cambi non vanno nella direzione dei desiderata degli stessi banchieri centrali, con l’euro e lo yen che si ostinano ad apprezzarsi nei confronti del dollaro, incuranti dei loro frequenti e massicci interventi volti a farli andare nella direzione opposta, resistenti quasi come lo sono quelle ingrate delle banche primarie che continuano ad applicare le aste della Fed, della BCE o dele altre munifiche banche centrali, dimenticandosi poi di prestare i soldi alle loro meno fortunate rivali.

Da lungo tempo non mi occupo delle vicende delle banche italiane, anche perché vale sempre il principio dell’ubi maior minor cessat, ma la conclusione dell’indagine sui derivati effettuata dalla Banca d’Italia a carico della prima tra le quattro banche coinvolte permette di dire che la quasi assoluzione di BNL è stata corredata, secondo le notizie fatte filtrare ai giornali, da un giudizio comparativo poco lusinghiero nei confronti delle altre tre entità ancora in fremente attesa della conclusione delle ispezioni cui sono sottoposte dagli esponenti della Vigilanza.

Sarà un caso, ma una della banche coinvolte, Intesa-Pan Paolo, si è premurata di rendere noto che, pur alla luce di un nozionale di rilevantissime dimensione (70 miliardi di euro), l’esposizione al rischio appare molto equilibrata tra la banche e le imprese o gli enti locali in favore dei quali sono state disposte le coperture, un chiarimento che sembra stridere con le risultanze ed il relativo dispositivo che ha accompagnati le sanzioni milionarie nei confronti di decine di manager e top manager da parte della Consob nei confronti della sua principale ed acerrima rivale.

Ricordo che il video del mio intervento al Convegno della UIL del 19 c.m. è disponibile nella sezione video (alla voce videoinformazione) del sito Free Lance International Press www.flipnews.org