venerdì 11 aprile 2008

Una cena quasi perfetta, un menù indigesto

Joseph Ackermann, il potente e temuto amministratore delegato della Deutsche Bank, ormai l’unica multinazionale tedesca del credito e della finanza, ha già dichiarato di non gradire proprio il menù della cena che si terrà stasera, anfitrione il ministro del Tesoro USA, Henry Paulson, assieme ad una dozzina di altri banchieri globali e i ministri dell’economia ed i governatori delle banche centrali dei paesi del G7, cena che, alquanto irritualmente, apre il week end più caldo dell’anno, in quanto nell’arco di sole 48 ore si svolgeranno l’atteso vertice del G7 e le assemblee del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale, le due colonne del sistema monetario internazionale scaturito dagli accordi di Bretton Woods.

Nel menù accuratamente preparato dal Presidente di turno del Financial Stability Forum, il Governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, che probabilmente terrà anche un discorso nel suo più che fluente inglese, sono, infatti, comprese, temo per i banchieri che sarà proprio il piatto forte, le tanto attese 65 raccomandazioni contenute nel rapporto finale del FSF ai leaders dei paesi membri del G7, un micidiale, almeno per Ackermann e gli altri suoi colleghi alquanto disinvoltamente globali, di nuove regole in termini di trasparenza, di diversa e più stringente rappresentazione contabile, l’aumento significativo dei poteri delle autorità di vigilanza sul mercato finanziario globale, nonché il più stretto coordinamento delle stesse, una riforma radicale delle ormai non più credibili agenzie di rating e non vado oltre per non sciupare a me stesso ed ai miei pochi lettori la sorpresa per quanto apprenderemo nei prossimi giorni.

Certo, non sarà stasera (notte fonda in Italia) che i veri nodi del contendere verranno messi, anche letteralmente, sul piatto, tra una portata e l’altra di quella che, pur svolgendosi negli Stati Uniti d’America, promette di essere una cena perfetta (ogni riferimento all’omonimo e bellissimo film è del tutto voluto), anche perché, a parte gli obblighi dettati dal galateo, il lavoro sporco di ripulitura viene in genere lasciato agli innumerevoli sherpa di entrambi gli schieramenti, i quali, dopo un pasto frugale in cucina, saranno chiamati a dare il meglio di sé, sotto l’attento coordinamento dei vari vice di Paulson, tutti, come lui, provenienti dal mondo delle banche di investimento e delle banche globali.

Nel chiudere il mio intervento al recente convegno sulla crisi finanziaria, esprimevo note di assoluto pessimismo sulla capacita del FSF, e delle banche centrali più in generale, di mettere al guinzaglio gli inesauribili appetiti delle Investment Banks e delle CIB delle banche globali, ma devo confessare che, nel leggere la dichiarazione dell’anziano e temuto banchiere tedesco, ho provato un brivido di piacere, perché, non so se per pretattica, mi sembrano esprimere una sincera preoccupazione per il fatto che due ex colleghi come Paulson e Draghi, mossi da risibili motivazioni quali evitare il disastro totale, stavolta vogliano fare maledettamente sul serio, utilizzando peraltro tutta l’expertise maturata in lunghi anni di professione (confermando il detto che recita: dagli amici mi guardi Dio, che dagli altri mi guardo io).

Un anticipazione che le possibilità di un netto cambio di passo dei regolatori stesse maturando lo si era, peraltro, avuto con l’introduzione della classificazione dell’attivo, con l’introduzione di quel micidiale Level 3s, che classifica come del tutto a rischio larga parte dei titoli della finanza strutturata e che ieri ha colpito seriamente Goldman Sachs che ne conta, in crescita, per oltre 80 miliardi, ma, ancor di più, nell’annunciata ed alquanto radicale riforma delle autorità di vigilanza statunitensi, una riforma che prevede un accentramento su Fed e Sec di gran parte dei poteri e l’estensione degli stessi anche all’attività finanziaria dei soggetti non bancari che, sino ad oggi, erano tenuti accuratamente al di fuori del perimetro della Federal Reserve.

As usual, l’autoproclamatosi portavoce dei banchieri di ogni ordine e specie ha provato a cantare la solita canzone dell’autoriforma, trappola nella quale l’ottimo Draghi ed i suoi colleghi del FSF erano cascati in pieno nel giugno del 2007, quando resero note le conclusioni del rapporto sugli hedge funds che graziarono inopinatamente, auspicando, al contempo, proprio quel percorso di autoriforma del quale, in dieci mesi, non si è assolutamente visto traccia.

Non voglio assolutamente fare paragoni impropri ed irrispettosi, ma vorrei sommessamente dire all’anziano banchiere tedesco che, in genere, la riforma del diritto penale o le norme di procedura da seguire nel procedimento ai suoi vari livelli di sviluppo non vengono negoziate con gli imputati o con coloro sui quali si svolgono indagini, ma che esistono dei livelli decisionali propri, con differenze e sfumature diversa da paese a paese, di ogni democrazia rappresentativa, adiuvati nella loro opera legislativa dalle varie Authority e da latri momenti consultivi, mentre i diretti interessati vengono normalmente ascoltati in apposite audizioni dalle commissioni competenti, che è esattamente quanto sta accadendo nella potentissima commissione bancaria del Senato del Stati Uniti, con sedute insolitamente lughe ed ancor più insolitamente animate, anche per l’incandescente clima pre elettorale che si sta vivendo in vista del cambio dell’inquilino della casa Bianca e di buona parte dei rappresentanti del popolo.

Stia, quindi, tranquillo, Herr Ackermann, perché negli stati Uniti l’attività hobbistica è del tutto lecita, al punto che, proprio ieri, abbiamo appreso, non da rumors ma da una agenzia di stampa che riportava una pubblica informazione fornita dall’interessata, che, nel 2007, Lehman Brothers, la banca di investimenti che, a torto o a ragione, viene considerata la maggiore candidata a seguire la poco felice sorte dell’orso di Stearns (anche per l’identico livello di leverage), ha speso 665 mila dollari per sponsorizzare presso le donne e gli uomini chiamati a legiferare negli USA, come peraltro hanno fatto, per importi superiori od inferiori, più o meno tutte le banche, le compagnie di assicurazione e gli altri soggetti della finanza e dell’economia aventi interessi nella più potente nazione del mondo, quindi si metta in fila ed apra il portafoglio e le sue ragioni verranno certamente educatamente ascoltate e prese nella debita considerazione!

Il problema è rappresentato dal fatto che i meccanismi decisionali che riguardano il mercato finanziario globale non sono altrettanto trasparenti, né tanto meno lo sono i rapporti di forza, basti pensare che è bastato che qualcuno a Washington, con la scusa di essere senatore o deputato, abbia avuto l’ardire di mettere in discussione i meccanismi ed i livelli di retribuzione dei top manager di banche ed imprese, che subito sia stato ripreso con fermezza dal successore di Paulson alla guida di Goldman Sachs, Larry Blankfein (un uomo che nell’orribile 2007 ha percepito appena 100 milioni di dollari, spendendone 25,6 per acquistare un modesto appartamento nel condominio più esclusivo della parte altrettanto più esclusiva di Manhattan), che, dopo aver condiviso, e ci mancherebbe, le tesi di Ackermann, ha bacchettato decisamente chi vuole mettere il naso in affari che non lo riguardano, anche perché, ma questo ovviamente lo ha solo lasciato intendere, loro sona basati ed operano in larga misura negli Usa, ma sono, in realtà, una vera e propria multinazionale che sceglie, tempo per tempo, a quale diritto e a quali norme essere assoggettata, ma che di fatto conosce solo un diritto ed un codice di norma: quelle che vigono al suo interno.


Ricordo che il video del mio intervento al Convegno della UIL del 19 c.m. è disponibile nella sezione video (alla voce videoinformazione) del sito Free Lance International Press www.flipnews.org

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