Come accade in ogni tempesta, il capitano della nave, quando si vede proprio alle brutte, spesso decide di liberarsi della zavorra e lo fa senza farsi troppi scrupoli, così sta accadendo in un numero crescente di banche e corporations, per non parlare poi delle antesignane compagnie monoline, che si sono dimostrate delle apri pista e di una sveltezza senza pari nell’effettuare queste operazioni consistenti nello slittare in un’altra entità quanto rischia di sporcare i conti complessivi, se non di trascinare, con il peso dei suoi problemi, addirittura a fondo l’intera compagnia.
Non va dimenticato, inoltre, che le banche di investimento e quelle globali sono state a loro volta delle antesignane in questo tipo di strategia, detenendo per anni colline e montagne di titoli della finanza più o meno strutturata in apposite società contenitore denominate Conduit o SIV (con I che sta per investment e V per vehicle), detenendo, opportunamente collocati off balance sheet, solo gli impegni relativi a questi contenitori che, almeno questo accadeva prima dell’estate 2007, si riempivano e svuotavano del loro contenuto con una velocità di turn over altissima.
Come è ampiamente noto ai miei pochi lettori, è proprio questo meccanismo di società a soffietto, o a porta girevole, che si è inceppato ormai nove mesi orsono, innescando la tempesta perfetta nella quale siamo ormai completamente immersi e determinando, sotto la pressione delle sempre più nervose autorità di vigilanza, il trasferimento dei titoli sempre più datati nella parte superiore del bilancio delle banche, trasferimento, ovviamente, realizzato a prezzi di assoluto saldo e che danno plasticamente la dimensione di quel meltdown finanziario intervenuto e la cui percezione scompare solo quando gli stessi titoli vengono dati in garanzia presso le ampie discariche delle banche centrali che si ostinano a considerarli ad un valore pari o prossimo a quello facciale.
Le dimensioni comunque limitate della discarica, nonché la crescente difficoltà degli addetti alle stesse a perseverare nel voluto errore di valutazione, per non parlare della temporaneità (da pochi giorni ad un massimo di 28 giorni, anche si sta pensando, e qualche banca centrale già lo fa, di portare la scadenza ai più tranquillizzanti sei mesi), sono tutti elementi che rendono non più rinviabili soluzioni più radicali ed all’altezza dei problemi insiti nel fenomeno in corso, facendo sempre più carezzare alle donne ed agli uomini posti al vertice delle Investment Banks e delle banche globali l’idea di fare un bel pacchetto della loro parte specializzata negli investimenti e di trasferirla lontano da quello che dovrebbe essere il loro core business.
Ovviamente, mentre un’operazione del genere non si presenta impraticabile per la maggior parte delle banche commerciali, un po’ meno per quelle globali poste al di qua ed al di là dell’Atlantico, diviene fatica certamente improba nel caso delle Investment Banks, che, per la loro caratteristica di essere delle vere e proprie CIB delle CIB, incontrerebbero certamente notevoli difficoltà nel cercare di distinguere nel coacervo di attività strettamente avviluppate ed integrate che le contraddistinguono, anche se è sempre possibile espellere quei veri e propri rami d’azienda che si pongono ormai nettamente al di sotto della linea di galleggiamento della nave di cui sono parte integrante.
Così come non vi era dubbio che il colpo di genio sarebbe venuto dall’extracomunitaria Svizzera e da un banchiere di lungo corso, ma che opportunamente si trova collocato a riposo, quale è l’ex amministratore delegato dell’alquanto disastrata UBS, Arnold Luqman (ma dove li trovano i banchieri questi improbabili cognomi?), il quale, libero dalle cure della gestione, ha avuto la lucidità di pensare che l’unica soluzione per la sopravvivenza della potente banca, al momento gravata da 42 miliardi di dollari (o franchi svizzeri, tanto sono ormai pressoché alla pari), sia quella di fare un bel pacchetto della propria attività di Corporate & Investment Banking, ponendo quindi il maleodorante lezzo di quella montagna di titoli della finanza strutturata e di quel grattacielo di rischi derivati prodotti dagli asettici laboratori delle sue fabbriche prodotto a distanza di sicurezza dagli ovattati salottini nei quali si ricevono i ricchi ed i quasi ricchi, nonché i nuovi ricchi, abitanti di quasi tutte le nazioni del pianeta.
UBS: You & US, come suonava lo slogan successivo all’unificazione delle due banche svizzere che diedero luogo a quella che aspirava a diventare la prima banca del globo, si appresterebbe, il condizionale in questo caso è veramente d’obbligo, a splittare tutto quanto non è credito o gestione patrimoniale da quelle attività CIB che sono state per un relativamente lungo periodo l’indiscussa fonte del suo successo, con risultati che erano letteralmente dei multipli di quelli provenienti da quella desueta e, tutto sommato, sonnacchiosa attività creditizia, un’attività, peraltro, nella quale gli gnomi svizzeri continuano ad essere dei maestri indiscussi.
Trovo anche all’altezza dell’uomo Luqman avere scelto la forma della tradizionale lettera in luogo delle micidiali ed istantanee e-mail, per rendere noto ai vertici della banca ed agli azionisti tutti il suo pensiero, peraltro espresso a nome dell’importante gruppo di soci dei quali è capolista e portavoce, né stupisce che il portavoce della banca si sia precipitato a rendere noto che la missiva è stata prontamente consegnate dalle efficientissime poste della Confederazione ed è attualmente presa nella dovuta considerazione dai sempre più inquieti membri del Board, nuovo presidente e CEO in testa, e forse anche rispettosamente posti all’in piedi.
Il micidiale uno - due provenuto tra giovedì e venerdì dal fronte occupazionale sui mercati statunitensi e, di riflesso, su quelli di tutto il mondo, avrebbe, in tempi normali e, quindi, diversi da questi, determinando un vero e proprio finimondo sui mercati azionari e mandato alle stelle i prezzi di titoli di stato statunitensi, mentre, se la seconda possibilità si è puntualmente materializzata, la prima si è tradotta in una modestissima flessione del Dow Jones, accompagnata da chiusure in positivo per il Nasdaq e lo S&P 500 non esaltanti, ma certamente al limite dell’eroismo.
Al superamento della soglia psicologica di 400 mila nuovi sussidi settimanali di disoccupazione, si è accompagnato, infatti, un disastroso Non Farm Payrolls che ha visto una riduzione di 80 mila buste paga in marzo, una significativa revisione delle flessioni del genere nei due mesi precedenti (appaiati ad un -76 mila) ed un balzo in avanti del tasso di disoccupazione dal 4,8 al 5,1 per cento, che ha visto infrangersi un’altra e psicologicamente importantissima Big Figure.
Ricordo che il video del mio intervento al Convegno della UIL del 19 c.m. è disponibile nella sezione video (alla voce videoinformazione) del sito Free Lance International Press www.flipnews.org
Non va dimenticato, inoltre, che le banche di investimento e quelle globali sono state a loro volta delle antesignane in questo tipo di strategia, detenendo per anni colline e montagne di titoli della finanza più o meno strutturata in apposite società contenitore denominate Conduit o SIV (con I che sta per investment e V per vehicle), detenendo, opportunamente collocati off balance sheet, solo gli impegni relativi a questi contenitori che, almeno questo accadeva prima dell’estate 2007, si riempivano e svuotavano del loro contenuto con una velocità di turn over altissima.
Come è ampiamente noto ai miei pochi lettori, è proprio questo meccanismo di società a soffietto, o a porta girevole, che si è inceppato ormai nove mesi orsono, innescando la tempesta perfetta nella quale siamo ormai completamente immersi e determinando, sotto la pressione delle sempre più nervose autorità di vigilanza, il trasferimento dei titoli sempre più datati nella parte superiore del bilancio delle banche, trasferimento, ovviamente, realizzato a prezzi di assoluto saldo e che danno plasticamente la dimensione di quel meltdown finanziario intervenuto e la cui percezione scompare solo quando gli stessi titoli vengono dati in garanzia presso le ampie discariche delle banche centrali che si ostinano a considerarli ad un valore pari o prossimo a quello facciale.
Le dimensioni comunque limitate della discarica, nonché la crescente difficoltà degli addetti alle stesse a perseverare nel voluto errore di valutazione, per non parlare della temporaneità (da pochi giorni ad un massimo di 28 giorni, anche si sta pensando, e qualche banca centrale già lo fa, di portare la scadenza ai più tranquillizzanti sei mesi), sono tutti elementi che rendono non più rinviabili soluzioni più radicali ed all’altezza dei problemi insiti nel fenomeno in corso, facendo sempre più carezzare alle donne ed agli uomini posti al vertice delle Investment Banks e delle banche globali l’idea di fare un bel pacchetto della loro parte specializzata negli investimenti e di trasferirla lontano da quello che dovrebbe essere il loro core business.
Ovviamente, mentre un’operazione del genere non si presenta impraticabile per la maggior parte delle banche commerciali, un po’ meno per quelle globali poste al di qua ed al di là dell’Atlantico, diviene fatica certamente improba nel caso delle Investment Banks, che, per la loro caratteristica di essere delle vere e proprie CIB delle CIB, incontrerebbero certamente notevoli difficoltà nel cercare di distinguere nel coacervo di attività strettamente avviluppate ed integrate che le contraddistinguono, anche se è sempre possibile espellere quei veri e propri rami d’azienda che si pongono ormai nettamente al di sotto della linea di galleggiamento della nave di cui sono parte integrante.
Così come non vi era dubbio che il colpo di genio sarebbe venuto dall’extracomunitaria Svizzera e da un banchiere di lungo corso, ma che opportunamente si trova collocato a riposo, quale è l’ex amministratore delegato dell’alquanto disastrata UBS, Arnold Luqman (ma dove li trovano i banchieri questi improbabili cognomi?), il quale, libero dalle cure della gestione, ha avuto la lucidità di pensare che l’unica soluzione per la sopravvivenza della potente banca, al momento gravata da 42 miliardi di dollari (o franchi svizzeri, tanto sono ormai pressoché alla pari), sia quella di fare un bel pacchetto della propria attività di Corporate & Investment Banking, ponendo quindi il maleodorante lezzo di quella montagna di titoli della finanza strutturata e di quel grattacielo di rischi derivati prodotti dagli asettici laboratori delle sue fabbriche prodotto a distanza di sicurezza dagli ovattati salottini nei quali si ricevono i ricchi ed i quasi ricchi, nonché i nuovi ricchi, abitanti di quasi tutte le nazioni del pianeta.
UBS: You & US, come suonava lo slogan successivo all’unificazione delle due banche svizzere che diedero luogo a quella che aspirava a diventare la prima banca del globo, si appresterebbe, il condizionale in questo caso è veramente d’obbligo, a splittare tutto quanto non è credito o gestione patrimoniale da quelle attività CIB che sono state per un relativamente lungo periodo l’indiscussa fonte del suo successo, con risultati che erano letteralmente dei multipli di quelli provenienti da quella desueta e, tutto sommato, sonnacchiosa attività creditizia, un’attività, peraltro, nella quale gli gnomi svizzeri continuano ad essere dei maestri indiscussi.
Trovo anche all’altezza dell’uomo Luqman avere scelto la forma della tradizionale lettera in luogo delle micidiali ed istantanee e-mail, per rendere noto ai vertici della banca ed agli azionisti tutti il suo pensiero, peraltro espresso a nome dell’importante gruppo di soci dei quali è capolista e portavoce, né stupisce che il portavoce della banca si sia precipitato a rendere noto che la missiva è stata prontamente consegnate dalle efficientissime poste della Confederazione ed è attualmente presa nella dovuta considerazione dai sempre più inquieti membri del Board, nuovo presidente e CEO in testa, e forse anche rispettosamente posti all’in piedi.
Il micidiale uno - due provenuto tra giovedì e venerdì dal fronte occupazionale sui mercati statunitensi e, di riflesso, su quelli di tutto il mondo, avrebbe, in tempi normali e, quindi, diversi da questi, determinando un vero e proprio finimondo sui mercati azionari e mandato alle stelle i prezzi di titoli di stato statunitensi, mentre, se la seconda possibilità si è puntualmente materializzata, la prima si è tradotta in una modestissima flessione del Dow Jones, accompagnata da chiusure in positivo per il Nasdaq e lo S&P 500 non esaltanti, ma certamente al limite dell’eroismo.
Al superamento della soglia psicologica di 400 mila nuovi sussidi settimanali di disoccupazione, si è accompagnato, infatti, un disastroso Non Farm Payrolls che ha visto una riduzione di 80 mila buste paga in marzo, una significativa revisione delle flessioni del genere nei due mesi precedenti (appaiati ad un -76 mila) ed un balzo in avanti del tasso di disoccupazione dal 4,8 al 5,1 per cento, che ha visto infrangersi un’altra e psicologicamente importantissima Big Figure.
Ricordo che il video del mio intervento al Convegno della UIL del 19 c.m. è disponibile nella sezione video (alla voce videoinformazione) del sito Free Lance International Press www.flipnews.org