mercoledì 14 maggio 2008

Tremonti e Draghi all'assedio di Siena


La progressiva evaporazione delle compagnie di assicurazione monoline statunitensi, ormai in perenne attesa che le due maggiori agenzie di rating diano loro il colpo di grazia dopo aver prolungato ai limiti dell’incredibile il periodo di outlook negativo che normalmente precede il downgrade, prepara il terreno all’ingresso in forze della neonata compagnia costituita ad hoca da Warren Buffett nell’ancora sano segmento dei municipal bonds e degli altri titoli degli enti locali americani, forse l’unico tipo di carta che può ancora trovare corrispondente domanda, soprattutto se l’entità chiamata ad emettere le necessarie garanzie non è gravata da impegni per centinaia di miliardi di dollari nell’altrettanto liquefacentesi settore dei titoli della finanza strutturata che nessuno ormai vuole più se non a prezzi di assoluto saldo.

Come ha giustamente notato Bernspan, che sta ritrovando una certa lucidità da quando ha riposto le armi da taglio nel cassetto, la situazione, ad onta degli sforzi titanici suoi e dei suoi colleghi europei ed asiatici, è ancora ben lungi dall’essere normale, come è efficacemente testimoniato dagli spreads esistenti sui mercati interbancari rispetto ai tassi di riferimento stabiliti dalle autorità monetarie, così come già iniziano a svanire gli effetti degli altrettanto titanici sforzi volti a contrastare il meltdown del dollaro nei confronti dell’euro e dello yen.

Il prezzo alla pompa della benzina e della nafta ha, nel frattempo raggiunto livelli di assoluto record, con la benzina giunta ad un passo dalla soglia psicologica dei 4 dollari al gallone, mentre il gasolio questa soglia la ha ormai superata da un pezzo, così non c’è da stupirsi se le vendite di autoveicoli continuano a segnare una forte flessione (-2,8 per cento) al punto da sovrastare il mini rimbalzo delle vendite di altri prodotti, in particolare nelle catene che, come Wal Mart, sono ormai impegnate nella più prolungata stagione di saldi pressoché perenni, una politica di compressione dei margini che sta determinando una revisione al ribasso degli utili di queste mega catene di department stores.

L’ennesima mazzata alle residue speranze di una progressiva normalizzazione della situazione sui mercati finanziari viene, come al solito, dal settore immobiliare, con la più netta flessione (-7,7 per cento) delle vendite di quelle case individuali che sono da sempre il maggiore emblema dell’American Dream, ma quello che colpisce di più è quel trapasso verso il basso della soglia psicologica dei 200 mila dollari per una casa a due piani con giardinetto davanti ed un altro sul retro, il tutto circondato da una palizzata ben pitturata e ben tenuta ed un prato maniacalmente falciato.

Dopo la penuria di cibo derivante, almeno in parte, dalla folle scelta di utilizzare i prodotti della terra per produrre combustibili, sono giunte, in rapida successione, due grandi catastrofi naturali in due paesi da tempo al centro dell’attenzione mondiale per il mancato rispetto dei diritti umani, la Birmania inondata con conseguenze oltremodo tragiche dalle acque e la Cina scossa da uno dei terremoti più devastanti e più letali da quando i fenomeni tellurici sono osservati in modo sistematico, ma neanche tragedie di queste dimensioni e dai costi in termini di vite umane perse così immani riescono a portare la calma sul mercato delle materie prime energetiche, un mercato sul quale si sono riversate le banche di investimento con in scia speculatori di ogni ordine e risma che stanno operando, via strumenti derivanti, in un modo talmente one way da far temere lo scoppio catastrofico di questa nuova immane bolla speculativa.

Mentre negli Stati Uniti d’America il nuovo gioco di società in voga all’ombra del Wall consiste nel cercare di scoprire chi rimarrà con il cerino in mano tra la preveggente Goldman Sachs e gli operatori di minore dimensione che non hanno gli strumenti per individuare o per determinare il punto di inversione superato il quale occorre girare le posizioni alla velocità del fulmine, ma quello che è certo è che qualcuno rischia di farsi veramente male, mentre io ripeto le mie previsioni per l’anno in corso formulate a fine dicembre del 2007 e che vedono l’euro a 1,70 dollari, il dollaro a 95 yen o meno, mentre per il petrolio continuo nella mia stima del tutto out fo the money e che vede un prezzo a 75 dollari al barile.

Giunti alla fine della corsa dei tagli forsennati effettuati da Bernspan e complici, cresce ogni giorno che passa la credibilità di Jean Claude Trichet e dei suoi colleghi neotemplari del Board della BCE, con gli eredi della Bundesbank ormai del tutto al riparo dalle pressioni dei governi e delle parti sociali, che non possono non vedere come il moderato rigore monetario in voga a Francoforte sia stato in grado di erigere una fortezza dalle alte mura intorno alla cittadella della Vecchia Europa, una sorta di diga in grado di contenere i sempre più alti marosi della tempesta perfetta, almeno per quelle banche che hanno deciso di non giocare a fare le americane, come putroppo è accaduto alla malmessa ed extracomunitaria UBS.

Impegnato su più fronti, il nostro Governatore, Mario Draghi, passa ormai con leggerezza dal suo impegnativo ruolo di presidente del Financial Stability Forum, alle sferzate sempre più incisive inferte ai banchieri italiani per la loro lentezza nell’adeguarsi alle nuove previsioni di legge sulla portabilità dei mutui ed alle stringenti previsioni in materia di vendita di prodotti finanziari contenute nella MIFID, ma è sulla governance nel settore delle banche popolari e nella regia della terza fase del processo di ristrutturazione del sistema bancario nostrano che Draghi sta dando veramente il meglio di sé, esibendosi in una performance che favorirà senza dubbio alcuno i bellicosi e non celati propositi del per la terza volta ministro dell’Economia, professor Giulio Tremonti.

D’altra parte, non aiutano certo le scene che si vedono anche in questi giorni nelle oceaniche adunate dei soci di questa o di quella popolare, con fazioni che, brandendo il voto capitario, si scagliano l’un contro l’altro armati alla guisa dei guelfi e dei ghibellini, quasi che le banche di cui si contendono il controllo fossero le piccole entità che erano una volta e non entità prepotentemente entrate nella top ten del sistema bancario italiano, il che spinge, in assenza di un forte movimento di auto riforma, ad interventi normative che renderanno quelle arene infuocate un ricordo del passato.

Ma è su quell’anomalia delle anomalie rappresentata dalla ferrea presa della Fondazione senese scaturita dalle previsioni della legge Amato-Carli sul non proprio secondario gruppo bancario denominato Monte dei Paschi di Siena che la collaborazione tra Draghi e Tremonti potrebbe dare il meglio di sé, grazie anche all’operato dell’attuale presidente del gruppo, quel Mussari che di Siena è cittadino di adozione e che viene visto come il fumo negli occhi dai contradaioli infuriati che non gli perdonano di avere, attraverso la costosa e controversa acquisizione di Antonveneta, di avere aperto il vaso di Pandora che potrebbe portare alla necessità per la Fondazione di condividere la gestione del gruppo bancario, anche se a perimetro significativamente allargato al punto di divenire il terzo poo bancario ed assicurativo italiano, con soci che molto probabilmente non conoscono né il toscano né l’italiano.
*
Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/