Braccato alla stregua di un criminale comune e dopo non essere riuscito a prendere in affitto un aereo per raggiungere la sua seconda patria causa banale rifiuto della sua molto dorata credit card, R. Allen Stanford, titolare della quasi omonima Stanford International Bank, è stato arrestato ieri dalle donne e dagli uomini del Federal Bureau of Investigations che gli davano la caccia da giorni dopo che la “nuova” Securities and Exchange Commission aveva svelato una truffa da 8 miliardi di dollari in relazione all’emissione e relativa sottoscrizione di certificati di deposito che garantivano tassi molto elevati, purtroppo, secondo la stessa Sec, basati su ipotesi del tutto irrealistiche e infondate.
In nuovo colpo alla reputazione del sistema finanziario globale viene pochi mesi dopo l’impatto psicologico e patrimoniale molto violento legato alle gesta di Bernard L. Madoff, l’ex presidente del Nasdaq, nonché quinto operatore nello stesso mercato, una persona molto stimata nel mondo della finanza e degli affari non solo negli Stati Uniti d’America, ma, come si è visto dal molto provvisorio elenco delle sue vittime più famose, anche dai miliardari di molti paesi nati in altri continenti, anche se spesso residenti, come i loro capitali, in comodi e accoglienti paradisi fiscali più o meno inclusi nella black list stilata dall’occhiuto organismo sopranazionale che si occupa del contrasto alle attività di antiriciclaggio del denaro sporco, una definizione che non si applica soltanto ai proventi delle attività malavitose, ma anche a quello che milioni di persone cercano, spesso riuscendo, di sottrarre alle pretese del fisco del paese o dei paesi nei quali svolgono buona parte delle loro attività economiche!
Come viene reso noto dalle agenzie di stampa americane, nel caso di Stanford si sta indagando anche in questa direzione, a causa di sospetti che, attraverso la sua fitta rete di filiali e affiliate sparse in parecchi paesi dell’America Latina, abbia fornito servizi ai tanti resi miliardari dal traffico degli stupefacenti e altre piacevolezze in cui è specializzata la Mafia SpA, al di là delle etichette con le quali è conosciuta all over the world, un’eventualità che getta ombre parecchio inquietanti su quelle discrete attività di gestione del risparmio che vedono una fetta rilevante della ricchezza mondiale, prudenzialmente stimata in 150.000 miliardi di dollari, fare capo alle attività malavitose e alle lucrosissime attività di copertura gestite dalle ‘famiglie’ basate in tutti e cinque i continenti.
Apprendo dalla stampa che una delle entità protagoniste, assieme a Citigroup, del wealth management in un numero di paesi di poco inferiore a quello presente nel lunghissimo elenco dei partecipanti all’assemblea generale delle Nazioni Unite, il colosso creditizio extracomunitario UBS, You and Us, avrebbe patteggiato la somma di 780 milioni, di cui 400 per pendenze dei suoi clienti con il fisco, e si strenne impegnato non solo a non fornire più i suoi servigi a decine di migliaia di cittadini statunitensi presunti infedeli nei confronti del fisco del loro paese, ma anche a fornire l’elenco degli stessi alle competenti autorità, anche se in numero molto ridotto rispetto alle richieste dell’FBI che agisce per conto del giudice della Florida che ha raccolto la testimonianza di un ex dirigente pentito di UBS dalla memoria sterminata e molto bisognoso delle previsioni premiali previste dalla legislazione a stelle e strisce, anche per il comprensibile desiderio dello stesso di evitare di vedere pressoché a vita il sole dal chiuso di una più o meno confortevole cella di un supercarcere federale.
Prima o poi, nel rapporto di odio-amore che caratterizza gli Stati Uniti d’America e la Repubblica Popolare Cinese, verrà affrontato anche il delicatissimo tema dell’impenetrabile segreto bancario esistente nelle banche della ex colonia britannica di Hong Kong, un territorio oramai da tempo parte integrante della Cina ma ancora dotato di una magistratura nota, come ben ricordano gli inquirenti del pool di Mani Pulite, per rispedire ai colleghi di tutto il mondo le missive contenenti richieste di assistenza o di rogatoria senza nemmeno prendersi la briga di aprire le buste per vedere di che cosa si tratti, un comportamento che ha contribuito a rendere spesso Hong Kong il porto terminale del vorticoso giro che i capitali compiono alquanto vorticosamente in tutto il mondo!
Credo che quanto sopra contribuisca a spiegare, almeno in parte, quanto sta avvenendo in questi giorni nel mercato finanziario statunitense, vera costola del mercato finanziario globale, anche perché è difficile comprendere il fatto che giovedì il Dow Jones abbia rotto con una certa decisione il minimo segnato il 20 novembre del 2008, del tutto incurante dei 1.100 miliardi di dollari circa stanziati nel giro di due giorni dalla nuova amministrazione americana, così come è arduo capire perché molte delle sei principali banche a stelle e strisce sopravvissute, almeno per ora, agli alti marosi della tempesta perfetta abbiano a loro volta visto le quotazioni delle loro azioni portarsi al di sotto dei minimi toccati nel tremendo autunno dell’orribile 2008, un anno da molto considerato bisesto e funesto, ma che dovrà battersela con questo 2009 che si è davvero aperto sotto i peggiori auspici.
Un quotidiano finanziario italiano riporta nella sua edizione del 18 febbraio una preoccupata ricostruzione della situazione dei paesi emergenti, focalizzando la sua attenzione su quei paesi un tempo facenti parte di quello che Ronald Reagan soleva, molto poco diplomaticamente, definire l’impero del Male, cioè il blocco sovietico, un’area disseminata di paesi ora aderenti all’Alleanza Atlantica e, almeno in alcuni casi, anche all’Unione Europea, paesi che non sono stati in grado di garantire le passività delle loro banche, in larga parte dominate da banche straniere più o meno comunitarie, tra le quali un ruolo molto rilevante lo giocano proprio quei due gruppi bancari italiani che rispondono ai nomi di Unicredit Group e Intesa-San Paolo, entrambe alle prese ieri con la rottura di importantissimi soglie psicologiche poste per il primo a un euro e per la seconda a 2 euro, una circostanza che rende molto inquietanti le dichiarazioni fatte ieria Londra da Berlusconi, smentite incluse!
Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ .