lunedì 2 febbraio 2009

Forse i banchieri a stelle e strisce e quelli europei farebbero bene a seguire l'esempio dei loro colleghi di UBS!


Non so se avranno la meglio le fidanzate e le mogli dei top manager delle banche e delle compagnie di assicurazioni a stelle e strisce o la strana coppia formata dal nuovo presidente degli Stati Uniti d’America e da Benedetto XVI che hanno avviato in perfetta sintonia di tempi e di toni una santa crociata contro la strana abitudine delle maggiori entità del mercato finanziario di considerare pressoché intangibili i bonus milionari, a prescindere se quella appena conclusa sia una buona annata o, come è stato nell’orribile 2008 anno bisesto e molto funesto, il peggior esercizio mai visto dalla fine della seconda guerra mondiale.

Non c’è bisogno di essere dei leader politici un po’ meno distratti degli appartenti al Great Old Party o dei predicatori religiosi assurti o meno al soglio pontificio per affermare senza timore di smentita che quello messo in mostra sia dalle banche a stento sopravvissute alla tempesta perfetta che da quelle che, al fine di evitare il fallimento, sono state aggregate da banche di maggiore dimensione/solidità o nazionalizzate a passo di carica è davvero uno spettacolo indecoroso, un comportamento che dimostra una grande insensibilità e che fa il paio con la non felice circostanza che vede le banche statunitensi destinatarie di aiuti sotto varia forma per migliaia di miliardi di dollari e l’offerta di credito all’economia ridursi di poco meno di cinquanta miliardi, sempre di dollari ovviamente.

Come ho scritto nelle ultime puntate del Diario della crisi finanziaria, consiglio ai beneficiari dei bonus distribuiti per poco meno di 20 miliardi di dollari di seguire l’esempio dei vertici della extracomunitaria UBS che si sono precipitati, seppure un po’ a malincuore, a restituire il malloppo, un bel gesto che ha riguardato i vertici succedutisi negli ultimi due anni e non so quanto seguito da quanto sino alle loro più o meno dirette dipendenze, o meglio da quanti sono sopravvissuti alle decimazioni avvenuti nelle principali sedi della un tempo gigantesca divisione di Corporate & Investment Banking di UBS, You & Us, un esempio che potrebbe essere seguito in Citigroup, Bank of America, J.P. Morgan-Chase, Goldman Sachs, Morgan Stanley, Wells Fargo, così come nella ristretta pattuglia di banche britanniche, francesi, tedesche e italiane a carattere più o meno globale!

Nel suo messaggio radiofonico del sabato, Obama ha informato gli aventi causa di aver dato mandato al suo coetaneo e nuovo ministro del Tesoro, Timothy Geithner, di afforntare con la dovuta sollecitudine la delicata questione, il che ha fatto correre qualche brivido tra i vertici delle principali banche statunitensi che ben sanno che la seconda metà dei 700 miliardi previsti dal TARP potrebbero prendere strade molto diverse da quella dei loro capaci ma alquanto vuoti caveau, finendo, ad esempio, ad alimentare il fondo destinato a facilitare la rinegoziazione dei mutui trappola del tipo subprime o le diverse ma spesso tutte alquanto micidiali varianti dei cosiddetti mutui ARM.

So bene che i bonus di quest’anno sono stati largamente inferiori a quelli dell’anno precedente, causa, insieme allo stress legato al lavoro pressoché ininterrotto dei manager bancari e assicurativi dal 9 agosto del 2007 in poi, di quella vera e propria alluvione di separazioni e divorzi made in Wall Street, ma credo proprio che un po’ di buon gusto non guasterebbe quando milioni di americano hanno perso la casa, il lavoro, mentre una parte rilevante di loro ha avuto la sfortuna di perderli entrambi, uno scenario nel quale le donne che, a vario titolo, occupano manu militari il cuore dei loro stressati compagni potrebbero anche rinunciare almeno a una parte del loro tenore di vita da milioni di dollari, qualche rinuncia del tipo una visita in meno dal chirurgo estetico, una sola pelliccia di qualche povero animale che ha il torto di possedere una pelle pregiata in luogo delle solite due o tre, la rinuncia ad una visita alla settimana da Sacks o Bloomingdale, insomma, qualche piccola rinuncia sull’altare patriottico del neopauperismo.

Fossi nei vertici delle sopramenzionate banche, ma non trascurerei anche quelli delle compagnie di assicurazione, dei fondi pensione, dei fondi di investimento, degli hedge funds, mediterei molto sul da farsi, anche perché, nello stesso discorso citato di sopra, il giovane inquilino della Casa Bianca ha menzionato anche la costituenda bad bank, in relazione alla quale Geithner, sempre lui, dovrà pur decidersi a stabilire il non proprio trascurabile dettaglio del prezzo al quale verranno acquistati i titoli più o meno tossici della finanza strutturata che ancora affogano i bilanci delle diverse entità protagoniste del mercato finanziario statunitense, ma che, oltre a questo, dovrà anche stabilire quali titoli acquistare e quali mettere il veto, cosa pressoché certa per le più sofisticate invenzioni degli apprendisti stregoni impiegati nelle fabbriche prodotto delle ex Investment Banks e delle omologhe divisioni attualmente in disgrazia presso le banche più o meno globali.

Mi permetto anche di fare notare il perdurante silenzio su tali questioni da parte del per la terza volta ministro italiano dell’Economia, Giulio Tremonti, forse pago di avere detto per tempo che l’unica soluzione possibile sarebbe stata quella poi fatta propria da Obama e dai suoi più stretti collaboratori, mentre noto con piacere che ha ritrovato l’uso della favella il Governatore della Banca d’Italia e presidente pro tempore del Financial Stability Forum, che, da Davos, ci informa del fatto che non tutti i titoli della finanza strutturata sono cattivi, ma che ne esistono anche di semplici e sicuri, una dichiarazione almeno incauta, perché fa venire immediatamente nelle testoline dei risparmiatori/investitori la semplice domanda sui motivi per i quali il professor Draghi e i suoi esimi colleghi non hanno fatto questa scoperta, possibilmente dettagliando sia i titoli buoni che quelli cattivi, un pochino più per tempo, ad esempio qualche anno o almeno qualche mese prima che scoppiasse quella tempesta perfetta che dura oramai ininterrottamente da più di diciotto mesi!

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ .