Il forte calo dei prezzi delle abitazioni negli Stati Uniti d’America legato al proliferare delle aste nelle quali vengono messe all’incanto dalle banche le case dei mutuatari morosi ha prodotto in dicembre un forte incremento delle cosiddette vendite pendenti delle case esistenti (+6,3 per cento,su base mensile e +2,1 per cento rispetto al dicembre 2007), un dato che conferma il rialzo già verificatosi in novembre e che, peraltro è stato ieri rivisto significativamente al rialzo.
Il legame tra la ripresa delle vendite (tecnicamente, si tratta di avvio delle trattative di vendita) e lo scoppio della gigantesca immobiliare è testimoniato dalla localizzazione dei maggiori incrementi dei preliminari di vendita nelle area del Sud e del Midwest degli USA, quelle più falcidiate dal crollo dei prezzi legato alla forte crescita delle procedure di foreclosure a loro volta connesse alla situazione di morosità dei mutuatari, mentre le vendite continuano a essere cedenti nelle aree del Est e dell’Ovest nelle quali, fatta l’eccezione della California, i prezzi sono scesi di meno.
Si tratta, con ogni evidenza, di una significativa inversione di tendenza, anche se il commento della National Association of Realtors, l’entità responsabile dell’elaborazione del dato, è stato improntato alla più grande cautela, anche per il concomitante crollo delle vendite di case nuove e delle spese per costruzioni annunciati nei giorni scorsi, due informazioni molto più significative per già fosche prospettive del settore edilizio a stelle e strisce, una cautela legata anche all’intensa attività di lobbing che l’associazione dei costruttori sta esercitando sul Congresso per ottenere sgravi fiscali in favore di chi esercita l’attività edilizia, una persuasione efficace visto l’appoggio esplicito dei repubblicani al relativo progetto di legge.
Ben più efficace per la ripresa del settore edilizio potrebbe essere lo sforzo del nuovo presidente volto a favorire la rinegoziazione dei mutui trappola, subprime e le diverse varianti di ARM, così come la pressione esercitata dalla nuova amministrazione sulle banche perché vengano incontro ai debitori in affanno, uno sforzo che vede coinvolto in particolare il nuovo ministro del Tesoro, Timothy Geithner, forte dell’arma rappresentata dalla seconda tranche da 350 miliardi di dollari del TARP, ma anche perfettamente in grado di convincere i banchieri che è meglio un ritorno in bonis del credito che affrontare la costosa procedura di foreclosure per poi spesso rientrare solo in parte di quanto a suo tempo erogato!
Nella puntata di ieri citavo la maggiore consapevolezza dei leaders mondiali sulle vere cause della crisi finanziaria, mentre oggi segnalo la prima puntata della brillante ricostruzione della tempesta perfetta effettuata da George Soros, apparsa nell’edizione di martedì del quotidiano la Repubblica, che mi auguro proprio voglia offrire ai suoi lettori anche le altre tre puntate redatte dal finanziere che ho eletto, insieme al Leone di Omaha, Warren Buffett, come mia stella polare per orientarmi tra gli alti marosi della più grave finanziaria mai verificatasi a memoria d’uomo, mentre la mia guida spirituale resta indiscutibilmente John Maynard Keynes.
Nella molto ondivaga gestione della tempesta perfetta da parte di Hank Paulson e Bernspan, quello che ha più colpito il tutt’altro che sprovveduto finanziere americano di origini ungheresi è stato certamente il fallimento di Lehman Brothers, un’ipotesi che a tal punto non aveva messo nel conto da acquistare un piccolo pacchetto azionario di Lehman a giugno del 2008 e della quale ritiene maggiormente responsabile Paulson, l’unico dell’oramai mitico duo a potere fare qualcosa in favore della investment bank non sottoposta alla sorveglianza della Federal Reserve, anche se mi permetto di non condividere la spiegazione dei motivi che avrebbero indotto Paulson in errore e che Soros vede nella sostanziale natura di fondamentalista del neoliberismo dell’ex (?) investment bunker spedito nel giugno del 2006 a ricoprire il ruolo di ministro del Tesoro, mentre concordo pienamente sul fatto che l’incauto non si rese conto delle catastrofiche conseguenze derivanti dalla sua decisione di non muovere un dito per salvare Lehman.
Nell’ultima parte del suo articolo, Soros conferma le peggiori previsioni sulle dimensioni del problema, quantificando l’attivo in sofferenza, cartolarizzato e non, a cinque volte il prodotto interno lordo a stelle e strisce, il che corrisponde più o meno a quei 70-75 miliardi di dollari da me indicati a suo tempo, una cifra di per se già enorme e multipla, sempre in rapporto al PIL statunitense, di quella esistente nel 1929, ma che, come ricorda il finanziere, è al netto dello stratosferico ammontare nozionale dei prodotti derivati che allora non esistevano!
Ad onta della sua più che meritata fama di speculatore, Soros ha deciso di adottare una cosiddetta strategia difensiva nei confronti della tempesta perfetta di cui ha compreso in tempo pressoché reale la forza devastante, un comportamento molto dissimile da quello tenuto da David Einhorn e da quel manipolo di miliardari che, assieme a lui, stanno giocando al ribasso sulle principali entità protagoniste del mercato finanziario globale sin dal settembre del 2007, un’operatività ininterrotta che li ha resi certamente molto più ricchi di quanto già lo fossero un anno e mezzo fa, ma che non ha certo aiutato i governi e le banche centrali impegnati nell’alquanto disperata azione di contrasto al meltdown finanziario da allora in corso.
Le rare esternazioni di Warren Buffett, che si è limitato a definire la tempesta perfetta una Pearl Harbor della finanza globale, l’analisi di Soros e quelle degli economisti ingiustamente qualificati come moderne Cassandre rafforzano la mia convinzione sulla profondità e sulla durata residua della tempesta perfetta, una convinzione rafforzata dall’incapacità manifesta dei governi dei paesi maggiormente industrializzati di individuare una strategia e delle soluzioni comuni ad un problema che mostra, ogni giorno che passa, di essere decisamente più grande di loro!
Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ .