sabato 21 febbraio 2009

Sarà il week end decisivo per le banche?


Nonostante si sia oramai entrati nel diciannovesimo mese della tempesta perfetta, non possiamo certo dire di avere visto tutto il male del mondo, parafrasando lo scomparso Siegg Larsson e la sua mitica trilogia Millennium, un autore che mi torna in mente leggendo le cronache della fuga alquanto ingloriosa del Madoff in sedicesimo, il miliardario R. Allen Stanford, arrestato in Virginia dall’FBI e prossimo a essere processato per reati molto più infamanti di quelli attribuiti all’ex presidente del Nasdaq che aveva in fondo solo deciso, in tarda età, di baloccarsi con lo schema di Ponzi ai danni dei suoi amici miliardari.

D’altra parte, non possiamo dire neppure di avere visto il peggio del peggio sui mercati, anche perché queste due ultime sedute a Wall Street e dintorni hanno poco da invidiare alle tumultuose giornate di ottobre 2008, quando, come soleva dire il numero del Fondo Monetario Internazionale ed ex ministro socialista delle finanze, Dominique Strauss Kahn, il mercato finanziario globale era giunto maledettamente vicino, se non un po’ oltre, il ciglio di un profondissimo burrone.

Non è tanto per la battuta del premier italiano, Silvio Berlusconi, in quel di Londra e dopo un colloquio a quattr’occhi con Gordon Brown, anche perché ho oramai capito che per esperienza che raramente una sua gaffe è veramente tale, anche quelle più incredibili, ma semplicemente perché il suo accenno alle nazionalizzazioni viene dopo molte concrete applicazioni, sia in terra britannica che tedesca, con qualche interessante variante alla francese e molta pratica statunitense.

Se qualcuno ha pensato alla solita voce dal sen fuggita del premier italiano, è bastato attendere poche ore per ascoltare dal presidente della commissione bancaria del Senato degli Stati Uniti d’America parole non molto dissimili sull’ineluttabilità, e a breve termine, della nazionalizzazione di importanti banche americane per capire che questo week end sarà davvero lunghissimo e gravido di notizie importanti sia al di qua che al di là dell’Oceano Atlantico, anche perché siamo oramai agli sgoccioli e ben al di sotto dei terribili minimi toccati nella fase immediatamente successiva alla fatale decisione di Hank Paulson di lasciare miseramente fallire Lehman brothers, storica rivale della ‘sua’ Goldman Sachs.

Dopo un giovedì nero per le maggiori banche universali statunitensi, l’apertura delle contrattazioni nell’ultima seduta dell’ottava ha fatto scorrere più di un brivido nella schiena già tanto indolenzita degli operatori e investitori americani, che hanno osservato sugli schermi la discesa a rotta di collo delle quotazioni delle azioni di Citigroup, Bank of America e Wells Fargo, giunte anche a segnare perdite oscillanti intorno al 30 per cento, variazioni più degne delle montagne russe che di uno dei mercati regolamentati più importanti del mondo e poco importa se nelle ore successive le tre colossali banche a stelle e strisce hanno recuperato parte del terreno perduto: la frittata era oramai bella che fatta e chi doveva capire ha capito che non era possibile lasciare mano libera al mercato!

Certo, non ha aiutato la notizia che l’iperattivo e molto ambizioso nuovo sceriffo di new York, Andrew Cuomo, ha messo sotto giudizio il potentissimo numero uno di Bank of America, Ken Lewis, per l’orgia di bonus elargita da Merrill Lynch a pochi giorni dall’acquisizione della ex investment bank tecnicamente fallita da parte del colosso creditizio basato in California e che è costata il posto al povero John Thain che, almeno mi auguro per lui, verrà riaccolto a braccia aperte da quella Goldman Sachs nella quale ha lungamente operato prima di diventare presidente del New York Stock Exchange, prima di essere chiamato, con un ingaggio degno di un calciatore, sul ponte di comando della stessa Merrill.

D’altra parte, quello che si era visto sui mercati azionari europei non lasciava adito a dubbio alcuno sul fatto che l’ora delle decisioni più o meno fatali si stava irrimediabilmente avvicinando per Gordon Brown, Nicholas Sarkozy, Frau Merkel, mentre ancora non è chiaro quello che faranno Bermonti e Zapatero, ma è chiaro a tutti che sarà bene che oltre alla non secondaria questione della sopravvivenza delle principali banche domestiche si preoccupino di stendere una qualche forma di rete di salvataggio attorno a quei paesi dell’Est Europa che rischiano di trascinare nel baratro le maggiori banche europee che, negli ultimi anni, si sono spartite quelli che allora erano mercati creditizi molto, ma molto promettenti, facendo la parte del leone nello spartirsi la ricchissima torta di commissioni e marine da gestione denaro come nelle rispettive patrie non si vedevano da tempo.

Vediamo la possibile tabella di marcia delle decisioni prossime venture sulle due sponde dell’Atlantico e che dovrebbe prevedere il colpo di teatro della nazionalizzazione delle tre principali banche universali, con l’eccezione, forse, di quella J.P. Morgan-Chase che ha resistito meglio delle sue competitors agli alti marosi della tempesta perfetta, mentre sembra che resteranno private Goldman Sachs e Morgan Stanley, le uniche due superstiti dell’un tempo magico quintetto delle Big Five dell’investment banking.

Alquanto più arduo è capire cosa accadrà in Gran Bretagna, Germania e Francia, anche perché già tanto è stato fatto ed è molto difficile prevedere nei dettagli quali direzioni prenderà questa fase cruciale del processo di concentrazione, mentre quello che è certo è che, alla fine, non resteranno che un paio di grandi gruppi per paese e tutti saranno in qualche modo controllati dai rispettivi Stati ed è quasi certo che l’Italia e la Spagna entreranno in gioco solo nei tempi supplementari, in un week end prossimo venturo da collocare comunque nel non breve lasso di tempo che ancora ci separa dal G20/G21 previsto a Londra il prossimo 2 aprile.

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ .