lunedì 11 agosto 2008

L'autunno caldo di Cesare Geronzi!


La temporanea vittoria dell’anziano banchiere di Marino, Cesare Geronzi, in merito alla da lui caldeggiata conversione ad u in materia di governance societaria, rappresentata dall’abbandono del modello duale adottato da poco più di un anno da Mediobanca per tornare al molto più tradizionale Consiglio di Amministrazione più collegio sindacale potrebbe rivelarsi, in un breve volgere di tempo, né più, né meno che una classica vittoria di Pirro.

Non è oramai un mistero per nessuno che su questo non marginale argomento le opinioni di Geronzi e quelle dell’ex enfante prodige della finanza italiana, Alessandro Profumo, Chief Executive Officer di Unicredit Group, divergono come il giorno e la notte, il che, alla luce dell’altrettanto non marginale fatto che ad imporre Geronzi alla presidenza di Mediobanca era stato proprio lo stesso Profumo, lascia facilmente intuire che quello che si avvicina potrebbe essere davvero un autunno molto caldo per l’anziano banchiere di Marino, un uomo passato quasi indenne, almeno sino a questo momento, attraverso una sfilza di disavventure giudiziarie, due sospensioni dalla carica di presidente di Capitalia, seguite da altrettante reintegrazioni nell’incarico, ma anche una persona che gode di un vastissimo numero di amici ed uno altrettanto se non più vasto di nemici.

Non ho alcuna intenzione di ripercorrere gli avvenimenti che hanno caratterizzato il sistema bancario italiano negli ultimi venti anni, anche perché gli stessi hanno formato oggetto di ben cinque recenti puntate del Diario della crisi finanziaria (quelle pubblicate dal 20 al 24 di luglio), ma credo proprio che stavolta la schiera di avversari di Geronzi sia divenuta troppo numerosa anche per un personaggio che ha ben dimostrato di disporre di molte più delle tradizionali nove vite tradizionalmente attribuite ai gatti.

A scanso di equivoci, vorrei preliminarmente chiarire che, almeno per quanto mi riguarda, qualsiasi proposta che preveda l’abbandono del duale all’amatriciana è la benvenuta, in quanto ritengo fermamente che rappresenti uno dei non pochi errori commessi nel corso della stesura della molto mal riuscita legge per la tutela del risparmio definitivamente varata dal parlamento nel dicembre del 2005, una forma di governance che nulla ha a che vedere con la Midbestimmung tedesca o con l’analoga formula di governance scandinava, entrambe caratterizzate da forti elementi di cogestione tra l’impresa ed i suoi dipendenti, e non certo come uno dei soliti marchingegni spartitori italiani esclusivamente, o quasi, volti a dare i resti agli interessi più o meno vestiti dei suoi principali azionisti!

Come è noto ormai anche alle pietre di Roma, una delle ragioni principali della sconfitta dei disegni di Antonio Fazio, per tredici ani Governatore della Banca d’Italia, volti a contrastare con ogni mezzo, al di qua ed al di là delle previsioni legislative e regolamentari vigenti, le scalate di due banche italiane da parte dei gruppi stranieri che ne erano importanti azioniste, fu il gran rifiuto del suo amico di sempre Cesare Geronzi ad impegnare Capitalia in una ben più credibile azione di contrasto di ABN AMRO (sfortunatamente sua importante azionista), così come il Monte dei Paschi di Siena confermò il suo rifiuto a farsi carico di una contro OPA nei confronti dell’OPAS del Banco de Bilbao y Vizcaya sulla Banca Nazionale di Lavoro.

Ma il più volte ripetuto rifiuto di Rocca Salimbeni alle offerte allettanti provenienti da Via Nazionale non stupirono più di tanto il Governatore, il non possumus dell’amico Cesare ebbe un effetto devastante e spinse l’uomo di Alvito nelle braccia di Fiorani e di quell’accozzaglia di immobiliaristi efficacemente definiti dal più naif del gruppo, tale Stefano Ricucci, “i furbetti del quartierino”.

Gli effetti di una rottura così clamorosa tra i due vecchi amici furono catastrofici per la stessa reputazione della Banca d’Italia, forse sarebbe meglio dire per l’Italia, e posero l’anziano banchiere di Marino in rotta di collisione con l’allora ed ancor oggi presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, che pensava veramente di regolare i conti con quegli imprenditori un po’ snob che albergavano in Mediobanca, controllavano le Generali e, soprattutto, quel Corriere della Sera reo di non avergli mai fatto troppi sconti e di non avere scelto di appoggiarlo contro quel demone di Carlo De Benedetti che, via L’Espresso e La Repubblica, gli ha sempre sparato contro a palle incatenate.

Come l’inchiesta giudiziaria con inquietanti risvolti internazionali riguardante i rapporti del sistema bancario italiano ed internazionale con le entità finanziarie basate nella Repubblica di San Marino, anche questa è una storia che non verrà mai raccontata dai giornalisti embedded italiani, ma che soprattutto non verrà mai raccontata da uno che ne sa veramente tanto, quel Paolo Panerai che dell’anziano banchiere di Marino è così tanto amico da avere determinato in larga misura la rottura intervenuta tra questi ed il suo “uomo della pioggia”, quel Matteo Arpe che non solo era riuscito nella mission impossible di decuplicare in pochi anni la capitalizzazione di borsa di Capitalia, ma aveva anche impresso un’energica svolta in termini di discontinuità con le prassi capitoline imperanti sino alla sua assunzione effettiva del ruolo di capo di azienda.

Pur essendo stato affidato alle abili mani del più ascoltato “consiglieri” di Mediobanca, il progetto di Geronzi dovrà, nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, fare i conti con le opinioni non proprio collimanti del giovane e preparato Governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, con quelle del per la terza volta ministro dell’Economia e vera bestia nera dei banchieri italiani di ogni ordine e grado, Giulio Tremonti, e, the last but not the least, con l’ostilità ormai più che palese di Alessandro Profumo, che sembra realmente intenzionato a lavorarsi i soci bancari e quelli industriali di Mediobanca, con l’obiettivo neanche troppo celato di spezzare quel patto apparentemente di acciaio che lega i soci francesi all’attuale presidente del consiglio di sorveglianza, Cesare Geronzi.

Pur essendo vero che tra i soci industriali italiani presenti nel patto di sindacato che governa Mediobanca non è di piccola entità il gruppo che fa capo direttamente od indirettamente a Silvio Berlusconi, se fossi nei panni di Geronzi non farei del tutto affidamento alla determinazione di questo gruppo nel difendere a spada tratta le istanze di un personaggio che li ha già traditi una volta e che, per di più, non esercita più il controllo assoluto di una importante banca commerciale quale è certamente stata Capitalia, sì proprio quel gruppo bancario che l’anziano banchiere di Marino, quasi colto da una sorta di cupio dissolvi, ha irrimediabilmente venduto proprio alla Unicredit guidata da quell’Alessandro Profumo che potrebbe, come ha già fatto peraltro il suo collega e rivale Corrado Passera, finire per convertirsi sulla via di Arcore, completando il ribaltone in corso tra quei banchieri un po’ troppo Gauche Vuitton che tante noie hanno dato allo schieramento politico di centro destra guidato da Sivlio Berlusconi, per l’appunto!

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ , mentre rendo noto che sono stati pubblicati nei giorni scorsi gli atti dello stesso convegno, informando che gli stessi sono esportabili dal sito http://www.uil.it/ nella sezione del dipartimento di politica economica.