sabato 16 agosto 2008

Trichet è assediato dai governanti europei!


Non stupisce più di tanto che mentre il suo emulo Bernspan è alle prese con i suoi dubbi amletici sulla situazione alquanto assurda in cui si è infilato da solo con il suo panic cutting ed il più che anomalo livello dei tassi di interesse reali a breve, il Maestro Greenspan, come nota un po’ perfidamente il Washinton Post, invece di trascorrere amene vacanze e godersi la sua condizione di ottuagenario, non fa che passare da un microfono ad un altro, da un intervista ad uno strapagato speech, non importa il luogo o il consesso nel quale esibirsi non come il valente clarinettista che pure sembra sia, bensì come una sorta di oracolo dalle cui labbra sono ancora in molti a pendere.

Delle sue innumerevoli dichiarazioni, vale forse la pena sottolineare la sua ultima previsione sul mercato immobiliare statunitense, per il quale il Maestro non vede in alcun modo possibilità di recupero sino ad almeno la metà del 2009, non fosse altro che per la necessità di smaltire quelle 800 mila unità abitative in eccesso da lui menzionate e che fanno ricordare la sua proverbiale d un po’ maniacale attenzione agli aspetti microeconomici con i quali deliziava due volte l’anno, ogni volta per due giorni di seguito, i senatori della potente commissione bancaria del Senato degli Stati Uniti d’America.

Lanciando un estemporaneo e molto ambizioso piano di interventi pubblici da 40 miliardi di euro volto a contrastare i cupi nuvolosi recessivi che rischiano seriamente di compromettere l’effervescenza dell’economia spagnola, Luis Zapatero ha unito la sua lamentazione nei confronti del comportamento della Banca Centrale Europea agli ormai abituali alti strali che il connazionale del presidente della stessa, l’ultradecisionista Nicolas Sarkozy, lancia da molti mesi, chiedendo anche lui a gran voce che il germanizzato Trichet ed i suoi colleghi neotemplari del Board dell’istituto con sede a Francoforte si decidano a ridurre i tassi di riferimento per contrastare lo scivolone sempre più evidente delle economie dei paesi dell’Unione Europea, area nella quale si registra nel secondo trimestre un chiaro segno meno che non è più profondo solo per la crescita dei new comers.

L’adesione del simpatico premier spagnolo al coro delle prefiche europee è certamente un fatto che dispiace, anche perché denota come anche lui non sembri in grado di comprendere quanto stia pesando nella crisi finanziaria virulentemente in atto quella lack of governance e quel’ostinato premio al moral hazard che caratterizza in modo sempre più chiaro le autorità monetarie e governative statunitensi e quanto, rispetto a ciò, sia veramente meritoria l’azione molto decisa della BCE che, almeno a mio modesto avviso, non fermerà la sua azione di inasprimento del tasso di riferimento sino a che non sarà stato ricreato un cuscinetto di almeno 100 punti base tra questo ed il molto arrembante tasso di crescita annualizzato dei prezzi al consumo.

Più volte, nelle puntate precedenti, ho ironizzato sul desiderio neanche troppo nascosto di Jean Claude Trichet e dei suoi colleghi di mostrarsi degni della storica tradizione della Bundesbank, ma credo proprio che la drammaticità della situazione esistente sul mercato finanziario europeo, così come su quello mondiale, renda oltremodo necessaria la sordità della BCE di fronte alle pur comprensibili esigenze dei governi dei paesi membri dell’area dell’euro, mentre non sono affatto d’accordo, e non solo per motivi legati alla mia principale condizione professionale, all’ostinazione prevalente a Francoforte nel voler mantenere le rivalutazioni salariali al di sotto del tasso effettivo di inflazione, non fosse altro che per la semplicissima ragione che le imprese pubbliche e private non sono tenute a rispettare questo vincolo nella loro autonoma determinazione dei listini, così come non lo sono i lavoratori autonomi ed i professionisti.

L’altro aspetto della posizione della BCE, ma in fondo di tutte le banche centrali dei paesi maggiormente industrializzati, che continuo a non condividere è data dalla pervicace ostinazione nel cercare di supportare ad ogni piè sospinto la valuta statunitense che, al di la della storica fase agostana, non ha motivo alcuno di apprezzarsi né nei confronti dell’euro, né nei confronti dello yen o della sterlina, mediante interventi che cercano di contrastare il naturale processo di erosione che ha molti e fondati motivi di proseguire, in particolare alla luce dei disastrosi fondamentali dell’economia statunitense dei quali ho troppo parlato per ritenere opportuno tornarci sopra anche oggi.

Il netto recupero delle quotazioni delle principali banche di investimento e delle banche commerciali più o meno globali appare sempre il combinato disposto di accorti acquisti di azioni proprie e dell’ingente flusso di disinvestimenti degli investitori istituzionali e di altri importanti soggetti dal mercato dei derivati sul petrolio e le altre materie prime, derrate alimentari comprese, un processo che si è svolto sinora in modo alquanto ordinato e coordinato ma che sta testando sempre più seriamente de livelli di supporto oltre i quali potremmo assistere ad un vero e proprio fenomeno di panic selling che, unito a quanto sta avvenendo nel comparto finanziario del mercato azionario ed ancor più nel mercato immobiliare, darebbe origine ad una sesta ondata della tempesta perfetta rispetto alle quale le cinque precedenti rischiano di apparire come modesti sommovimenti dell’acqua del mare.

Ma come, si chiederanno i più attenti tra i miei pochi ma sinora affezionati lettori, la manacata proroga dell’assura ed asimmetrica misura imposta da Effe O Ixs a difesa delle quotazioni delle diciannove maggiori entità finanziarie operanti nel mercato finanziario statunitense non doveva aprire a veri e propri sfracelli delle quotazioni di Lehman Brothers, Fannie Mae, Freddie Mac e di un’altra dozzina di banche statunitense ed europee, in particolare dell’extracomunitaria e molto malmessa UBS?

Per rispondere, ritengo opportuno partire proprio dalle sempre più frequenti disavventure in terra americana di quest’ultima, che ha visto ieri un ‘altro Stato, il New Hampshire, unirsi alla schiera degli accusatori per i suoi comportamenti nelle cosiddette auction-term securities, stavolta a danno di un organismo basato nel suddetto Stato e che si occupa di finanziamenti agli studenti universitari, per dire che una Federal Reserve degna della tradizione precedente alla lunga gestione di Greenspan ed a quella veramente disastrosa di Bernspan starebbe seriamente considerando se esistano i presupposti che consentano alla multinazionale del credito con sede nella Confederazione elvetica di continuare a poter esercitare negli Stati Uniti d’America, alla luce dell’ormai infinito elenco di capi di imputazione che le vengono mossi da una schiera di procuratori generali operanti in così tanti distretti giudiziari, accuse che, lo ricordo per i più smemorati, vanno dalla frode all’esportazione illegale di capitali, dalla complicità nell’evasione fiscale perpretata da almeno 20 mila suoi clienti statunitensi al possibile riciclaggio di denaro di provenienza illecita, per fermarsi solo alle principali tra le accuse mosse ad UBS, You & US!

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ , mentre rendo noto che sono stati pubblicati nei giorni scorsi gli atti dello stesso convegno, informando che gli stessi sono esportabili dal sito http://www.uil.it/ nella sezione del dipartimento di politica economica.