giovedì 14 agosto 2008

Riusciranno i topi a non mangiare il formaggio?

La lunga intervista che la molto chiacchierata anchorwomen di CNBC e colonna di Business Week, Mary Bartiromo, ha fatto al nuovo Chief Executive Officer di Merrill Lynch ed ex numero uno del New York Securities Exchange, nonché ex top manager della potente e preveggente Goldman Sachs, John Thain, rappresenta un capolavoro di giornalismo embedded alla logica del capitalismo finanziario, peraltro subdolamente travestito da giornalismo aggressivo e senza né sconti, né sudditanza nei confronti di uno degli uomini più potenti dell’alquanto malandato mercato finanziario statunitense.

Non voglio annoiare i miei pochi ma affezionati lettori sulle vere e proprie contorsioni di Mary o sulle palesi imbeccate all’intervistato, ma non posso non riportare quasi letteralmente il nocciolo duro di quella che si candida ad essere l’intervista più mirata e più lungamente preparata della non proprio brillante epopea di un giornalismo economico che non si pone per nulla il problema di chiarire dove finisce l’attività tipica dell’ufficio stampa di una corporation e dove inizia quella del giornalista indipendente.

Ebbene, la questione che la molto “coraggiosa” Bartiromo pone al molto conciliante e rassicurante Thain è addirittura quella del vero valore di quella roba molto tossica che sono le CDO delle quali il nostro si è liberato vendendo oltre 30 miliardi di dollari di nominale al prezzo di 22 centesimi per dollaro, mentre per trimestri e trimestri la sua, come peraltro la maggior parte delle banche di investimento e delle banche commerciali che ne hanno a tonnellate nei loro bilanci, giurava e spergiurava che era solo per la pervicace volontà degli investitori di ogni ordine e rango a non volerne proprio più sapere di questi come degli altri titoli della finanza strutturata che il mercato era divenuto del tutto il liquido, una sorta di versione revisionata della antica favola del lupo e dell’agnello.

Se la domanda si commenta da sola per la sua apparente stupidità, la ponderata e pensosa risposta di Thain è di quelle che fanno capire perché si sia meritato pienamente un premio di ingaggio da 15 milioni di dollari ed un contratto superblindato che certo non prevede per il nostro problemi economici quando verrà messo, più o meno bruscamente, alla porta, una risposta che sostanzialmente dice che il valore della cartaccia venduta è proprio quello pagato, anche alla luce del rilevante importo, dall’unico compratore, peraltro pressoché integralmente finanziato dal venditore e che ha spuntato qualche clausola di riacquisto da parte di Merrill se le cose andassero molto, ma molto peggio di quanto sia oggi ragionevole presumere.

Se non avessi inibito per tempo la possibilità dei lettori di esprimere commenti su quanto scrivo, sono certo che sarei sommerso di e-mail che mi ricorderebbero la somiglianza di una simile struttura a quella delle Trevi 1, Trevi 2, Trevi 3 e via discorrendo di Geronziana memoria, anche dette le cartolarizzazioni all’amatriciana o, come sarebbe più corretto definirle, con l’elastico, operazioni che avevano il difetto di non allontanare mai definitivamente il rischio dall’entità che procedeva alla cartolarizzazione e che rappresentarono quasi un koan zen per Matteo Arpe quando si trovò la patata bollente tra le mani, ma che rappresentarono una di quelle irripetibili lezioni al contrario che forse fecero maturare in lui la determinazione di tenersi debitamente alla larga dalle allettanti sirene delle investment banks e delle banche più o meno globali, quando bussarono anche alla porta di Capitalia con il carniere pieno delle prede raccolte nelle altre banche italiane ed europee (vedi, al proposito, quanto dichiarato dal diretto interessato nell’intervista concessa al capo redattore economico de L’Espresso, Paola Pilati, dal titolo Arpe Diem).

Ma la parte più piccante e ficcante dell’intervista della Bartiromo è rappresentata dalla domanda che le frullava in testa da quando decise di intervistare la sfinge Thain, ben sapendo che sarebbe stato oltremodo lieto di soddisfare la sua curiosità, una risposta dalla quale potrebbe dipendere la vita o la morte delle maggiori concorrenti di Merrill Lynch, anche perché l’intervista è stata rilasciata soltanto poche ore prima dello scadere dell’assurda ed asimmetrica regola decisa dal resuscitato Effe O Ixs che cercava di proteggere in ogni modo le maggiori diciannove entità operanti nel mercato finanziario statunitense sotto attacco da mesi da parte di un folto gruppo di investitori che, seguendo l’esempio di David Einhorn, stanno vendendo allo scoperto tutto il vendibile e che, grazie al “corso forzoso” delle azioni delle suddette 19 entità, hanno nell’ultimo mese speculato alla grande sul più che prevedibile rialzo, il che ha consentito loro di presentarsi all’appuntamento odierno “più forti che pria”.

La domanda di Mary, in buona sostanza mirava a sapere dal CEO di Merrill quale avrebbe dovuto essere il comportamento dei concorrenti in possesso di altrettante tonnellate di questi prodotti tossici (la definizione è di Thain) e a risposta, al di là di qualche balletto formale, non poteva che consistere nel consiglio di fare come aveva fatto lui!

Peccato che, volendo accogliere in pieno il suggerimento molto interessato di John, un terzo almeno delle diciannove entità temporaneamente protette da Effe O Ixs sarebbero costrette a correre a chiedere la protezione della ancor oggi molto accomodante legge fallimentare statunitense, scegliendo quasi a caso a quale Chapter della stessa fare riferimento, purché tenga a debita distanza l’orda famelica dei creditori, inclusi quei clienti che stanno in questi giorni cullandosi nell’illusione di poter rivendere alle banche le auction-term securities sbolognate loro sino all’inizio di marzo dell’anno di grazia 2008, restituzioni molto opportunamente rinviate, nei deals già sottoscritti, all’inizio del prossimo anno, con il molto spiacevole corollario che il perfezionamento dell’obbligazione verrebbe vanificato dall’eventuale fallimento dell’obbligato.

Stupisce lo stupore per la flessione delle vendite al dettaglio negli Stati Uniti d’America nel mese di luglio, a due soli mesi dall’incasso da parte dei contribuenti dei 165 miliardi di dollari loro restituiti in virtù del provvedimento del tutto bipartisan che puntava a dare loro ossigeno sufficiente per ridare slancio alla domanda, ma che, come tutti solo oggi riconoscono, ha finito per rappresentare la classica goccia d’acqua nel deserto di una considerevole quota delle famiglie in perenne ritardo con i pagamenti del mutuo, del credito al consumo o di quella micidiale invenzione rappresentata dalle carte di credito revolving.

L’aspetto un po’ tragico di quanto sta avvenendo è rappresentato dal fatto che lo scenario che si va delineando era perfettamente prevedibile già un anno fa, anzi era stato previsto dai principali responsabili del disastro in corso pochi mesi dopo la provvidenziale, almeno per Wall Street, assunzione della carica di ministro del Tesoro USA da parte del numero uno di Goldman Sachs, Henry Paulson, nel giugno del 2006, una prima mossa verso quella catena di decisioni che, come direbbe Giulio Tremonti, ha portato un bel gruppetto di topi a guardia del formaggio!

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ , mentre rendo noto che sono stati pubblicati nei giorni scorsi gli atti dello stesso convegno, informando che gli stessi sono esportabili dal sito http://www.uil.it/ nella sezione del dipartimento di politica economica.