Il Sole forte ed alquanto imprevisto di questa domenica di fine ottobre mi induce a ritenere che la tempesta perfetta in corso da poco meno di quindici mesi ed i suoi devastanti effetti sulle maggiori protagoniste del mercato finanziario globale e, da qualche settimana, anche sull’economia reale siano solo un brutto sogno, sarebbe meglio dire un nightmare, come gli anglosassoni definiscono un incubo, ma, purtroppo, un rapida occhiata alle pagine web mi ricorda che è tutto vero e che lo sfacelo che abbiamo di fronte presumibilmente non rappresentano che l’anteprima di quello che ci aspetta nel futuro prossimo venturo.
Sarebbe, a questo punto, utili chiedere ai capi di Stato e di governo europei reduci dall’ennesimo summit di questi ultimi mesi, quello che ha riunito quaranta, dicasi quaranta, paesi europei ed asiatici (partorendo peraltro il primo fondo di salvataggio intergovernativo in quella lontana area del pianeta ed una conclamata identità di vedute tra leaders che più diversi tra di loro non potrebbero proprio esserlo), la classica domanda che riguarda il chi siamo, da dove veniamo e dove, soprattutto, andiamo, anche perché credo che anche il duo Brown-Sarkozy inizi ad avere qualche problema, in piccola parte dovuti al jet lag, ma in larga misura connesso alla tristissima constatazione che le loro intelligenti ed opportune misure siano giunte davvero troppo tardi per invertire il trend e far tornare quella dose minima di fiducia tra gli alquanto terrorizzati risparmiatori/investitori di tutto il mondo.
Certo, le banche centrali, in particolare quella guidata dal germanizzato Jean Claude Triche e da quel manipolo di neotemplari che siedono nel prestigioso board in quel di Franfurt am Mein, qualche munizione in termini di riduzione dei tassi di interesse ufficiali, così come non tutte le munizioni contenute nella Santa Barbara da migliaia di miliardi di euro sono state utilizzate per prendere manu militari il controllo delle principali banche europee e mentre Hank Paulson ha dichiarato, bontà sua, che l’ingresso dei fondi federali nel capitale di altre venti banche statunitensi, dopo quello per 125 miliardi di dollari effettuato nelle prime nove protagoniste del settore del credito a stelle e strisce, verrà comunicato al mercato dalle singole banche e non da un editto del Tesoro, anche se si tratta di una delicatezza che poco toglie alla questione in quanto vi è un vero e proprio diluvio di indiscrezioni e rumors sull’identità delle venti prossime beneficiate.
Nel frattempo, a pochi giorni dalla chiusura delle urne per le elezioni che non riguardano solo l’identità del nuovo inquilino, con contratto quattro più quattro (se, agli occhi dei suoi concittadini, si sarà comportato bene), ma anche quella dei senatori, dei deputati, governatori di numerosi Stati, di un profluvio di contee, municipalità, sceriffi e giudici di ogni ordine e grado, infuria la polemica dei candidati, soprattutto repubblicani contrari fino in fondo al piano Paulson in salsa Pelosi, i quali sbraitano su tutti i media che è solo in base ad un cavillo interpretativo che i primi 250 miliardi di dollari vengono utilizzati per occupare le banche, cacciando molto spesso i loro amministratori e ponendo limiti alle remunerazioni dei sopravvissuti, mentre il testo originario di tre paginette redatto dall’ex (?) investment banker dal 2006 prestato alla politica prevedeva solo un maxi regalo da 700 miliardi di dollari che si estrinsecava nell’acquisto da parte del Tesoro dei titoli della finanza strutturata che oramai si vendono anche a soli 10 centesimi per dollaro a prezzi anche di 50 se non 65 centesimi per dollaro, un’impostazione davvero vergognosa e che, per fortuna, è stata modificata in extremis grazie alla diversa impostazione seguita dai leaders europei!
Mentre l’ingresso in forze è già avvenuto, anche se non è stato del tutto completato, in Gran Bretagna, Francia, Belgio Olanda e Lussemburgo, mancano ancora all’appello paesi importanti dell’Unione Europea, quali la Germania e l’Italia, mentre, pur avendo provveduto a predisporre il relativo fondo, il governo Zapatero continua a prendere per buone le rassicurazioni che gli giungono dai quartie generali delle due principali banche iberiche, mentre in Germania è stata solo la quarta banca privata a richiedere un ingresso nel capitale per poco meno di sei miliardi di euro, mentre continuano a tacere i vertici della Deutdche Bank e di quella Commerzbank cha ha da poco acquisito il braccio bancario di Allianz, la Dresdner Bank, rendendo così la potentissima compagnia di assicurazione il suo primo, e di gran lunga, azionista.
Ovviamente, a nessuno sfugge come l’intervento degli Stati nel capitale delle banche stia avvenendo seguendo un preciso disegno strategico che punta ad individuare uno o due soggetti che, alla fine dei giochi, dovranno aggregare intorno a sé le banche più mal messe e/o più invise agli attuali detentori del potere politico nei rispettivi paesi, un disegno che consentirà al bellicoso e decisionista Nicolas Sarkozy di giungere a quella resa dei conti con alcuni dei top bankers d’Oltralpe che non ha mai fatto mistero di detestare cordialmente, come quel Daniel Bouton che ha invitato ripetutamente a togliersi dai piedi e che ora è marcato a vista da un Chief Executive Officer nuovo di zecca e che non perde occasioni per far capire all’interno ed all’esterno del suo gruppo bancario di essere tutto fuorché una cratura dell’ex numero uno di Socgen, attualmente incatenato all’unica poltrona che gli è rimasta, quella di presidente senza deleghe.
Altrettanto chiari, almeno credo, dovrebbero essere i progetti del duo formato da Mario Draghi e Giulio Tremonti, rispettivamente, Governatore della Banca d’Italia, nonché presidente del Financial Stability Forum il primo e per la terza volta ministro dell’Economia il secondo, piani che vengono visti con estrema apprensione ai piani alti di Piazza Cordusio, Rocca Salimbeni in quel di Siena, a Verona ed a Piazzeta Meda, mentre Corrado Passera, Chief Executive Officer di Intesa-San Paolo sembra dormire sonni molto più tranquilli, fidando e confidando nei meriti acquisiti dopo la sua repentina ma molto tempestiva conversione sulla via di Arcore, una fedeltà peraltro messa alla prova nella sua performance pre e post elettorale sul caso Alitalia.
M alle più che giusitificate preoccupazione dei maggiori top bankers italiani si aggiungono ora quelle degli autoreferenziali vertici delle Fondazioni di origine bancaria che vedono apparire sui giornali intenzioni governative molto funeste su quel gruzzoletto stimato in 73 miliardi di euro che rappresenta il patrimonio delle “loro” creature e che fa molta gola a quel Robin Hood o Sceriffo di Nottingham, a seconda dei punti di vista, di Giulio Tremonti, uno che le Fondazioni non le ha davvero mai amate!
Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ mentre gli atti del convegno sono esportabili dal sito http://www.uil.it/ nella sezione del dipartimento di politica economica.