domenica 19 ottobre 2008

La rivincita postuma di John Maynard Keynes!


Mentre saranno a colloquio in questo ennesimo week end di non riposo, George W. Bush, Nicholas Sarkozy e Il presidente della Commissione dell’Unione europea ed ex premier portoghese, Manuel Barroso, farebbero bene a pensare all’emblematica vicenda di Judy Katz, un’alquanto anonima investitrice newyorkese che, come riferisce un’agenzia di stampa a stelle e strisce, ha deciso all’inizio di ottobre di scendere dall’ottovolante che è oramai diventato il mercato azionario statunitense, liquidando l’intera sua posizione e lasciando sul terreno 200 mila del suo gruzzolo di 1.200.000 dollari, pur di porre al sicuro il milione residuo sul suo conto corrente che le garantisce un misero 2 per cento ma l’assoluta integrità del suo capitale (ovviamente, se ha avuto l’accortezza su quattro diversi conti presso altrettante banche, alla luce dei nuovi limiti di garanzia offerti dalla Federal Deposit Insurance Corporation) e che, nonostante le azioni che aveva in portafoglio siano da allora risalito del 5 per cento, non è affatto pentita della sua scelta e sostiene che non tornerà mai più a mettere i suoi sudati risparmi in quella sorta di roulette che è diventato il mercato finanziario statunitense, vera costola di quel mercato finanziario globale che lo stesso Sarkozy ed il suo omologo tedesco ed un tempo molto distratto numero uno del Fondo Monetario Internazionale ebbero a definire alcuni mesi orsono come del tutto impazzito.

So benissimo che ai tre altissimi esponenti politici impegnati in un ennesimo summit della sorte dei risparmi di Judy Katz non importa un fico secco, eppure ritengo che il vertice dei capi di Stato e di governo dei maggiori paesi industrializzati, più, almeno così pare, una pattuglia di paesi che, almeno alla luce delle loro rilevantissime riserve valutarie legate ai loro altrettanto rilevanti avanzi commerciali, non è proprio più possibile relegare al rango di paesi emergenti, che hanno deciso proprio ieri di convocare forse negli stessi Stati Uniti d’America, con l’ambizioso obiettivo di riscrivere le regole a suo tempo venute fuori da Bretton Woods e dai successivi peggioramenti di quell’accordo già di per sé molto asimmetrico e del tutto dollarocentrico, sarebbe bene che fosse chiamato a riflettere sullo stato d’animo delle centinaia di milioni di persone che, come Judy, ben difficilmente recupererà quel grado di fiducia nel sistema finanziario globale se non verranno adottate misure tali da garantire loro che quello che è accaduto negli ultimi decenni non possa ripetersi più in futuro e, soprattutto, che i responsabili dell’immenso disastro attuale si trovino in condizione di non nuocere più ad alcuno.

Non stupisce, peraltro, che Judy e tanti come lei abbiano preso la stessa decisione assunta dai tre maggiori hedge funders statunitensi, che, incuranti degli ottimi affari che, grazie alla loro expertise ed agli strumenti tecnici che hanno a disposizione, sarebbero facilmente ottenibili in sedute caratterizzate dall’altissima voltatilità come sono quelle di queste ultime settimane, tre veri e propri uomini d’oro rotti a tutte le altalene finanziarie degli ultimi anni, se non decenni, che hanno messo al sicuro la bellezza di 63 miliardi di dollari, rinviando all’inizio dell’anno prossimo qualsiasi decisione di operatività su azioni ed obbligazioni o quant’altro e non lo hanno certo fatto per il timore che i grandi della Terra decidano finalmente di adottare misure in grado di controllare anche questo finora molto proficuo segmento di attività che, soltanto nel giugno dello scorso anno, Mario Draghi ed il Financial Stability Forum da lui presieduto decisero che fosse perfettamente in grado di auto regolarsi, dando a loro tre e ad una marea di investitori istituzionali, incluse le banche più o meno globali e le maggiori compagnie di assicurazione, la possibilità di cercare di rifarsi delle perdite a raffica subite nel corso della tempesta perfetta già allora da molti mese virulentemente in corso, giocando spudoratamente al rialzo sul mercato dei derivati sulle materie prime più o meno energetiche, derrate alimentari, purtroppo, incluse!

Pur in questo clima di frenetico attivismo di governi e banche centrali ed in presenza di programmi di spesa per migliaia di miliardi di dollari finalizzati a stendere una rete di sicurezza intorno alle banche di ogni ordine e grado, non ho sentito levarsi alcuna voce volta a perseguire nelle sedi opportune, incluse quella giudiziaria, quello che è stato un autentico crimine contro i consumatori dell’intero orbe terracqueo, un fenomeno di aggiotaggio continuato ed aggravato che ha provocato rivolte nei paesi in via di sviluppo ed ha contribuito a peggiorare ulteriormente le condizioni di vita di miliardi di persone al fine di rimettere in ordine i conti dei fondi pensione e dei fondi di investimento che hanno perso ed ancor più perderanno, almeno secondo le stime degli economisti del Fondo Monetario Internazionale, i due terzi dei 1.400 miliardi di dollari che dovrebbero rappresentare il conto finale della tempesta perfetta, un conto già moltiplicato per 14 volte dalle stime iniziali e che potrebbe essere ancora sottostimato.

Mentre mancano oramai poco più di due settimane all’election day forse più atteso nella più che bicentenaria storia degli Stati Uniti d’America, aumenta, ogni giorno che passa, il numero delle famiglie americane che si trova nella tristissima condizione di avere perso la casa o il lavoro, ed in pochi casi di averli persi entrambi, né stupisce che più di un’amministrazione locale della nazione più potente del mondo non abbia trovato soluzioni migliori che quella di predisporre ampi parcheggi per consentire ai nuovi homeless sino a poco tempo fa facenti parte della classe media di passare le notti nelle loro automobili trasformatesi nel loro ultimo rifugio, almeno per quelli tra di loro che hanno avuto la fortuna di vedersele pignorate dai solertissimi addetti al recupero crediti a causa dell’impossibilità di pagare la rata del prestito contratto per acquistarla.

Non so cosa che cosa ne pensano questi nuovi poveri dell’ennesimo scandalo a luci rosse che vede come protagonista il francesissimo numero uno del Fondo Monetario Internazionale, Dominique Strauss Kahn, con le medesime accuse a uo tempo mosse ad un ex falco dell’amministrazione Bush, Paul Wolkowitz, cui era stata data in omaggio la presidenza della Banca Mondiale, accuse ampiamente riportate oggi dalla stampa di tutto il globo e legate, stavolta, alla denuncia del marito della dipendente del FMI, a sua volta anche lui economista dell’organismo sovranazionale che, al pari della citata Banca Mondiale, rappresenta uno dei due pilastri proprio di quell’accordo di Bretton Woods partorito, malgrado la ferma e motivata opposizione di John Maynard Keynes, nell’amena località posta nel New Hampshire mentre il secondo conflitto mondiale era ancora in corso, un accordo che aveva la pretesa di disegnare un nuovo ordine economico internazionale più equo e che finì, invece, per crearne uno tagliato su misura sulle esigenze degli Stati Uniti d’America!

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ mentre gli atti del convegno sono esportabili dal sito http://www.uil.it/ nella sezione del dipartimento di politica economica.