sabato 4 ottobre 2008

Grazie all'approvazione del piano Bush-Paulson-Bernspan, Wells Fargo scippa Wachovia a Citigroup!


Sarà per l’allargamento ad ogni tema di interesse dei collegi elettorali, sarà per il pressing incessante del governo e della Casa Bianca sui riottosi deputati, sarà per l’attività di lobbing del settore finanziario e della contro catena di e-mail animata ad arte utilizzando le immense mailing list delle Investment Banks e delle banche più o meno globali, sta di fatto che il provvedimento di salvataggio del mercato finanziario statunitense è passato ieri anche alla Camera dei Rappresentanti, anche se è rimasta sulle barricate la maggioranza dei rappresentanti del Great Old Party ed una nutrita pattuglia di rappresentanti del popolo appartenenti al partito dell’asinello, ovviamente per motivi spesso diametralmente opposti tra i ribelli dei due schieramenti e con posizioni molto variegate anche tra i ribelli indossanti la stessa casacca di partito.

Certo, dalle tre paginette proposte con la solita arroganza e protervia che contraddistinguono Hank Paulson, l’investment banker “prestato” alla massima responsabilità del Tesoro degli Stati Uniti d’America, si è passati ad un corposo provvedimento delle dimensioni di un elenco telefonico che, al posto di nomi e numeri di telefono, riporta un infinito numero di provvedimenti utili a convinvere una buona parte dei ribelli, tanto da indurre uno dei migliori commentatori italiani delle cose americane, Vittorio Zucconi, a definire la legge appena approvata “la legge del porco”, in virtù dei corposi provvedimenti di sostegno del settore tanto caro agli elettori dell’america più profonda!

Al di là degli aspetti anche folcroristici di questo assalto alla diligenza possibile solo grazie allo stato di vero terrore in cui è precipitato l’attuale inquilino della Casa Bianca, ma, in certa misura, anche dell’atteggiamento molto ondivago sulla vicenda dei due principali pretendenti al diritto di abitare in quella stessa dimora con un contratto di quattro anni rinnovabili di altri quattro, in particolare di quel John Mc Cain che ha vissuto una delle sue tante conversioni dulla via di Wall Street, non vi è dubbio che oltre ai cambiamenti imposti al testo originario che forniva di fatto un assegno in bianco da 700 miliardi di dollari ad Hank ed ai suoi tanti amici, vi sono anche risposte alle esigenze degli spaventatissimi risparmiatori che, con l’elevazione della garanzia della Federal Deposit Insurance Corporation da 100 mila a 250 mila dollari, una misura dal costo potenziale non ancora quantificato (né ovviamente quantificabile), ma che permette al 96 per cento dei depositanti a stelle e strisce di tirare un sospiro di sollievo.

Tanto per restare sull’importantissimo tema delle garanzie ai depositanti, non stupisce la notizia di una consistente migrazione di depositi dalle banche del Regno Unito a quelle irlandesi, movimento che pare abbia avuto inizio dopo la discussa decisione del Governo irlandese di garantire tutti, ma proprio tutti, i depositi bancari esistenti nelle banche di quel verdissimo paese, che vantavano un outstanding di 400 miliardi di euro alla data della decisione governativa, un movimento che certo non viene visto di buon grado da quel trio alquanto improbabile composto da un Cancelliere dello Scacchiere perennemente dato in partenza, da un Governatore della Bank of England che si espose al pubblico ludibrio per la sua dilettantesca gestione del crak della Norther Rock ed al presidente della FSE che parimenti non brillò per efficacia ed efficienza in quella vicenda che vide il primo assalto agli sportelli di una banca britannica negli ultimi 166 anni!

La risposta del mercato azionario statunitense al varo di un provvedimento che, comunque lo si legga, non può che definirsi storico, non è stata, tuttavia, quella che molto si attendevano, in quanto il solido rialzo che ha preceduto la notizia si è trasformato, in un breve volgere di tempo, in consistenti perdite di buona parte della seduta ed in una chiusura in rosso di tutti e tre i principali listini di Wall Street, per non parlare poi della traslazione verso l’alto dell’intera curva dei tassi interbancari USA, un movimento che segnala un clima tutt’altro che distensivo tra le banche statunitensi e quelle più o meno globali ivi operanti, mentre, al di qua dell’Oceano Atlantico, si registrava l’ennesimo record dell’Euribor nelle scadenze ad uno e a tre mesi, quelle cruciali per i tassi indicizzati dei mutui e movimenti analoghi venivano registrati sui Libor relativi alla sterlina e ad altre importanti valute, fenomeno sensibile per i 350 mila miliardi di finanziamenti indicizzati, appunto, a questi tassi relativi a mercati che stanno diventando sempre più virtuali o, al più, del tutto autoreferenziali.

Questa solo apparentemente imprevedibile risposta degli operatori spiega, peraltro, l’andamento in netto rialzo dei Treasury Bonds ed il relativo calo dei loro rendimenti, ma non si può assolutamente l’impatto sulla reazione degli operatori derivante dai catastrofici dati pervenuti ieri e ieri l’altro dal sempre più depresso fronte dell’economia reale, con particolare riferimento agli ordini di beni durevoli e non all’industria e dell’uno due derivante dal numero dei sussidi settimanali richiesti e dello stock degli stessi e da un Non Farm Payrolls brutto come non si vedeva da cinque anni e che ha inchiodato il tasso di disoccupazione a quel 6,1 per cento che peraltro rappresenta solo una parte dell’effettiva disoccupazione statunitense, in quanto esclude i 2,5 milioni di detenuti ed i milioni di persone eslcuse od autoescluse dal mercato del lavoro statunitense.

Ma vi è una notizia che è riuscita ieri a guadagnare il suo posto tra quella relativa al varo del piano Bush-Paulson ed il Non Farm Payrolls, ed è quella relativa all’offerta di acquisto per 15,1 miliardi di dollari di Wachovia Bank da parte di Wells Fargo, un’offerta, prontamente accettata dai vertici della quarta banca commerciale statunitense, che rappresenta uno schiaffo a piena mano in faccia a Vikram Pandit, il giovane Chief Executive Officer di Citigroup, convinto che, grazie ai buoni uffici delle disponibilissime autorità federali, di essersi assicurato la polpa di Wachovia per un vero e proprio piatto di lenticchie del valore di 2 miliardi di dollari, meno di un settimo di quanto è stato messo sul piatto da Wells Fargo che non chiede neppure un dollaro di aiuti da parte del FDIC, con evidente sollievo della sua presidentessa che si è precipitata, nonostante il fuoco di sbarramento dei legali di Citi, ad affermare che prevarrà la proposta di acquisto più favorevole agli azionisti ed al pubblico interesse (e, aggiungo io, ci mancherebbe!)

E’ peraltro chiaro anche ad un bambino che la disponibilità della prima tranche di qualche centinaio di miliardi di dollari finalizzati all’acquisto dei titoli tossici consente di rivedere le prospettive delle entità più border line del momento, quali, appunto, Wachovia, ma anche Morgan Stanley ed un nutrito gruppo di banche regionali che, sino ad ieri, erano da considerarsi tecnicamente fallite e che ora possono sperare di cavarsela o di trovare un acquirente non ai prezzi di assoluto saldo che sarebbero stati loro offerti, prezzi conditi dal classico “o mangi questa finestra o ti butti dalla finestra” scelta che fu fatta da più di un protagonista della precedente tempesta perfetta, quella che ebbe luogo nel 1907, quando la Federal Reserve ancora non esisteva, in quanto vide la luce solo nel 1913, ma esistevano personaggi anche molto discussi ma di indubbio coraggio, quali John Pierpoint Morgan, in grado di risolvere in poche ore e rischiando del loro una situazione che prometteva sfracelli enormi!

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ mentre gli atti del convegno sono esportabili dal sito http://www.uil.it/ nella sezione del dipartimento di politica economica.