E’ stato ben presto svelato l’arcano del tonfo di ieri mattina delle principali banche francesi, con Socgen arrivata a perdere anche il 12 per cento sul rincorrersi affannoso di voci relative ad un’imminente ricapitalizzazione, ma con cali vistosi anche per BNP Paribas e Credit Agricole, il tutto mentre il CAC 40, l’indice dei principali titoli quotati alla borsa parigina, segnalava rialzi alquanto consistenti.
Solo in serata è giunto il comunicato ufficiale di Christine Lagarde, ministro francese delle finanze, che a poche ore dalla notizia della mega perdita su derivati della Caisse de Eparine, rendeva noto che il Governo aveva deciso la ricapitalizzazione delle principali banche francesi, mediante la sottoscrizione di prestiti subordinati per importi che vanno dai 3 miliardi di euro per il sofferente Credit Agricole, ai 2,55 miliardi per BNP Paribas, agli 1,7 riservati a Socgen e 1,1 miliardi alla già citata Caisse, il cui vertice è stato prontamente decapitato, mentre per questa come per le altre banche destinatarie dei finanziamenti è previsto un impegno maggiore nel finanziamento dell’economia, nonché il rispetto di una sorta di codice deontologico aggiuntivo rispetto a quelli già adottati e, come più volte ribadito dal molto decisionista Nicolas Sarkozy, l’annullamento dei bonus previsti per i vertici aziendali (mentre nulla si sa di quello che capiterà in merito ai dipendenti delle banche stesse) ed una maggiore morigeratezza nella fissazione delle remunerazioni.
La mossa della Lagarde è stata immediatamente gradita dal mercato che ha spinto al rialzo le quotazioni delle azioni delle banche francesi destinatarie dell’aiuto pubblico, anche se la modalità, quella del prestito subordinato in luogo dell’aumento di capitale riservato, non andrà ad incidere sul Core Tier 1, che, peraltro, almeno stando ai comunicati immediatamente diffuso dai quartier generali delle stesse banche, non desterebbe alcuna preoccupazione, mentre qualche preoccupazione, almeno stando alla mossa del governo, la desterebbe il credit crunch in corso, fenomeno comune all’intera area europea ed a quella statunitense, mentre non si hanno notizie al riguardo rispetto all’area asiatica, dove si segnalano i vistosi rallentamenti della crescita sia per la Repubblica Popolare Cinese che per l’India, rallentamenti che, tuttavia, continuano a fare correre queste due mega aree a ritmi di tutto rispetto, soprattutto ove confrontate con il clima recessivo che si respira abbondantemente al di qua ed al di là dell’Oceano Atlantico.
Dall’epicentro europeo della tempesta perfetta, la Gran Bretagna, non giungono notizie di nuove misure nei confronti delle banche maggiori, dopo la fulminea nazionalizzazione del colosso Royal Bank of Scotland, con relativa ed altrettanto fulminea decapitazione al vertice, e l’acquisizione di una quota azionaria rilevante di entrambe le entità che si apprestano a fondersi per dare vita al maggior erogatore di mutui del Regno Unito, la HBOS e la Lloyds TSB, anche perché la maggiore rivale di RBS ha orgogliosamente annunciato il ricorso per 6,5 miliardi di sterline ai propri azionisti, mossa ammirevole ma che non si sa per quanto sarà in grado di rinviare l’arrivo in forze degli uomini mandati da Gordon Brown per mettere in sicurezza questa come le altre maggiori banche, assicurandosi così preventivamente il successo del piano che lo ha rimesso in corsa nella prossima competizione elettorale, che potrebbe anche venire anticipata visto il clamoroso e quasi miracoloso recupero nei sondaggi registrato dal suo partito.
Restano avvolte, invece, dal mistero le vicende riguardanti il piano da centinaia di miliardi di euro stanziati dal governo di Frau Merkel, anche perché non è ancora ben chiara la platea ei destinatari in un paese che vede ancora il 70 per cento del mercato creditizio fare capo all’area pubblica, alla luce della presenza delle landesbanken e delle sparkassen, mentre, con riferimento alle banche private, un ulteriore processo di concentrazione porterebbe alla creazione di un’unica banca, in quanto già oggi, dopo la fulminea acquisizione di Dresdner da parte della Commerzbank ed il controllo di Postbank assunto dalla Deutsche, si è in realtà in presenza di un duopolio.
Non paga delle proprie disavventure, la Merrill Lynch appena salvata dalla bank of America, si è messa a dare le pagelle a tutte le banche competitrici, in particolare per quanto riguarda la delicatissima questione della adeguata o meno patrimonializzazione, che, ovviamente, viene dagli uomini e dalle donne alle dipendenze di John Thain ritenuta insufficiente nella maggior parte dei casi ed, altrettanto ovviamente, si parla di deficit miliardari da colmare a spron battuto, il che apre, ancor prima del giudizio che il piano adottato dal vertice dei capi di Stato e di governo attribuisce alle banche centrali dei singoli paesi partecipanti all’euro, la strada all’intervento della mano pubblica in pressoché tutte le maggiori banche europee basate al di qua ed al di là della Manica. Ovviamente, la necessità di ricapitalizzazione delle principali banche è all’ordine del giorno anche in Italia, necessità confermata dagli analisti di Merrill Lynch e, fra breve, anche da quelli che lavorano in Banca d’Italia, con particolare riferimento ai tre principali gruppi bancari basati nel nostro paese.
Mentre ferve l’attivismo di governi e banche centrali in Europa, bernspan e Paulson non ci stanno assolutamente a fare la parte dei pigri ed è di ieri la notizia che anche le principali banche a stelle e strisce devono iniziare a mettere nel conto l’arrivo in forze dei capitali di origine pubblica, con relativo corollario di regole e prescrizioni che i banchieri statunitensi valutano al pari di una malattia esantematica, ma che non è assolutamente possibile rifiutare a pochi giorni dalle elezioni presidenziali forse più importanti dal secondo dopoguerra e quando già si discute animatamente nei due quartier generali dei principali candidati alla Casa Bianca sul nome del candidato a detenere un enorme potere di vita e di morte sul mercato finanziario statunitense, vera costola di quel mercato finanziario globale a cui tutti, almeno a parole, vogliono mettere le briglie.
Tanto per indorare un po’ la pillola, sempre ieri Bernspan ed un nugolo di membri, più o meno votanti, del Federal Open Market Committee, nonché l’ormai onnipresente George W Bush, hanno fatto intendere che sarebbe pronto un nuovo e generoso pacchetto di stimoli fiscali a pioggia, evitando per l’ennesima volta di concentrare la loro attenzione su quella necessaria rinegoziazione dei mutui di recente ben descritta, in un suo intervento pubblicato dal settimanale L’Espresso, da Luigi Zingales!
Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ mentre gli atti del convegno sono esportabili dal sito http://www.uil.it/ nella sezione del dipartimento di politica economica.