lunedì 13 ottobre 2008

Verso una nuova Bretton Woods?


Confesso che, quando ho sentito, come decine di milioni di cittadini europei, il corrispondente della RAI da Parigi dire poco dopo le 20 di ieri sera che il summit dei capi di stato e di governo dell’euro zona era stato sospeso, sono andato a letto pensando che eravamo alle solite e che non sarebbe stato adottato il coraggioso piano in sei punti, uno in più di quelli contenuti nel, per una volta almeno, chiaro ed alquanto coraggioso comunicato finale del G7 finanziario svoltosi venerdì a Washington, e lasciando i leaders europei a provare a sbrogliare l’intricata matassa, forse resa ancora più intricata dalle insensate dichiarazioni che per buona parte di questi quattordici mesi di tempesta perfetta sono risuonate dalle loro bocche e da quelle dei loro omologhi d’oltreoceano, frasi come: “il peggio è ormai alle spalle”, “le banche sono solide”, “gli unici responsabili della crisi sono quelli che hanno chiesto mutui non avendo i requisiti per farlo”, “la colpa è degli speculatori”, “si vede la luce in fondo al tunnel” e via straparlando.

Purtroppo, la previsione si è puntualmente avverata, e, al di là di una riaffermata volontà di muoversi in modo coordinato, la realtà è data dalla riaffermazione del fatto che ogni paese annuncerà solo stamane le misure che intende prendere per dar fronte alla crisi del proprio mercato finanziario, cosa che avverrà in Italia, Francia, Germania e Gran Bretagna, mentre rimane assodato che non vi sono veti da parte della Commissione europea, né della Banca Centrale Europea, ad interventi dei singoli Stati volti a ricapitalizzare le banche maggiormente in difficoltà, a garantire per cinque anni le nuove emissioni obbligazionari (possibilità che dovrebbe venire meno alla fine del prossimo anno), mentre è certo che verranno modificate le attuali previsioni sul mark to market, anche se non è affatto chiaro quali saranno i nuovi criteri contabili destinati a sostituire quello che comunque rimane un principio di trasparenza dei bilanci delle banche e degli altri maggiori protagonisti del mercato finanziario a livello sia nazionale che globale.

La mancata approvazione di un’azione comune non era, tuttavia, del tutto scontata, anche alla luce dell’ottima notizia rappresentata dall’arrivo a Parigi del primo ministro britannico, Gordon Brown, che, pur non potendo partecipare al summit a causa della non partecipazione del suo paese all’euro, ha comunque voluto ragguagliare direttamente Sarkozy e gli altri partner europei sulle decisioni assunte dal governo di Sua Maestà per cavare le castagne molto arroventate dal braciere finanziario britannico, misure anticipate sul finire della scorsa settimana, ma arricchitesi, nel lunghissimo week end finalmente trascorso, di importanti dettagli, quali la nazionalizzazione di fatto del colosso dei mutui HBOS e della molto malandata Royal Bank of Scotland, mentre non si esclude che verranno annunciati già stamane nuovi interventi nelle altre sei maggiori entità creditizie operanti oltremanica, una visita che aveva un duplice significato, in quanto da un lato indicava una strada controversa ma certamente coraggiosa ai partners, ma sembrava anche indicare la consapevolezza britannica di una minore difesa del sistema finanziario del suo paese implicita nella auto esclusione dalla moneta unica!

Eppure, non erano mancate le speranze di un ammorbidimento delle riserve della Cancelliera tedesca legate a quanto era emerso nell’incontro ravvicinato con il decisionista Sarkozy in occasione del cinquantenario della pacificazione tra i due paesi che se le sono date di santa ragione nell’ultimo secolo dello scorso millennio, ma evidentemente le arti seduttorie del presidente francese sono un po’ appannate e la nuova dama di ferro ha mantenuto ieri sera il suo fermo rifiuto a qualsiasi indicazione di un plafond degli interventi che avrebbe visto la Germania nella molto scomoda posizione di maggior contribuente del pesante piè di lista che si profila, circostanza che ha consentito al germanizzato Trichet di affermare, che c’è ancora molto da fare, negando al suo rivale inquilino dell’Eliseo di portare a casa quello in cui aveva tanto sperato in quelle drammatiche ore e che avrebbe rappresentato per lui un indubbio successo diplomatico.

Non voglio con questo intrupparmi in quel commento che sembrava serpeggiare ieri in tarda serata nelle strade della Ville Lumiere, un molto amaro “troppo poco, troppo tardi!”, in quanto credo che lo sforzo fatto in queste ultime settimane dai ravveduti governanti e dagli altrettanto pentiti governatori delle banche centrali dei maggiori paesi industrializzati sia stato davvero uno sforzo enorme, anche se va detto che la sveglia data loro dai mercati è stata davvero senza precedenti e che ha letteralmente imposto loro l’agenda ed in gran parte le stesse misure da adottare in questo che verrà, al di là dei risultati concreti che verranno conseguiti, certamente ricordato dagli storici della tempesta perfetta come il fine settimana della risposta dei decision makers dell’occidente industrializzato alle emergenze sempre più chiaramente sul tappeto.

L’intervento dello Stato in quei gangli fondamentali del capitalismo che sono le banche e le compagnie di assicurazione, una misura che può anche essere nelle corde della Vecchia Europa, è davvero qualcosa di rivoluzionario per gli Stati Uniti d’America, una nazione che del neo liberismo ha fatto negli ultimi decenni la sua bandiera e che vede un investment banker puro come Hank Paulson chiamato a guidare il dirottamento di una parte rilevante dei “suoi” 700 miliardi di dollari verso l’acquisizione di quote, anche rilevanti, del capitale delle banche statunitensi, indotto a questa rivoluzione copernicana dalla sua consapevolezza, acuita dalla sua profonda conoscenza dei fenomeni sottostanti, che l’unica alternativa possibile sarebbe la chiusura di molte di queste, nonché di effetti veramente catastrofici per l’economia reale, effetti che già si vedono nel settore automobilistico ed in altri importanti settori manifatturieri statunitensi.

Un tutt’altro che rassegnato Sarkozy non ha accettato di abbandonare il palcoscenico senza tentare un ultimo colpo di teatro, lanciando un pressante appello a Bush ed agli altri extracomunitari, affinché venga indetta al più presto una conferenza internazionale avente l’ambizioso obiettivo della riscrittura pressoché radicale dell’ordine economico e monetario internazionale scaturite dalla storica conferenza tenutasi nel 1944 a Bretton Woods, una conferenza, quella proposta da Sarkozy, che rappresenterebbe una vendetta postuma del compianto John Maynard Keynes, nonché della ragione e del buon senso!

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ mentre gli atti del convegno sono esportabili dal sito http://www.uil.it/ nella sezione del dipartimento di politica economica.