martedì 14 ottobre 2008

L'inedito asse Brown-Sarkozy consentirà l'edificazione degli Stati Uniti d'Europa?


L’adozione da parte dei governi europei di quella che il bravissimo Federico Rampini ha giustamente definito l’arma nucleare ha sortito ieri i suoi primi effetti sui mercati che hanno fornito una risposta entusiastica alla forte assunzione di responsabilità degli Stati e delle autorità monetarie che hanno, seppure ad oltre un anno dall’inizio della tempesta perfetta, una cintura di sicurezza cifrabile in 2.300 miliardi di dollari, largamente superiore al piano di salvataggio a stelle e strisce di “soli” 700 miliardi a rate, ma, e forse soprattutto, adottando misure molto diverse da quelle originariamente contenute nel piano Bush-Paulson-Bernspan, in quanto quella a cui si assisterà nel Vecchio Continente (Gran Bretagna a pieno titolo inclusa) è, di fatto ed in parte di diritto, una vera e propria sostituzione dello Stato alle banche, con il primo che va ben al di là del suo ruolo di prestatore di ultima istanza e si prepara, almeno fino alla fine del prossimo anno, ad esercitare di fatto il credito “tramite” i consigli di amministrazione delle istituzioni finanziarie, a prescindere dall’ingresso o meno di suoi rappresentanti diretti negli stessi board of directors.

Va senza dubbio dato atto a Gordon Brown di essere molto più bravo nel ruolo di Cancelliere dello Scacchiere (l’equivalente del ministro dell’economia e delle finanze dei paesi “normali”) che in quello di primo ministro, così come va riconosciuta alla Gran Bretagna la capacità di apprendere la lezione degli errori commessi nei primissimi mesi della tempesta perfetta, quando, di fronte alle drammatiche scene avvenute all’esterno ed all’interno degli sportelli della Northern Rock, dimostrava veramente di non sapere che pesci prendere, dando il via alla più incredibile asta popolata da inappropriati pretendenti, per poi decidersi a procedere ad una nazionalizzazione di lunga durata di quella che era la quinta banca per erogazione di mutui e l’ottava per total assets.

Nella poco esaltante coda della vicenda di Northern Rock, sta tuttavia l’origine della presa di consapevolezza di Brown e compagni rispetto alle vere cause della crisi finanziaria più grande della storia e la loro decisione di prendere letteralmente il toro per le corna stanziando, in anticipo sugli allora ancora recalcitranti governi dell’euro zona, ben 500 miliardi di sterline, parte dei quali dichiaratamente volti ad entrare in forze nel capitale delle più che disperate banche britanniche, cosa che è già avvenuta nel gigante dei mutui HBOS e nella davvero malandata Royal Bank of Scotland, decisioni che i giornali attribuiscono ad un neo ministro, banchiere pentito e che sta svolgendo la sua attività di civil servant a titolo totalmente gratuito!

Non credo che la stampa ed i media in generale abbiano dato il giusto risalto del ruolo svolto dallo stesso Brown, nella davvero inusuale parte informale della riunione dell’eurogruppo, dal quale peraltro la Gran Bretagna è formalmente esclusa a causa del perdurante esercizio di una opting out che credo abbia davvero vita breve e che ha consentito la sopravvivenza della sterlina come moneta indipendente, perché è proprio in quello scambio di vedute che, grazie anche all’incondizionato appoggio di un Sarkozy determinato ad uscire dal week end con una soluzione forte, chiara ed efficace, che il premier britannico ha fatto breccia nelle forti resistenze della Cancelliera tedesca, che, pur mantenendo la sua opposizione al “fondo cassa comune”, ha deciso di aderire al progetto ed ha messo sul piatto 500 miliardi, di euro stavolta, fornendo il maggior contributo dopo quello britannico ai 2.300 miliardi di euro di cui parlavo all’inizio e che non includono l’impegno finanziario italiano che, come ha voluto sottolineare il per la terza volta ministro italiano dell’economia, Giulio Tremonti, saranno decisi volta per volta e caso per caso, anche al fine di non gravare sin dall’inizio sui già aggravati conti pubblici del Belpaese.

Vergin di servo encomio e di codardo oltraggio, nonché autore di una lettera aperta ai due contendenti delle prossime e non più così decise in anticipo elezioni legislative nel paese di Sua Maestà britannica, che rappresenta l’unica puntata in inglese del Diario della crisi finanziaria, credo proprio di poter dire che la più che necessaria evoluzione verso la realizzazione degli Stati Uniti d’Europa ha trovato nelle più che drammatiche ore di questo lunghissimo week end un inizio molto, ma molto promettente, ancor più perché l’impulso determinante è venuto dai governante del popolo che, a torto o a ragione, è considerato il più scettico rispetto ad una simile prospettiva e, forse proprio per questo, quello che potrebbe svolgere un ruolo insostituibile per realizzarla ove credesse che è solo grazie a loro che quei polentoni continentali possono individuare la strada per uscire dall’attuale marasma finanziario e, purtroppo, anche reale nel quale stiamo tutti insieme, a prescindere dal grado di entusiasmo per la costruzione della nazione europea che possiamo nutrire, anche perché che la costruiamo per convinzione o per paura di un futuro incerto non ha poi questa grande importanza!

Così come non ho dato grande risalto alla settimana borsistica peggiore vissuta dai mercati, così non cedo alla tentazione di esaltare il miglior avvio di settimana, proseguito stamane a Tokyo che ieri era chiusa per festività, che si ricordi, anche perché sono convinto che la strada da percorrere sia ancora molto lunga e non scevra di curve pericolose, consapevolezza che, una volta tanto, mi trovo a condividere con la maggior parte degli analisti e degli operatori più anziani, una prudenza tristemente dettata dalla permanenza di quella montagna di titoli della finanza strutturata, nonché di quell’arma di distruzione di massa rappresentata dai credit default swaps, che, insieme alla più che incerta sorte degli hedge funds e di altri investitori più o meno istituzionali, non consente di entusiasmarsi di fronte ad una rondine solitaria che, come si usa dire, non fa primavera.

Ciò non toglie che, dopo errori che verranno, almeno così mi auguro, studiati nei corsi post-graduates con altrettanta attenzione di quanta viene giustamente dedicata all’isuperabile “Arte della guerra” di Sun Tsu, si può tranquillamente affermare che i governi e le autorità monetarie hanno fatto finalmente quello che era nelle loro possibilità per rimettere il carro sulla strada, anche se è altrettanto indubbio come non sia più dilazionabile la riscrittura delle regole del codice della strada del credito e della finanza, così come non sarebbe saggio indugiare oltre nell’individuare le regole di un nuovo ordine economico internazionale caratterizzato da minori ingiustizie ed asimmetrie di quello uscito sessantaquattro anni orsono dalla Conferenza di Bretton Woods!

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ mentre gli atti del convegno sono esportabili dal sito http://www.uil.it/ nella sezione del dipartimento di politica economica.