domenica 12 ottobre 2008

Oggi verranno scritte a Parigi le nuove regole!


Se vi era un istituzione veramente sacra per quanti operavano nelle banche, nelle compagnie di assicurazione ed in tutte le altre entità a vario titolo coinvolte nel mercato finanziario, questa era rappresentata da quella pausa che iniziava il venerdì pomeriggio e si concludeva all’alba di ogni lunedì, una consuetudine rispettata in alcuni paesi da secoli ed in altri solo da qualche decennio e legata alla necessità di rispettare entrambe le pause settimanali previste dalla religione ebraica e da quella cristiana, mentre non ha ancora trovato adeguata considerazione sul mercato finanziario globale la considerazione per la giornata del venerdì, dedicata dai credenti islamici al riposo ed alla preghiera, circostanza che, assieme ad altre certamente più importanti, spiega lo scarso sviluppo della finanza anche in paesi di religione islamica beneficiati da una rilevante ricchezza finanziaria e l’insediamento a Londra ed in altri paesi europei di banche controllate da quei medesimi paesi.

Ebbene, da almeno quattordici mesi, la sacralità del week end è stata letteralmente infranta, con la settimana lavorativa dei protagonisti del credito e della finanza, dei regolatori, dei ministri economici e, purtroppo, almeno da alcune settimane, anche dei spesso incolpevoli risparmiatori/investitori, tutti impegnati a confrontarsi con le ondate sempre più alte di una tempesta perfetta senza precedenti e che non accenna affatto a placarsi pur essendo in corso dal 9 agosto del 2007 per il grande pubblico, ma che era stata avvistata da alcune grandi istituzioni finanziarie quasi due anni prima, non fosse altro che per il semplice fatto che buona parte dei fenomeni alla base della crisi finanziaria erano stati partoriti proprio dall’evoluzione esponenziale della loro attività!

Appartenendo a pieno titolo alla schiera delle persone costrette ad essere vigili ed attive anche nei giorni destinati al riposo, come testimoniato dalla cadenza del Diario della crisi finanziaria, posso tranquillamente dire che questo non si presenta come quelli che lo hanno preceduto, in quanto si è aperto con il primo G7 finanziario non conclusosi con un documento finale fumoso e di scarso impatto sui fenomeni sottostanti, è proseguito con una chiamata a raccolta dei ministri e governatori delle banche centrali dei medesimi paesi attorno al presidente degli Stati Uniti d’America, che, non pago di ciò, ha voluto partecipare, assieme al duo Paulson-Bernspan, ai lavori del G20, un consesso molto più allargato e, proprio per questo, molto più rappresentativo della platea delle istituzioni finanziarie e dei risparmiatori/investitori più immediatamente colpiti dagli alti marosi della tempesta perfetta in corso.

Ma il fine settimana non si chiude qui, in quanto, con ancora nelle orecchie le parole del direttore generale del Fondo Monetario Internazionale, che, sulla base delle evidenze fornitegli dai suoi economisti, vaticina che il sistema finanziario globale si trova sull’orlo del precipizio e che solo un esile diaframma lo separa dalla precipitazione della crisi finanziaria sempre più sistemica, gli stessi protagonisti europei del G7 e gli altri loro colleghi dell’euro zona si vedranno a Parigi per mettere in atto quanto previsto nei cinque punti del comunicato finale del vertice di venerdì, preceduti, come spesso accade, dalle decisioni unilaterali prese dal governo britannico, da quello francese e da quello tedesco, che, secondo indiscrezioni di stampa molto prevedibilmente del tutto pilotate dagli stessi decision makers, prevederebbero sin da domani il massiccio intervento in termini di ricapitalizzazione delle maggiori banche operanti in quegli stessi paesi, decisioni cui difficilmente potrà o vorrà sottrarsi il governo italiano e quelli degli altri paesi partecipanti all’odierno meeting parigino, preceduto da un cruciale incontro diretto tra Nicolas Sarkozy ed Angela Merkel, un incontro che sarebbe stato decisivo nel fugare i residui dubbi della cancelliera tedesca rispetto alla necessità di varare un mega intervento pubblico nel capitale della banche tedesche.

D’altra parte, la repentina inversione ad u intervenuta negli ultimi, drammatici giorni della scorsa settimana negli Stati Uniti d’America, dove, grazie ad un’interpretazione autentica parlamentare del piano di salvataggio approvato appena nove giorni orsono, Hank Paulson ha finalmente accettato il totale snaturamento di quel piano da lui stesso redatto assieme ai suoi più stretti collaboratori con lui legati da un sodalizio che nasce nella sede della molto potente ed altrettanto preveggente Goldman Sachs, una revisione radicale che vede, anche nella patria del più sfrenato liberismo, la nazionalizzazione, parziale o totale a seconda dei casi e delle necessità, di parte del sistema finanziario a stelle e strisce, unico antidoto credibile alla catastrofe incombente e, forse, l’unico modo per restaurare la fiducia dei risparmiatori/investitori in quelle istituzioni finanziarie che hanno perso in questi lunghissimi mesi il capitale, nonché la faccia!

Come ben sanno i maggiori banchieri e finanzieri operanti nei paesi che hanno oramai decisamente imboccato la strada della nazionalizzazione totale o parziale delle maggiori protagoniste dei rispettivi mercati finanziari, è previsto per loro un prezzo, a volte salato, da pagare a questa dolorosa scelta dei rispettivi governi, un prezzo che, almeno in alcuni casi, si tradurrà nel loro defenestramene visto come conditio sine qua non per un recupero, si spera rapido, della credibilità delle entità che hanno guidato per lungo o per breve tempo verso l’orlo di quel precipizio lugubremente evocato da Dominique Struass Khan nella sua conferenza stampa tenuta al termine dei lavori annuali del Fondo Monetario Internazionale nella lunghissima giornata di ieri in quel di Washington, District of Columbia, United States of America, Mondo.

L’utilizzo di parecchie centinaia, se non di alcune migliaia, di miliardi di euro e di dollari dei contribuenti non potrà non avere conseguenze sulla aspra contesa in corso per l’attribuzione ad uno dei due maggiori contendenti alla Casa Bianca, né potrà lasciare del tutto le cose come stanno anche in Gran Bretagna ed in diversi ed importanti paesi europei, ma, molto difficilmente, le conseguenze potranno fermarsi alla sovrastruttura politica, perché, come ha ben sintetizzato il per la terza volta ministro italiano dell’Economia Giulio Tremonti, adesso è venuto il momento di adottare nuove regole, seppure con l’ovvia difficoltà di non poterlo fare avendo un adeguato tempo a disposizione in un confortevole albergo posto al centro di un bosco, come accadde nel 1944 a Bretton Woods, ma pressoché istantaneamente e prima che i mercati asiatici aprano le contrattazioni domani, che poi sarebbe stanotte in Europa e in serata negli USA, regole che difficilmente saranno quelle immaginate da quelli che lui stesso ebbe a definire i topi posti a guardia del formaggio!

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ mentre gli atti del convegno sono esportabili dal sito http://www.uil.it/ nella sezione del dipartimento di politica economica.