Il provvedimento di salvataggio del sistema finanziario statunitense clamorosamente bocciato lunedì della Camera dei Rappresentanti è stato miracolosamente ripescato ieri dal Senato che, tuttavia, per dare il suo via libera a larga maggioranza ha preteso che venissero aggiunti sgravi fiscali per 110 miliardi di dollari e la previsione, dall’impatto finanziario ancora non calcolato, dell’elevazione da 100 mila a 250 mila dollari della garanzia assicurativa federale sui depositi, una misura questa assolutamente necessaria per evitare che si ampliasse la corsa al ritiro dei depositi da parte dei risparmiatori terrorizzati alla sola idea che la parte dei loro depositi eccedente quanto garantito dalla Federal Deposit Insurance Corporation, peraltro già a corto di quattrini, andasse letteralmente in fumo come è accaduto nei tredici fallimenti bancari già avvenuti, ma ancora più in quelli che potrebbero verificarsi in un prossimo futuro.
La decisione presa sempre ieri dal governo irlandese di garantire l’intero ammontare dei depositi dei risparmiatori presso il sistema bancario di quel relativamente piccolo Paese, nonché le decisioni prese in passato dal governo britannico nel caso della Northern Rock, testimonia quanto sia grande la preoccupazione dei decision makers al di qua ed al di là del sempre più stretto Oceano Atlantico, rispetto alle preoccupazioni crescenti dei depositanti sempre più preoccupati della virulenza e persistenza della tempesta perfetta in corso e sempre meno inclini a dare ascolto a quanti cercano di rassicurarli.
Essendo rimasto francamente sorpreso dalla ribellione dei deputati di entrambi gli schieramenti nei confronti dei pressanti inviti, si fa ovviamente solo per dire, provenienti dagli stati maggiori dei loro partiti, dal presidente in carica e dai due maggiori sfidanti nella corsa alla Casa Bianca, nonché della incessante e dispendiosa attività degli abili lobbisti di Big Finance, dichiaro l’assoluta incapacità di prevedere cosa accadrà venerdì alla Camera dei rappresentanti, quando i due terzi dei deputati repubblicani e i 95 democratici che avevano orgogliosamente difeso il loro rifiuto nei confronti del piano Bush-Paulson-Bernspan, seppure per motivi tra loro diametralmente opposti, saranno chiamati a modificare la loro decisione, quando mancheranno solo quattro settimane al giudizio delle urne e mentre si moltiplicano le catene di e-mail dei loro elettori per indurli a resistere ad oltranza a quello che, a torto o a ragione, viene giudicato il più grande regalo ai banchieri che, in particolare nell’America profonda, molti vorrebbero vedere trattati come i ladri di bestiame e i bari ai tempi del selvaggio West!
Comunque andrà a finire, una cosa è certa: il solco già profondo esistente tra Wall Street e le innumerevoli Main Street di cui è disseminato l’immenso territorio a stelle e strisce è ormai divenuto una profondissima voragine e non ho dubbi che i processi che lo sceriffo Cuomo e l’esercito dei suoi colleghi di numerose procure distrettuali stanno istruendo nei confronti dei top bankers e degli altri protagonisti al vertice delle maggiori entità operanti nel mercato finanziario statunitense, vera costola del mercato finanziario globale, avranno un audience molto ma molto più vasta di quella che ebbe il processo di O. J. Simpson, che pure è già negli annali dei media statunitensi come un benchmark difficile da superare e che divise quella grande nazione a metà come una mela.
Che banchieri, assicuratori, hedge funders, carry traders, scalpers, ribassisti di professioni e compagnia cantante finiscano dalle stelle alle stelle, dagli esclusivi condomini di Manhattan, Londra, Parigi e delle altre principali piazze finanziarie alle scomode brande di una cella per il numero molto variabile di anni previsti dalle diverse legislazioni esistenti in questi paesi, non è un argomento che mi appassioni più di tanto, anche perché credo che la peggiore condanna per queste donne e questi uomini sia rappresentata dal crollo del mondo magico e dorato nel quale sono cresciuti ed ai cui valori si sono, più o meno prontamente conformati, un mondo che già non esiste più e che è stato letteralmente sommerso dalle piccole e grandi onde di una tempesta perfetta che ha riportato tutti con i piedi per terra anche se non tutti i piedi ed i corpi sono rimasti sempre all’asciutto!
La convinzione che unisce quel ristretto numero di persone che aveva chiaro il quadro alquanto catastrofico della situazione sin dallo scoppio della più grave crisi finanziaria mai verificatasi è rappresentata dalla consapevolezza che, se è vero che alla fine un punto di equilibrio si troverà, non è assolutamente chiaro a quale prezzo questo potrà avvenire e quale sarà lo stato della finanza e dell’economia reale che lo caratterizzerà, mentre è certo che saremo costretti ad assistere ad un drastico ridimensionamento delle innumerevoli bolle speculative che pure per molti rappresentavano delle solide certezze, per non parlare poi delle aspettative più o meno razionali che nutrivano per un futuro che a loro giudizio non poteva che vedere un ulteriore miglioramento del loro stato.
Non so proprio se ha ragione la psicologa che è stata ospitata sulle colonne del Finanzia Times ed ha ivi sostenuto che il disastro attuale sarebbe tutta colpa del dilagante testosterone maschile che imperversava per le dealing e le trading rooms di tutto il pianeta, anche se sono portato a ritenere che ambizione, avidità e spregiudicatezza non conoscano confini di genere, così come ricordo che la generosissima polizza sanitaria dei partners di Goldman Sachs prevedeva anche, in regime di totale gratuità e nella piena tolleranza aziendale ed ambientale, il trattamento psicologico e chirurgico necessario per operare il cambiamento del proprio sesso.
Quello che sta accadendo nel mercato finanziario europeo non deve stupire più di tanto, non fosse altro alla luce della alquanto banale considerazione che il blocco totale della liquidità interbancaria che ha dato l’avvio alla tempesta perfetta si è verificato proprio tra le meno di cinquanta banche ammesse ad operare sull’Euribor l’ormai famoso 9 agosto del 2007, per non parlare poi di quell’effetto del vigoroso processo di concentrazione iniziato a metà degli anni Ottanta del secolo scorso che ha fatto sì che ognuna delle protagoniste nei principali nazioni europee abbia una dimensione tale che diviene inapplicabile il too big too fail, drammaticamente sostituito dalla consapevolezza che non esistono i mezzi, né pubblici, né tanto meno privati, per affrontare l’eventuale dissesto di uno di questi giganti e che, presumibilmente, l’unica soluzione praticabile sarebbe quella di creare dei giganti, verrebbe da dire dei mostri, ancora più grandi mediante scambi di carta che, per una sorta di contrappasso dantesco, ricordano a tutti noi che è proprio dalla proliferazione della carta che tutto questo disastro ha avuto inizio, una dolorosa eventualità vera in Gran Bretagna, come in Germania, in Francia come in Italia, con la Spagna, alquanto miracolosamente, nel ruolo di spettatrice e forse, vedi il caso di Unicredit Group, di acclamata salvatrice!
Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ mentre gli atti del convegno sono esportabili dal sito http://www.uil.it/ nella sezione del dipartimento di politica economica.