venerdì 3 ottobre 2008

E se venerdì i deputati confermassero il loro no?


Se questo fosse un giornale, avrei uno scoop da proporre ai miei lettori che, comunque, ringrazio perché da qualche giorno hanno fatto registrare qualcosa di più di mille visite quotidiane a questo blog, e la notizia consiste nel fatto che sta circolando un caldo suggerimento volto ad indurre chi lo riceve ad inviare una e-mail al proprio rappresentante alla Camera dei Rappresentanti affinché sostenga il progetto di salvataggio di Wall Street elaborato dalla fervida mente di Hank Paulson, l’ex (?) investment banker di Goldman Sachs generosamente “prestato” da quella molto potente ed ancor più preveggente istituzione alla massima responsabilità del dicastero del Tesoro statunitense nel giugno del 2006, esattamente tre mesi prima che il Chief Financial Officer di Goldman, David Viniar, desse il via alla più grande operazione di vendita selvaggia di tutto quanto aveva a che fare con i titoli della finanza strutturata, che poi rappresentava più o meno tutto l’ampio “magazzino” della prestigiosa “ditta”.

Il bello è che, nel tentativo che probabilmente riuscirà, di modificare l’orientamento negativo di quei due terzi di deputati repubblicano e di quei 95 democratici che hanno osato ribellarsi ai diktat dell’unico establishment che conti davvero e che prende il nome di Big Finance, Big Business, Big Oil, Big Pharma e degli altri Big che vi vengono in mente e che si sente minacciato dai disastrosi effetti della tempesta perfetta che, in un perfetto effetto domino, minacciano gli equilibri del potere molto più di quanto possano farlo le varie minacce esterne che sono state, in realtà, così funzionali alla perpetuazione del modello americano ed all’affermazione delle idee neocon anche in ambienti un tempo progressisti e liberal.

La cosa più curiosa è che questa massiccia attività di lobbing è stata precedente al clamoroso esito del voto di lunedì, un esito, a sua volta, favorito dall’inedita ed inequivocabile sollevazione popolare che ha visto scendere in strada ed inalberare cartelli i buoni e bravi cittadini americani che si vorrebbero del tutto ottenebrati dai messaggi più o meno impliciti e più o meno efficaci dell’esercito dei commentatori e giornalisti embedded alle logiche dei Big di cui sopra, e, nella smania di contrastare questo davvero inedito movimento di opinione, i lobbisti hanno indirizzato il loro appello anche a persone che non sono cittadini statunitensi, traendo probabilmente il recapito di questi destinatari da mailing list delle banche che includono anche persone di altri continenti che con le stesse banche sono in rapporti di lavoro!

Non è, peraltro, un caso che, anche allo scopo di mettere una pezza al clamoroso scivolone registrato nel Black Monday alla Camera dei Rappresentanti, sia stato proprio il molto più gestibile Senato degli Stati Uniti d’America ad approvare a larghissima maggioranza una versione indorata di pillole del progetto originario, una “revisione” che, ovviamente, si guarda bene dal modificare la previsione dei pieni poteri attribuiti al banchiere Paulson sul delicatissimo dettaglio rappresentato dalla fissazione del prezzo al quale verranno acquistati i titoli tossici, un prezzo che, potete giurarci, rappresenterà un multiplo di quello pagato da John Thain, un altro ex Goldman Sachs approdato alla guida di Merrill Lynch, a sua volta finita tra le ampie braccia di quella Bank of America che ha oramai come core business il salvataggio di pezzi pregiati del sempre più malconcio sistema finanziario statunitense.

Non ho avuto modo di sottolineare a sufficienza la curiosa coincidenza del fatto che a restare a galla ed a lanciare ciambelle di salvataggio ai sempre più numerosi naufraghi della tempesta perfetta siano proprio le tre banche che raccolsero, nell’ormai lontano mese di settembre del 2007, l’accorato appello di Hank volto a realizzare, attraverso il cosiddetto master Enhance Liquidity Conduit, la prima discarica a cielo aperto dei titoli più o meno tossici della finanza strutturata che già allora nessuno voleva più, mettendo a disposizione la somma di 100 miliardi di dollari per la realizzazione di un progetto che partito tra rulli di tamburi e squilli di trombe, nonché tonnellate di articoli di giornalisti veramente entusiasti del genio di Paulson, abortì miseramente solo pochi mesi dopo, notizia opportunamente relegata in qualche trafiletto sciattamente redatto da qualche reporter di primissimo pelo.

La “petit difference” tra il primo ed il secondo progetto di Hank non risiede solo nel fatto che il secondo è sette volte maggiore del primo, ma, cosa non indifferente per le banche beneficiate, è che i soldi questa volta sono chiamati a metterli proprio quei contribuenti cui si era solennemente giurato che mai e poi mai sarebbero stati chiamati a pagare per gli errori dei banchieri di investimento e di quelli più o meno globali, per non parlare degli assicuratori, degli hedge funders, dei carry traders, delle locuste dei private equity e dai tanti altri protagonisti di quel grande casinò che da decenni è diventato il mondo della finanza globale, un conto che nel frattempo è diventato talmente salato che anche il mega sforzo richiesto alle pubbliche finanze basterà a stento a consentire a Citigroup, Bank of America e J.P. Morgan Chase a raccattare qualche altro pezzo pregiato della finanza americana, per il semplicissimo motivo che mette sul piatto risorse che equivalgono sì e no ad un 1-2 del per cento di quanto sarebbe necessario per bonificare il mercato dai rifiuti dpiù o meno tossici della finanza strutturata e dai micidiali effetti collaterali della montagna di Credit Default Swaps in circolazione (anche se molti di essi sono diventati esigibili dopo la decisione del comitato esecutivo dell’ISDA).

Avendo clamorosamente sottovalutato l’impatto, a poche settimane dal voto, della tempesta emotiva che ha colto i solitamente molto disciplinati cittadini statunitensi, non azzardo previsioni sull’attesissimo voto di venerdì alla Camera dei Rappresentanti, se non per dire che a quel punto le settimane al voto saranno diventate quasi quattro dalle cinque che erano nell’occasione precedente, nonché per dire che non vorrei essere nei panni della presidentessa dell’augusto consesso o in quelli del leader del Great Old Party in quel ramo del Congresso, perché credo che stiano vivendo le peggiori ore della loro lunga carriera politica, così come non provo in alcun modo sentimenti di invidia per quei rappresentanti del popolo chiamati a salvare il soldato Hank gettando alle ortiche ogni speranza in merito alla loro tanto sospirata rielezione.

Certo, se il mercato fosse determinante, non vedrei di buon augurio per i numerosissimi e molto qualificanti sponsor del piano Bush-Paulson-Bernspan l’esito alquanto disastroso della giornata odierna che doveva in fondo essere ampiamente spinta dal salvifico voto di ieri al Senato, ma è anche vero che le notizie fastidiose giunte dal fronte dell’economia reale non hanno certo aiutato, con un crollo degli ordini all’industria più o meno doppio delle già pessimistiche previsioni ed il numero dei sussidi settimanali che si è fermato ad un soffio dall’importantissima soglia psicologica dei 500 mila nuovi richiedenti, notizie che unite ai dubbi persistenti sul voto di venerdì hanno spinto i tre listini principali di Wall Street nuovamente in profondo rosso e reso estremamente appetibili i Treasury Bonds, né le cose sono andate meglio in Europa..

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ mentre gli atti del convegno sono esportabili dal sito http://www.uil.it/ nella sezione del dipartimento di politica economica.