Ricevuto in anticipo un dettagliato progetto di 22 pagine, l’ottima Associated Press ha diffuso ieri in tarda serata la notizia che Il ministro del Tesoro Henry Paulson, con il pieno consenso del presidente Bush e un provvisorio via libera dei maggiori esponenti del partito democratico, avrebbe deciso di spingere a fondo l’acceleratore su una profonda revisione del sistema regolatorio e di vigilanza sui diversi soggetti che operano nei mercati finanziari, progetto che lo stesso Paulson, ormai vecchia conoscenza dei miei pochi lettori, annuncerà pubblicamente in un discorso che terrà nella giornata di lunedì.
A seguito delle anticipazioni della AP, che si è limitata a rendere nota l’intenzione dell’amministrazione USA di affermare la centralità della Federal Reserve nella vigilanza dei soggetti bancari, che siano banche commerciali, banche di investimento o soggetti finanziari operanti nel settore del mortgage, nonché l’intenzione di affidare all’Office of Comptroller of Currency, che si occupa delle banche, anche i compiti attualmente svolti dal Office of Thrift Supervision e quindi avrà poteri anche sulle casse di risparmio e sulle banche cooperative, si è scatenata, da parte delle altre agenzie e dei giornali statunitensi, la caccia agli altri importanti particolari contenuti nel documento di Paulson, con particolare riferimento a presunti poteri attribuiti alla Fed in relazione anche a soggetti non bancari.
Evidentemente stufi della scarsa reattività dei mercati finanziari alle tante misure annunciate, alcune, per fortuna, rapidamente abortite, dalla strana coppia rappresentata da un ex importante banchiere d’investimento e di affari, quale certamente Paulson è, ed un presidente pro tempore degli Stati Uniti d’America che le Thrift Institutions le conosce bene, in quanto fu coinvolto nei fallimenti a catena delle Saving and Loans banks negli anni Novanta, che richiese un mega financial bailout che costò 400 miliardi di dollari alla collettività, lo stesso duo ha deciso di rimettere mano ad un sistema regolatorio che, affidato ad una molteplicità di soggetti poco coordinati tra di loro, fa evidentemente acqua da tutte le parti, giungendo all’assurdo che le Big Four, la quinta è ormai defunta, possono chiedere ingenti fondi alla Fed in cambio della spazzatura rappresentata dai titoli della finanza strutturata dalle stesse generati, senza dover sottostare alle stesse maggiormente stringenti regole cui sono da sempre sottoposte le banche commerciali.
Trovo molto saggia l’opinione dell’importante esponente del partito democratico che, pur dando il citato e provvisorio via libera, sostiene la necessità di giungere all’individuazione di un solo soggetto, con ogni probabilità individuato nella Fed, cui attribuire tutti i compiti di vigilanza e regolazione della pletora di soggetti operanti nel mare magnum del mercato finanziario statunitense, vera colonna portante di quello che usiamo chiamare mercato finanziario globale, così come sono certo che tale saggia opinione non verrà mai presa seriamente in considerazione dalla strana coppia Bush-Paulson, né da quegli esponenti del complesso economico e finanziario che sono, in realtà, i veri sostenitori dei due ed i veri detentori della stanza dei bottoni dell’ex maggioranza repubblica, che però ancora dispone del fondamentale diritto di veto nei confronti delle leggi scomode partorite dalla maggioranza parlamentare attualmente detenuta dagli esponenti del partito dell’asinello democratico, che tutti i pronostici vedono come vincitore dell’aspra campagna per le presidenziali e saldamente in testa nelle previsioni per il rinnovo del Congresso e di parte del Senato.
Il problema, tuttavia, è che anche queste, pur necessarie se non indispensabili modifiche al sistema regolatorio e di vigilanza tardivamente proposte da Paulson e benedette da un sempre più spaventato Bush, giungono quando la frittata è ormai ampiamente fatta e si è con ogni probabilità anche molto raffreddata, o, per usare un’altra efficace metafora, i nostri due cow boys chiudono le porte della stalla quando ormai i buoi sono ampiamente scappati e sono ormai lontani.
La minaccia che il più potente ministro del Tesoro della più potente nazione del mondo ha rivolto ai suoi ex colleghi (ma non si diceva che una volta abate, sempre abate) e cioè quella del loro doveroso assoggettamento alle stesse più rigide regole da sempre subite dalle rivali banche commerciali, non risolve, infatti, quel dilemma che da oltre sette mesi ripeto come fosse un mantra salvifico: chi sarà in grado di farsi carico di quella cartaccia che nessuno ormai vuole più e che vale, secondo una stima prudenziale se non minimale e, ovviamente, a valore facciale, tra i 25 ed i 30 mila miliardi di dollari?
Non vi è ispezione dei solitamente distratti ispettori di bernspan o di quelli,a loro volta non proprio dei fulmini di guerra, della Securities and Exchange Commission che possa far tornare l’acqua ormai sparsa su tutto il pavimento e farla tornare nelle condutture, peraltro molto intasate, dalle quali è uscita, non vi è regolamentazione ferrea di quello che gli apprendistati stregoni delle fabbriche prodotto delle Investment Banks e delle CIB possono fare o non fare che possa far tornare la fiducia e l’appetito in e per quei titoli che troppe volte hanno scottato le dita dei gestori di fondi pensione, di fondi investimento, per non parlare di quelle molto sensibili appartenenti ai comuni mortali, proprio di quelli che hanno il tremendo vizio, una volta scottatisi le dita con l’acqua bollente, di ostinarsi ad avere poi paura anche dell’acqua tiepida, se non di quella fredda.
Nel corso del recente convegno sulla crisi finanziaria ed i suoi effetti sociali cui ho partecipato, ho avuto modo di assistere ad uno scontro al calor bianco tra un noto economista, il professor Paolo Leon, ed una sua collega che è, a torto o a ragione, è considerata la madre di tutte le recenti riforme delle pensioni, la professoressa Elsa Fornero, uno scontro scatenato dall’evidente avversione della professoressa per la richiesta di certezze che le lavoratrici ed i lavoratori in relazione ai trattamenti pensionistici per loro previsti, voglia di certezza che la nostra ritiene un elemento di rigidità, scatenando una vivace reazione del battagliero Leon che si è visto costretto a difendere il modello italiano (TFR, metodo di calcolo certo della pensione e via discorrendo), discussione che ha tirato in ballo anche il molto british e solitamente compassato professor Luigi Spaventa, insomma solo per poco non sono volati i microfoni.
Purtroppo per i miei pochi lettori, il cineoperatore volontario che ha avuto la bontà, anche per il vincolo dovuto alla comune appartenenza alla Frre Lance International Press, di garantire le riprese del mio intervento (disponibile in versione integrale nella sezione video del sito http://www.flipnews.org/) non era interessato agli schiamazzi accademici che non ha ripreso pur essendo presente, ma vi assicuro che si è trattato di uno spettacolo molto interessante e che resterà per sempre impresso nella mia memoria.