Se avessi avuto qualche residuo dubbio sull’importanza di quanto è accaduto nella notte tra giovedì e venerdì dalla scorsa settimana nell’affollatissimo quartier generale newyorkese di Bear Stearns, questo sarebbe stato fugato, come è in effetti accaduto, dalla totale assenza di ogni riferimento al travaglio della storica banca americana sulla prima pagina del quotidiano più letto in Italia, quella Repubblica (La) fondata nel 1976 da Eugenio Scalfari e di proprietà, tramite il gruppo editoriale L’Espresso, dell’Ingegner Carlo De Benedetti e il cui consiglio di amministrazione è stato presieduto, sino a poco tempo fa, dal Principe Carlo Caracciolo, che credo sia imparentato con l’unica famiglia reale italiana riconosciuta come tale dai più, la dinastia degli Agnelli.
Ai miei pochi ma spero non distratti lettori, ricordo che il prestigioso e dichiaratamente non politicamente imparziale quotidiano, gode di una altrettanto prestigiosa sezione esteri e di una nutrita e ben informata redazione economica, di fatto, quest’ultima, guidata da quel Giuseppe Turani che, assieme a Scalfari, ha redatto un libro come Razza Padrona, un’opera che diede una svolta all’approccio velinario della maggior parte dell’informazione economica del nostro Paese, favorendo l’emancipazione di quei pochi giornalisti che ambivano a liberarsi dal rapporto realmente soffocante con quei capi ufficio stampa aziendali che erano in realtà i veri capo redattori dei quotidiani economici e delle sezioni specializzate in questa materia dei giornali italiani di ogni ordine e grado.
Che La Repubblica sia un quotidiano diverso da tutti gli altri non credo sia di difficile comprensione per alcuno, ai distratti consiglio una visita ad una fornita emeroteca per dare uno sguardo ai 32 anni di pubblicazioni, ma, per i più pigri, basterebbe ricordare che il quotidiano ha svolto un ruolo non marginale in vicende quali il compromesso storico, facendo apertamente da pontiere tra la magmatica ed inquieta sinistra democristiana dei Moro e dei De Mita ed il Partito Comunista Italiano di Longo e Berlinguer, un avvenimento politico giudicato esiziale da quegli equilibri dell’Italia Atlantica, al punto da rendere assolutamente necessario per gli atlantici nostrani favorire, proteggere e imprimere un certo e fatale indirizzo a quella vicenda iniziata proprio in data odierna ma trenta anni orsono, il rapimento e la successiva uccisione di Aldo Moro, una vicenda che aprì le porte a quella vera e propria schifezza che fu il CAF, l’asse tra Craxi, Andreotti e Forlani, un pactum sceleris del quale ancora, ad unificazione tedesca avvenuta ed in un mondo temporaneamente unipolare, paghiamo le conseguenze sia sul versante economico che su quello politico.
Il ruolo del prestigioso quotidiano nella fase che si aprì con la tragica scomparsa dello statista democristiano, unanimemente riconosciuto come l’unico erede di Alcide De Gasperi, è stato certamente fondamentale in passaggi come l’ENI-Petromin, la scoperta delle liste della Loggia P2, Tangentopoli, lo scontro epico e quindicennale tra Romano Prodi e l’affiliato piduista confesso Silvio Berlusconi, in realtà lo scontro molto più antico e niente affatto concluso tra quest’ultimo ed il suo rivale e nemico Carlo De Benedetti, una tenzone che va molto al di là dei rispettivi e corposissimi interessi e che ha condizionato in larga misura la transizione dal capitalismo di Stato, vero tutore dell’asfittico e miope capitalismo familiare italiano, all’attuale assetto della nostra economia, figlia di privatizzazioni largamente eccedenti le previsioni comunitarie e nelle quali la creme de la creme dei nostri grand commis si è espressa al meglio di una filosofia lampedusiana che trova il vero acting manager nell’attivissimo e potentissimo allora Direttore Generale del Tesoro, il professor Mario Draghi, poi potente esponente di Goldman Sachs ed attualmente e da soli due anni Governatore della Banca d’Italia.
Ai miei pochi ma spero non distratti lettori, ricordo che il prestigioso e dichiaratamente non politicamente imparziale quotidiano, gode di una altrettanto prestigiosa sezione esteri e di una nutrita e ben informata redazione economica, di fatto, quest’ultima, guidata da quel Giuseppe Turani che, assieme a Scalfari, ha redatto un libro come Razza Padrona, un’opera che diede una svolta all’approccio velinario della maggior parte dell’informazione economica del nostro Paese, favorendo l’emancipazione di quei pochi giornalisti che ambivano a liberarsi dal rapporto realmente soffocante con quei capi ufficio stampa aziendali che erano in realtà i veri capo redattori dei quotidiani economici e delle sezioni specializzate in questa materia dei giornali italiani di ogni ordine e grado.
Che La Repubblica sia un quotidiano diverso da tutti gli altri non credo sia di difficile comprensione per alcuno, ai distratti consiglio una visita ad una fornita emeroteca per dare uno sguardo ai 32 anni di pubblicazioni, ma, per i più pigri, basterebbe ricordare che il quotidiano ha svolto un ruolo non marginale in vicende quali il compromesso storico, facendo apertamente da pontiere tra la magmatica ed inquieta sinistra democristiana dei Moro e dei De Mita ed il Partito Comunista Italiano di Longo e Berlinguer, un avvenimento politico giudicato esiziale da quegli equilibri dell’Italia Atlantica, al punto da rendere assolutamente necessario per gli atlantici nostrani favorire, proteggere e imprimere un certo e fatale indirizzo a quella vicenda iniziata proprio in data odierna ma trenta anni orsono, il rapimento e la successiva uccisione di Aldo Moro, una vicenda che aprì le porte a quella vera e propria schifezza che fu il CAF, l’asse tra Craxi, Andreotti e Forlani, un pactum sceleris del quale ancora, ad unificazione tedesca avvenuta ed in un mondo temporaneamente unipolare, paghiamo le conseguenze sia sul versante economico che su quello politico.
Il ruolo del prestigioso quotidiano nella fase che si aprì con la tragica scomparsa dello statista democristiano, unanimemente riconosciuto come l’unico erede di Alcide De Gasperi, è stato certamente fondamentale in passaggi come l’ENI-Petromin, la scoperta delle liste della Loggia P2, Tangentopoli, lo scontro epico e quindicennale tra Romano Prodi e l’affiliato piduista confesso Silvio Berlusconi, in realtà lo scontro molto più antico e niente affatto concluso tra quest’ultimo ed il suo rivale e nemico Carlo De Benedetti, una tenzone che va molto al di là dei rispettivi e corposissimi interessi e che ha condizionato in larga misura la transizione dal capitalismo di Stato, vero tutore dell’asfittico e miope capitalismo familiare italiano, all’attuale assetto della nostra economia, figlia di privatizzazioni largamente eccedenti le previsioni comunitarie e nelle quali la creme de la creme dei nostri grand commis si è espressa al meglio di una filosofia lampedusiana che trova il vero acting manager nell’attivissimo e potentissimo allora Direttore Generale del Tesoro, il professor Mario Draghi, poi potente esponente di Goldman Sachs ed attualmente e da soli due anni Governatore della Banca d’Italia.
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Non voglio assolutamente con questo fare torto agli altri Ciampi’s Boys, ma sarebbe veramente ingiusto non sottolineare il ruolo svolto dal sessantaduenne Draghi, un ruolo ancor più strategico di quello svolto dai vari Carlo Azeglio Ciampi, Giuliano Amato, Romano Prodi e compagnia cantante, ove si pensi soltanto alla sorte delle banche IRI, intrecciato, via bare fiscali, con quello della siderurgia di Stato, l’anomale sistemazione delle cosiddette utilities, operanti negli strategici settori della telefonia, dell’elettricità, dell’energia e delle infrastrutture autostradali, anomalia che ancora oggi paghiamo con un costo del credito e dei servizi offerti dalle menzionate utilities che si pone largamente al di sopra degli standards europei, per non parlare poi dell’efficienza e dell’efficacia regnanti nei veri e propri mostri partoriti da qualcosa che si pone come poco meno di un incubo per un liberista autentico.
L’intreccio tra il quotidiano di Scalfari e De Benedetti e queste vicende andrebbe meglio analizzato e da chi ha protezioni e strumenti largamente maggiori di quanti io ne possieda, ma vorrei segnalare l’intreccio con il cosiddetto caso Gardini-Enimont, un caso che ho avuto modo di commentare dalle colonne del quotidiano Il Manifesto e che tanto è costato in termini reputazionali all’ottimo “Peppino” Turani, con la fallimentare gestione romitiana della FIAT, con le sfide all’ultimo sangue avvenute intorno alle banche ex pubbliche e la loro sistemazione manu militari, con l’evoluzione molto “forzata” del movimento sindacale, via abolizione della scala mobile e redistribuzione selvaggia del reddito prima e dopo l’avvento dell’euro, ma non ho intenzione di provare la pazienza dei miei pochi lettori, né aggiungere rischi alla mia già inesistente sicurezza personale.
Segnalo soltanto che lo scontro ancora in corso tra gli atlantici e le forze radunate intorno all’Ingegnere ha fatto vittime illustre tra quei colleghi che, per onestà intellettuale e/o per eccesso di zelo, hanno interpretato con generosità il “mandato” ricevuto dal proprio editore bifronte e mi limito a citare nuovamente il caso di Fabio Tamburini, autore della prima biografia non autorizzata, né tantomeno gradita dall’interessato, di Enrico Cuccia, quell'Un Siciliano a Milano che pochi italiani hanno avuto la possibilità di leggere, o la scomparsa dall’attività di Pino Bongiorno, gli ostracismi subiti dall’ottimo Marco Travaglio, per non parlare di quanti, partiti con ottime intenzioni, sono stati poi fulminati sulla via di Damasco dall’uno o l’altro dei due potentati in lizza.
Se qualcuno pensasse che questa sia ormai soltanto storia passata, mi limito a segnalare l’assordante silenzio che ha accompagnato l’ancora oscura vicenda, contornata di arresti, di anomali sequestri di persona e di un vorticante flusso di capitali che nel non lontano mese di dicembre dell’anno di grazia 2007 ha coinvolto una banca monosportello romagnola ed i capaci forzieri di una banca basata nell’ospitale repubblica di San Marino, uno dei pochi casi nei quali a lunghi ed accurati lanci dell’Agenzia Ansa non sono corrisposte paginate di giornali e chilometrici servizi radiotelevisivi, forse non a caso tra le puntate più lette di questo blog; credo che questo sia avvenuto anche perché la tecnica adottata ricorda troppo altre operazioni del passato e l’estensione del fenomeno ipotizzata dagli inquirenti sia considerata dagli editori di ogni specie e natura troppo pericolosa per essere riportata su quotidiani, settimanali ed altri media che hanno certamente di meglio da fare che di occuparsi di vicende come queste.
Non voglio assolutamente con questo fare torto agli altri Ciampi’s Boys, ma sarebbe veramente ingiusto non sottolineare il ruolo svolto dal sessantaduenne Draghi, un ruolo ancor più strategico di quello svolto dai vari Carlo Azeglio Ciampi, Giuliano Amato, Romano Prodi e compagnia cantante, ove si pensi soltanto alla sorte delle banche IRI, intrecciato, via bare fiscali, con quello della siderurgia di Stato, l’anomale sistemazione delle cosiddette utilities, operanti negli strategici settori della telefonia, dell’elettricità, dell’energia e delle infrastrutture autostradali, anomalia che ancora oggi paghiamo con un costo del credito e dei servizi offerti dalle menzionate utilities che si pone largamente al di sopra degli standards europei, per non parlare poi dell’efficienza e dell’efficacia regnanti nei veri e propri mostri partoriti da qualcosa che si pone come poco meno di un incubo per un liberista autentico.
L’intreccio tra il quotidiano di Scalfari e De Benedetti e queste vicende andrebbe meglio analizzato e da chi ha protezioni e strumenti largamente maggiori di quanti io ne possieda, ma vorrei segnalare l’intreccio con il cosiddetto caso Gardini-Enimont, un caso che ho avuto modo di commentare dalle colonne del quotidiano Il Manifesto e che tanto è costato in termini reputazionali all’ottimo “Peppino” Turani, con la fallimentare gestione romitiana della FIAT, con le sfide all’ultimo sangue avvenute intorno alle banche ex pubbliche e la loro sistemazione manu militari, con l’evoluzione molto “forzata” del movimento sindacale, via abolizione della scala mobile e redistribuzione selvaggia del reddito prima e dopo l’avvento dell’euro, ma non ho intenzione di provare la pazienza dei miei pochi lettori, né aggiungere rischi alla mia già inesistente sicurezza personale.
Segnalo soltanto che lo scontro ancora in corso tra gli atlantici e le forze radunate intorno all’Ingegnere ha fatto vittime illustre tra quei colleghi che, per onestà intellettuale e/o per eccesso di zelo, hanno interpretato con generosità il “mandato” ricevuto dal proprio editore bifronte e mi limito a citare nuovamente il caso di Fabio Tamburini, autore della prima biografia non autorizzata, né tantomeno gradita dall’interessato, di Enrico Cuccia, quell'Un Siciliano a Milano che pochi italiani hanno avuto la possibilità di leggere, o la scomparsa dall’attività di Pino Bongiorno, gli ostracismi subiti dall’ottimo Marco Travaglio, per non parlare di quanti, partiti con ottime intenzioni, sono stati poi fulminati sulla via di Damasco dall’uno o l’altro dei due potentati in lizza.
Se qualcuno pensasse che questa sia ormai soltanto storia passata, mi limito a segnalare l’assordante silenzio che ha accompagnato l’ancora oscura vicenda, contornata di arresti, di anomali sequestri di persona e di un vorticante flusso di capitali che nel non lontano mese di dicembre dell’anno di grazia 2007 ha coinvolto una banca monosportello romagnola ed i capaci forzieri di una banca basata nell’ospitale repubblica di San Marino, uno dei pochi casi nei quali a lunghi ed accurati lanci dell’Agenzia Ansa non sono corrisposte paginate di giornali e chilometrici servizi radiotelevisivi, forse non a caso tra le puntate più lette di questo blog; credo che questo sia avvenuto anche perché la tecnica adottata ricorda troppo altre operazioni del passato e l’estensione del fenomeno ipotizzata dagli inquirenti sia considerata dagli editori di ogni specie e natura troppo pericolosa per essere riportata su quotidiani, settimanali ed altri media che hanno certamente di meglio da fare che di occuparsi di vicende come queste.