sabato 22 marzo 2008

Investment Banks e Corporate & Investment Banking al gran ballo del downsizing

Non dir quattro se non lo hai nel sacco, oppure il più calzante, non vendere la pelle dell’orso (Bear in lingua anglosassone) se non lo hai già catturato, questi due modi di dire ben si attagliano alla strombazzata acquisizione dell’orso di Stearns da parte della meno malconcia tra le investment banks statunitensi, quella J.P. Morgan-Chase oramai più che convinta di aver acquisito le spoglie di Bear al prezzo di una modesta campagna pubblicitaria, sborsando una somma che equivale a meno della metà del valore dell’edificio che ospita il quartier generale della rivale e che rappresenta più o meno l’uno per cento della capitalizzazione di borsa che la malcapitata banca di investimenti vantava dodici mesi orsono.

Che gli azionisti di Bear non credano fino in fondo a questa per loro sciagurata eventualità è più che comprensibile, anche alla luce del fatto che, avendo per loro sventura creduto alle false rassicurazioni di quel vero e proprio delinquente della comunicazione societaria che è l’attuale CEO, hanno rinunciato a realizzare il giovedì precedente l’annuncio del disastro circa 57 dollari per azione in luogo delle due offerte magnanimamente da Morgan, cifra risibile ma che si confronta allo zero stimato da numerosi ed accreditati analisti.

Il problema, tuttavia, sta nel fatto che sembra non crederci neppure il mercato, in quanto, dopo il comprensibile sbandamento iniziale, l’azione di Bear Stearns si ostina a mantenersi ben al di sopra del prezzo offerto, mentre si moltiplicano le voci di una possibile offensiva sulla quinta investment bank statunitense da parte di qualche banca USA o straniera che, pur non avendo ricevuto le dettagliate informazioni che sono state spiattellate sul tavolo notturno di verifica più affollato della storia finanziaria recente, potrebbero decidere di andare a vedere, rompendo così le uova frettolosamente allestite dalla Fed, dalla Sec e dagli stati maggiori delle due banche un tempo rivali, ma allo stato accomunate dal terrore dell’effetto domino contenuto a fatica nell’ultima seduta di contrattazioni prima della provvidenziale pausa pasquale.

Non bastassero le ambasce e le angosce della tempesta perfetta in corso, ci si è messo pure il New York Post, che ha annunciato al mondo intero che quello che doveva essere poco più di un lifting in casa di Goldman Sachs, la riduzione annunciata di un downsizing del 5 per cento del personale, si è trasformato in poche settimane nella decisione, anche alla luce del tonfo di circa la metà dei ricavi registrata nel primo trimestre chiuso l’infausto 29 febbraio dell’anno bisesto, di mandare bellamente a casa poco meno di un dipendente ogni sei (e cosa accade ai prestigiosi, ultraqualificati e iperselezionati partners?), una botta non da poco per gli interessati, ma che fa capire che difficilmente la salvezza delle investment banks verrà da un recupero dei ricavi, quanto da quella solita panacea rappresentata dalla sempre efficace, almeno nel breve periodo, taglio dei costi.

Peccato, tuttavia, che le donne e gli uomini che operano nelle Corporate & Investment Banking delle banche più o meno globali, per non parlare delle loro omologhe ed omologhi di quelle CIB delle CIB che sono le investment banks, siano delle persone un po’ particolari rispetto a quanti lavorano nelle banche commerciali, in quanto, a torto o a ragione, ritengono di essere speciali, molto preparati e molto interni alle logiche di quel mondo parallelo che è formato dalle fabbriche prodotto, dalle attività di consulenza all over the world, nonché di aver spesso ampiamente cooperato all’individuazione di marchingegni e strumenti di interesse aziendale più che di quella clientela di cui, ad ogni pié sospinto, si riafferma la centralità.
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Per quanto possa apparire cinico e quasi crudele, il problema non è tanto delle persone che riceveranno la solita lettera di colore cangiante a seconda dei paesi in cui verrà distribuita che annuncia, spesso di venerdì ed al termine dell’orario di lavoro, la fine del proficuo ed esaltante rapporto di collaborazione con la propria banca, quanto di quelli che sopravvivono all’ondata di licenziamenti, spesso non la prima e certamente non l’ultima, spesso di una lunga serie.

Provate voi, dopo vicende del genere, a dedicare dodici ore in media al giorno, spesso sacrificando anche, in tutto od in parte, i week end, ad indossare ogni giorno quella specie di maschera che cala automaticamente sul viso nei colloqui più delicati o nelle negoziazioni più ardue, fare tutto questo sapendo che per il momento si è ancora parte della grande squadra, ma domani chissà.

Walking accross a dealing or a trading room, it would be possibile to feel and share these anxiety and related fear, con l’aggravante che quelle che ho conosciuto e frequentato circa dieci anni orsono erano dei laboratori artigianali e molto alla buona rispetto alle CIB di ora, per non parlare di quello che sono diventate, stando a voci e pettegolezzi, quelle CIB delle CIB paradigmaticamente rappresentate dalla mitica Golman Sachs, un’entità per entrare nella quale spesso non erano sufficienti cento colloqui con altrettanti partners, persone rispetto alle quali gli spregiudicati appartenenti ad un prestigioso ed affermato studio legale statunitense appaiono poco meno che apprendisti e ragazzi di bottega.

Dopo tanti convegni, studi e chiacchiere sulle Human Resources (spesso chiamate gergalmente H.R.), credo sarebbe opportuno fare qualche ragionamento basato sul semplice buonsenso sugli effetti di medio-lungo periodo derivanti dalla dispersione di questo patrimonio aziendale sia sugli allontanati, sia, a maggior ragione, sui pochi o tanti sopravvissuti, giungendo, forse, alla conclusione che la memoria di questa scomposta ed isterica reazione aziendale rischia di permanere, come un grave vulnus, in queste donne ed in questi uomini per un tempo lunghissimo, così come è certo che le loro performance e la loro stessa percezione del rischio ne risentiranno profondamente, al punto da poter generare nuovi casi incresciosi come quelli recentemente accaduti alla Société Générale o, da ultimo, al Credit Suisse.

Confesso di provare disgusto, pietà e ribrezzo di fronte a considerazioni troppo spesso udite e secondo le quali non si dovrebbe avere compassione per le sorti di queste donne e di questi uomini, in quanto strapagati, privilegiati e, a volte, complici di pratiche aziendali non proprio limpide e rispettose degli interessi del cliente o dell’investitore, anche perché ritengo che i loro datori di lavoro raramente regalino qualcosa a qualcuno, a loro volta vittime di logiche di breve o brevissimo periodo che li spingono a spremere letteralmente come limoni le sventurate o gli sventurati che, a loro volta, spesso dimenticano allegramente di essere soltanto meri esecutori di strategie e relative tattiche ideate da un numero veramente ristrettissimo di persone.
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AVVISO AI LETTORI
Ho il piacere di annunciarvi che sul sito www.flipnews.org è disponibile, nella sezione video della homepage, il video che riporta integralmente il mio intervento al convegno del 19 marzo 2008 su Finanziarizzazione dell'economia e crisi dei mercati, dal quale, per necessità di tempo, ho omesso di citare il ruolo del Chief Operating Officer, o meglio la sua assenza nelle CIB più improvvisate, quale possibile deterrente per la deriva attuale. Invito i lettori che volessero inviare commenti sull'intervento a farlo all'indirizzo e-mail marco.sarli@libero.it