giovedì 13 marzo 2008

L'inesorabile legge di causa ed effetto (2)

Titolando la puntata dell’altro ieri “L’inesorabile legge di causa ed effetto”, non potevo certo immaginare quello che sarebbe accaduto ieri quando, alle 11 e 45 del mattino, almeno sul fuso orario della parte orientale degli Stati Uniti d’America, pressoché tutte le televisioni trasmettevano le immagini del Governatore dello Stato di New York, Eliot Spitzer, che annunciava le sue dimissioni dalla sua carica e le sue scuse ad elettori e famiglia per l’imbarazzante storia in cui era stata coinvolto e che così strideva con la fama di uomo retto ed implacabile che si era conquistato a suon di inchieste contro la prostituzione, la malavita e, soprattutto, contro la “malafinanza”, inchieste che gli procurarono l’appellativo di sceriffo e gli aprirono, giovanissimo, la strada di una brillante carriera politica che, secondo i più, era soltanto agli inizi.

Ebbene, una nota della agenzia Reuters battuta alle 2 e 43 pomeridiane EDT ci ha informati che, mentre passavano sugli schermi quelle immagini della resa di Spitzer, i traders operanti in tutto il territorio degli States hanno fermato le contrattazioni per guardare in diretta le dimissioni di uno degli uomini più odiati nell’ambiente, una scena che, secondo la dichiarazione veramente disarmante di un operatore raccolta dal giornalista, è stata “più importante di Bernanke, più importante del petrolio e forse è ancora più importante del Super Bowl”.

Chi si interessa solo da poco delle vicende del mercato finanziario globale e, più in particolare, di quelle che si svolgono in quella che rimane ancora la sua vera patria e, cioè, gli Stati Uniti d’America, non può rendersi conto dell’enormità di quello che è accaduto ieri, in quanto un blocco spontaneo delle contrattazioni, basato solo su un tacito accordo tra gli abitanti delle trading rooms, si verifica rarissimamente, forse solo in occasione dell’assassinio di un presidente USA, ma non ne sono sicuro, anche perché si tratta di un mercato che spesso trae alimento proprio dalle notizie e più sono gravi meglio è, ma lo sfizio di vedere l’ammanettatore più veloce dell’Est finire per la seconda volta in tre giorni alla gogna televisiva per una storia così devastante era qualcosa alla quale neanche il più smaliziato degli operatori avrebbe potuto rinunciare, anche gli fosse costata il posto (cosa improbabile, visti i festini ai piani alti di Wall Street dopo la prima gogna, poi per la sfrontata mossa di Bernspan ed ieri di nuovo per Spitzer).

Credo proprio che l’attuale numero uno della Fed farebbe bene a pensare di seguire l’esempio di Spitzer, anche perché quella che solo ieri definivo una mossa azzardata, in larga parte scontata, si è rivelata anche quasi del tutto inutile, ma anche, e questo certamente, largamente controproducente, almeno a giudicare da quello che è successo sul mercato interbancario, su quello dei cambi e su quelle vere e proprie montagne russe che sono diventati i mercati azionari di tutto il mondo, e, in misura ancora più accentuata, il comparto finanziario degli stessi.

Vedete, il problema non è quello di avere un presidente della Fed che si pone apertamente behind the curve, anche perché questo lo ha fatto apertamente per 19 anni il suo predecessore Alan Greenspan e chi, come Paul Volker, non la pensava così fu costretto ad allontanarsi con perdite, il problema vero è dato dal fatto che, anche nel seguire e non guidare i mercati, c’è modo e modo, e quello seguito da Bernspan non solo non è all’altezza di quello seguito dal suo Maestro, ma è tale da aver reso per contrasto un gigante della credibilità e delle reputazione il francamente più che modesto e germanizzato presidente della BCE, Jean Claude Trichet, un uomo la cui effige viene quotidianamente bersagliate dalle freccette scagliate da un infuriato Sarkozy, adiuvato in questo da Carla Bruni e dai collaboratori.
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Bernspan sta imparando a sue spese che dare alle banche statunitensi ed a quelle globali altrove basate esattamente quello che le banche chiedono, anzi pretendono, e cioè l’apertura di nuove discariche per fette sempre più consistenti di quella vera e propria montagna di titoli della finanza strutturata, non è proprio una mossa saggia ed in grado di riportare la fiducia ed una relativa tranquillità sul mercato finanziario globale, così come dovrebbe accorgersi che l’aiutino fornitogli da quegli infidi neotemplari della BCE o dai banchieri centrali dell’extracomunitaria Svizzera non è del tutto disinteressato, né tanto meno adeguato alla bisogna della sua crociata contro i mulini a vento, peraltro pericolosissimi quando tira il vento che agita i marosi di una tempesta perfetta che, ogni giorno che passa, si dimostra più insidiosa di quella del 1907.

Ormai sbronzi per tre giorni di festa pressoché ininterrotta, i numeri uno della finanza alloggiati ai piani alti dei grattacieli che oscurano il cielo nella zona del Wall, stanno iniziando, tra un singhiozzo ed un altro, a tirare le somme di questi oltre sette mesi di difficoltà, via, via crescenti, un bilancio molto amaro ove lo sguardo si rivolga al passato ed oltremodo inquietante ove lo stesso cerchi di scrutare le nubi che si addensano sul sempre più incerto futuro.

Se non mi credete, vi ricordo che proprio ieri la donna dei numeri di MBIA, il colosso delle monoline ormai in guerra aperta con le sempre più esigenti, ciniche e veramente ingrate agenzie di rating, si è vista costretta a dimettersi per disintossicarsi da un impegno che non si augurerebbe al proprio peggior nemico e mi auguro sinceramente che stia meditando di dedicarsi all'attività, pro bono si intende, in una delle tante associazioni di volontari che sono impegnate nell’assistere i milioni di cittadini americani alle prese con quisquiglie e pinzillacchere quali la perdita della propria abitazione o del lavoro, se non, come sempre più di frequente sta accadendo, di tutti e due contemporaneamente.

Da giorni, cerco di astenermi da una contabilità troppo precisa dei mercati azionari e dei sempre più inquieti, ma per problemi di segno opposto, mercati dei titoli di Stato, anche perché viene il mal di mare, ad esempio, a seguire le brusche oscillazioni nei due sensi di un titolo come quello della disastrata monoline denominata Ambac, la prima ad essere degradata da Fitch, un’azione che, nei giorni tranquilli varia del 10 per cento e di oltre il doppio in quelli più agitati, ma mi vedo costretto a segnalare che, oltre alla nuova chiusura in rosso di Wall Street, faceva notizia ieri il pesante downgrade di un’altra monoline, CIFG, che l’improvvisamente divenuta inesorabile S&P's ha portato in un colpo solo dalla stellare tripla A ad una molto modesta A+.

Mentre l’euro, grazie anche alle azzardate e quasi disperate mosse di Bernspan e dei suoi perfidi consiglieri europei ed extracomunitari, inizia a fare l’occhietto all’ennesima soglia psicologica di 1,56 dollari e la valuta statunitense resta aggrappata con le mani sempre più intirizzite al salvagente dei 101 yen, chiaro preludio dell’assalto alla soglia, questa sì veramente psicologica, dei 100 yen, continua inesorabile la salita dei tassi interbancari nell’area dell’euro ed in quella della sterlina ed ormai si è ad un passo dai massimi toccati nel dicembre dell’anno scorso.

Comunico ai miei quattro lettori che il 19 di questo mese parteciperò ad una tavola rotonda che si terrà alle 9 e 30 alla Residenza di Ripetta, sita nell’omonima via di Roma, nell’ambito di una Conferenza sulla crisi finanziaria ed i suoi effetti sociali organizzata dal Dipartimento Politiche economiche della UIL, introdotta dal Segretario Confederale Antonio Foccillo e conclusa dall'intervento del Segretario Generale, Luigi Angeletti, tavola rotonda alla quale parteciperanno, tra gli altri, gli economisti Luigi Spaventa, Paolo Leon ed Elsa Fornero, e che sarei felice, compatibilmente con i vostri impegni, di vedervi e conoscervi in questa occasione.