sabato 8 marzo 2008

Se 100 milioni di dollari vi sembrano troppi, provate voi ad essere il CEO di Goldman Sachs


Di fronte ad una esasperata commissione parlamentare statunitense (House Oversight and Government Reform Committee), sono sfilati ieri tre big del credito, o meglio tre dei silurati e silurandi top manager che ricoprivano nelle rispettive banche sia la carica di Chairman che quella di Chief Excecutive Officer, Angelo P. Mozilo di Countrywide, Chuck Prince III di Citigroup e Stanley O’Neal di Merrill Lynch, ai quali i membri della commissione hanno poste stringenti domande sulla relazione esistente tra le loro favolose remunerazioni ed il disastro nel quale loro, assieme ad una nutritissima schiera di coimputati, hanno gettato il mercato finanziario globale, una situazione, quella relativa ai loro compensi, che, come ha giustamente detto il Chairman dell’importante Commissione del Congresso USA, è completamente disconnessa dalla realtà.

Ho troppe volte parlato dei compensi di questi tre personaggi per ritornarvi in questa sede, ma trovo curioso che, nelle stesse ore in cui i tre personaggi usciti o, è il caso di Mozilo, ormai sulla porta, Goldman Sachs ed un nutrito gruppo di altre banche e corporations rendessero nota l’entità dei compensi per il 2007 dei loro top manager, in applicazione di previsioni più severe imposte di recente dalla Securities and Exchange Commission, previsioni volte a sventare le turbate usuali per gli abitanti dei piani alti dei grattacieli in cui sono ospitate le maggiori banche statunitensi.

Si è così scoperto che il non esattamente geniale ed eroico Lloyd Blankfein avrebbe percepito complessivamente ed a vario titolo, nell’anno forse più tragico per il mercato finanziario dall’ormai lontana fine del secondo conflitto mondiale, la cifra tonda, spicciolo più, spicciolo meno, di 100 milioni di dollari, una somma che pur rappresentando un equivalente sempre più basso ove espresse in super euro, mantiene ancora un rilevante potere effettivo di acquisto negli Stati Uniti d’America.

D’altro canto, il manager cinquantatreenne che ha sostituito il mitico Herny Paulson soltanto nel giugno del 2006, è certamente un uomo oculato, avendo investito oltre 25 milioni di dollari nell’acquisto di una vasta residenza nel più lussuoso condominio di Manahattan, un palazzo che richiede, per essere ammesso a risiedervi, una lista di presentazioni lunga un chilometro e che offre ai suoi abitanti ogni comfort, oltre che misure di sicurezza degne della casa Bianca.

Ma Blanfein, oltre ad essere un uomo certamente fortunato, è tutto meno che un egoista ed ha preteso, pare sbattendo i pugni su di un tavolo dal costo incalcolabile, che anche i suoi diretti collaboratori, quali i Co-Chief Operating Officer, Gary Cohn e Jon Winkrield (si chiama proprio Jon, non è un refuso), entrambi gratificati con 53 milioni di dollari ed il veramente mitico Chief Financial Officer, David Viniar, l’uomo che con la sua “intuizione” nell’autunno del 2006 salvò Goldam da un certo fallimento, che ne ha ricevuti “solo” 42,6 milioni, anche se, nel caso dei tre top manager, la metodologia voluta dalla SEC sottostima i loro effettivi compensi complessivi per l’esercizio 2007, compensi che sono stati pari a 66,9 per i COO gemelli ed a 56,9 milioni per il preveggente ed un po’ anziano David Viniar.

Sull’importanza della figura del Chief Operating Officer, e sull’apparente anomalia che in Goldman ve ne siano addirittura due, si è discusso molto poco nell’ambiente ed è, comunque materialmente impossibile trattare qui un argomento che è ben conosciuto solo dagli iniziati ai misteri spesso insondabili di quelle strane creature denominate Corporate & Investment Banking, vere banche nelle banche, entità che, nel caso di Goldman, costituiscono la quasi totalità, se non la totalità, della banca stessa.

Ai non iniziati, basti sapere che senza le molteplici attività e procedure messe in campo dal COO una CIB sarebbe l’equivalente di una nave senza pilota né carte nautiche ed altri strumenti indispensabili per la navigazione e che, pur non avendo alcun ruolo nella parte squisitamente operativa delle molteplici attività finanziarie svolte dalla CIB, la sua parola è legge indiscussa per i molteplici responsabili di branche di attività, comparti e desk a vario titolo operativi, una figura cioè talmente importante in un mondo dove ogni valutazione costituisce altrettanto problema e talmente delicata che si comprende benissimo come una CIB delle CIB, quale è Goldman Sachs abbia saggiamente deciso di averne, e pagarne profutamente addirittura due.

Purtroppo per Goldman, avere un brillante Chairman e CEO, due validissimi COO, un saggio e preparato CFO, al qual e si sta pensando di dedicare, ancora per sua fortuna in vita, una statua nell’atrio del maestoso edificio che ospita il quartier generale della banca, un ministro del Tesoro USA in carica ed una rete di amicizie nel mondo assolutamente senza pari, ebbene, tutto ciò non è bastato per salvarsi realmente dalla tempesta perfetta avvistata con largo anticipo dagli abitanti della sua tolda di comando e, pur avendo liquidato il liquidabile, coperto il non cedibile e messi financo in salvo piatti e bicchieri della prestigiosa foresteria, anche la mitica CIB delle CIB risente ed ancor più risentirà dei marosi sempre più alti della tempesta perfetta, anche se i colpi indiretti saranno certamente superiori a quelli diretti, così come è evidente che mai bilancio, quanto quello relativo all’esercizio 2007, rappresenti più il passato glorioso dell’Istituzione che il suo al momento imperscrutabile ma certamente incerto futuro.

Non riesco neanche ad immaginare quali saranno le conclusioni dei lavori della Commissione del Congresso statunitense che ha deciso di mettere il naso e forse anche i piedi nella misteriosa e delicata questione definita del compensation e benefit della moltitudine di top manager della miriade di entità che popolano il mercato finanziario globale attualmente in piena tempesta, non è, perlatro un caso che ad affrontare le domande più insidiose dei deputati fossero i gestori delle suddette gratifiche e non i diretti interessati, così ignoro quale sarà l’esito del dibattito più o meno teorico che si sta svolgendo sul tema al di qua ed al di là dell’Atlantico, ma almeno di una cosa sono certo e, cioè. Che sarà molto difficile che si trovi un sistema per mettere la museruola a quella dilagante avidità di potere e di soldi che costituisce la caratteristica distintiva del mercato finanziario globale e che alligna, nella sua massima espressione, in quelle figure apicali del Corporate & Investment Banking che hanno trascinato quel mercato e l’intera economia globale in una situazione drammatica e della quale siamo, purtroppo, solo all’epilogo.

Solo per inciso, ricordo che i dati sull’occupazione USA ieri sono stati pessimi, così come la fiducia dei consumatori, che si è, sempre ieri, pressoché liquefatta.