martedì 29 luglio 2008

"Accattateve" le azioni delle locuste!


Uno dei più grandi fondi di private equity del mondo, il Kohlberg, Kravis, Roberts & Company (KKR), con una decisione che non può non essere considerata del tutto contro corrente, ha deciso di chiedere l’ammissione al New York Stock Exchange, entrando nello stesso listino che da tempo ospita il suo maggior rivale, il fondo Blackstone, che offrì al pubblico parte delle proprie azioni proprio alla vigilia dell’avvio della tempesta perfetta che, tra poco più di dieci giorni, compirà il suo prima anno di vita.

Vi sarebbe molto da dire sulla precedente quotazione di Blackstone, un evento caratterizzato da un tempismo perfetto per le locuste del fondo, ma veramente sciagurata per quanti si illusero di entrare in un club dei miliardari in dollari senza assolutamente esserlo e che hanno pagato caro ed amaro quell’atto che aveva alla sua base un mix di invidia sociale e di esibizionismo, condito da un pizzico di autolesionismo, ma la “fortuna” delle locuste presenta troppe assonanza con la preveggenza che ha ispirato i vertici di Goldman Sachs, prima, e del colosso creditizio extracomunitario UBS, poi, quando, tra settembre e novembre del 2006, decisero di girare improvvisamente le proprie posizioni, divenendo venditori di tutto il vendibile delle rispettive montagne di titoli della finanza strutturata che avevano allestito nelle loro fabbriche prodotto e che iniziavano decisamente a puzzare di marcio lontano un miglio.

Non annoierò i lettori con le complesse tecnicalità dell’operazione messa in piedi da KKR per giungere alla quotazione nell’ultimo scorcio di questo orribile 2008, veramente anno bisesto, anno funesto, mediante l’assorbimento del suo American Investmen Fund, attualmente quotato alla borsa di Amsterdam, un fondo che deve valere oramai ben poco se la combinazione con il KKR viene valutata da fonti vicine all’operazione tra i 15 ed i 19 miliardi di dollari, una cifra che supera di poco la forchetta esprimente il valore del solo KKR e che è compresa tra i 12 ed i 15 miliardi di dollari.

A lume di naso, non credo proprio che i sempre più inquieti risparmiatori ed investitori statunitensi ed europei faranno la fila per sottoscrivere le “nuove” azioni che tra breve verranno offerte al pubblico e non solo per la ben triste avventura vissuta da coloro che si strapparono letteralmente di mano le azioni di Blackstone poi repentinamente precipitate, bensì per la semplicissima ragione che, in questi tempi di drammatico credit crunch, le intraprese delle locuste sono pressoché impossibili, in quanto i miliardari che hanno fondato questi organismi non hanno quasi mai utilizzato le disponibilità dei fondi per compiere le loro mirabolanti imprese, quasi tutte realizzate a buffo e/o mediante l’emissioni di titoli di debito (gli ormai famigerati LBO) che nessun investitore è così matto da acquistare,

Come diceva spesso Leonardo Sciascia, quando chiedeva che sulla sua lapida venisse scritto “vissi e mi contraddissi, è proprio vero che è meglio non dire mai qualcosa in modo troppo tassativo, e se qualcuno non ci crede, basterebbe scorrere un dispaccio di agenzia di oggi, a firma David Kaufman, che rende noto che i disastrati fondi di investimento americani di grandi dimensioni, le cui quote vantano valori irrimediabilmente molto ma molto più in basso dei massimi toccati prima della tempesta perfetta, stanno facendo in questi giorni incetta delle azioni delle quattro superstiti Investment Banks statunitensi, scommettendo sull’ipotesi, peraltro molto probabile, di una proroga dell’aiutino che Effe O Ixs (al secolo, Christopher Cox, capo indiscusso della Sec) ha fornito loro nei giorni scorsi e che dovrebbe irrimediabilmente venire a scadenza domani, incuranti del fatto che la diga contro i ribassisti ha funzionato abbastanza bene nelle prime tre sedute, mentre non è riuscita ad impedire il tracollo delle quotazioni delle maggiori entità finanziarie nelle tre sedute successive.

Devo, tuttavia, riconoscere che vi sono delle ragioni alla base di questa apparentemente folle decisione, in quanto essendo, come tutti oramai sanno a causa della spiata degli economisti del Fondo Monetario Internazionale, destinatari, insieme ai fondi pensione, di qualcosa come mille miliardi di dollari di perdite, gli amministratori dei grandi fondi di investimento forse fanno bene a sostenere Goldman Sachs, Lehman Brothers, Merrill Lynch e Morgan Stanley, per il semplicissimo motivo che i loro destini sono ormai strettamente intrecciati e, così, ridare fiato alle malandate Investment Banks potrebbe anche rivelarsi, insieme alla compiacenza dei regolatori e del Governo degli Stati Uniti d’America, una delle ultime possibilità per evitare l’altrimenti inevitabile default dei fondi stessi.

I miei pochi ma affezionati lettori conoscono sin troppo bene la mia opinione su questa misura asimmetrica ed a lungo andare del tutto inefficace, al pari delle scomposte mosse della Federal Reserve di un Bernspan che, passata finalmente la fase del panic cutting, non sa più cosa fare ed è unito al ministro del Tesoro, l’ineffabile Henry Paulson, da un vero e proprio sentimento di odio nei confronti del collega europeo jean Claude Trichet, uno che sarà pure germanizzato e con il complesso di inferiorità nei confronti della Bundesbank, ma ha visto la sua immagine e quella della Banca Centrale Europea crescere a dismisura in questo lunghissimo anno, incurante del tutto degli attacchi che il più che decisionista Sarkozy ed altri premier europei gli muovono un giorno sì e l’altro pure.

Ma un suggerimento a Effe O Ixs mi sento proprio di darglielo e consiste nella banale considerazione che il suo provvedimento nei confronti dei venditori allo scoperto che, lo ricordo, devono versare come margine di garanzia il 50 per cento della loro scommessa, fa brillare come uno specchio al sole l’esiguità del marine del 5 per cento appena richiesto a coloro che vogliono avventurarsi, via derivati, nelle scommesse sul prezzo del petrolio, influenzandone, e non di poco, il prezzo al barile, così come quello delle altre materie prime sulle quali è possibile operare in questo modo ed. ahimé, anche quello delle derrate alimentari che sta determinando una situazione di rischio di vita per centinaia di milioni di esseri umani, in aggiunta a quanti erano già in questa tristissima condizione anche prima della tempesta perfetta.

Avendo da tempo deciso di non consentire i commenti al blog, vorrei prevenire l’obiezione di quanti ritengono che il mio giudizio sulla recente legge che stanzia 300 miliardi di dollari in favore dei mutuatari in difficoltà e delle tecnicamente fallite Fannie Mae e Freddie Mac (chissà perché nessuno parla mai dell’altrettanto disastrata Sallie Mae che si occupa meritoriamente degli studenti universitari?) sia eccessivamente severo; obiezione corretta in linea di principio, ma che ignora che nel settembre del 2007 la responsabile dell’ente federale che si occupa del settore immobiliare aveva, con l’intelligenza ed il senso pratico che caratterizza le donne, elaborato un progetto molto più efficace che consisteva nel favorire la rinegoziazione di tutti i mutui, evitando così gli almeno due milioni di espropri verificatisi nei mesi successivi, progetto molto apprezzato ma accantonato!

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ , mentre rendo noto che sono stati pubblicati nei giorni scorsi gli atti dello stesso convegno.