Una volta occupati pressoché tutti i posti al vertice delle banche di investimento e delle maggiori banche commerciali statunitensi, la pattuglia degli uomini con provata e sicura esperienza nella preveggente e molto potente Goldman Sachs inizia a tirare le fila di un ambizioso progetto che punta a convincere gli oramai riottosi e molto diffidenti investitori e risparmiatori ad accettare una modifica soltanto nominalistica delle cosiddette assett backed securities che verrebbero sostituite dai covered bonds, ossia titoli il cui rendimento e la cui solidità continuerebbero ad essere garantiti da impieghi o da flussi di cassa della banca emittente, ma che resterebbero nel bilancio della banca emittente a differenza di quanto accadeva con ABS, LBO, Commercial Papers e chi più ne ha ne metta, evitando l’impacchettamento e la quasi istantanea vendita ad entità esterne, collegate o meno alla banca emittente.
Ovviamente, la proposta è venuta direttamente ieri dall’indiscusso regista di questa squadra di uomini (non risultano donne ex Goldman Sachs nel pacchetto di mischia) collocati in questi mesi, spesso in questi anni, ai vertici di Merrill Lynch, Wachovia Bank, Citigroup e via discorrendo, l’attuale ministro del Tesoro statunitense ed ex numero uno per lunga pezza della stessa Goldman, l’ineffabile Henry Paulson, un uomo che, per intenderci, ha rinunciato ad un appannaggio complessivo quale quello che è toccato al suo fortunatissimo successore Larry Blankfein e pari, nell’esercizio 2007, a 100 milioni di dollari tondi, tondi, per accontentarsi del ben misero appannaggio che spetta alle donne ed agli uomini che, ovviamente per puro spirito patriottico e di servizio, decidono di mettere le loro indiscusse e notevoli capacità al servizio dei loro concittadini, in quella che dovrebbe essere interpretata come un’attività pro bono che interrompe, spesso solo temporaneamente, carriere ricche di successi e di quattrini guadagnati letteralmente a palate.
Non sono così ingenuo da ignorare l’importanza della modifica in termini di rischio per il sottoscrittore di questa nuova (per modo di dire, in quanto esistono in Germania dal 1769 sotto il nome di Pfandbriefe, ma si legge fandebrife) tipologia di bond, in quanto, fermo restando il rischio di default dell’attività sottostante o il non raggiungimento degli obiettivi previsti in termini di cash flow che fossero stati messi a condizione per il pagamento delle cedole e/o del capitale, “dovrebbe”, il virgolettato ed il condizionale sono assolutamente d’obbligo, venir meno il cosiddetto rischio di controparte, non tanto perché gli emittenti non possano fallire, ma perché, come ha ben dimostrato l’esperienza dell’orso di Stearns, la ferma intenzione di Paulson, di Bernspan, di Effe O Ixs, di Bush e compagnia cantante è quella di erigere a sistema la a parole sempre aborrita tesi che vede la previsione del too big to fail.
I fulminei salvataggi del fondo LTCM nel 1998 e di Bear Stearns nell’inverno di questo orribile 2008, nonché il fatto che verranno fatti tutti gli sforzi possibili ed immaginabili per impedire che falliscano Fannie Mae e Freddie Mac, ed il contestuale fallimento, per ora, di ben sette medie e piccole entità creditizie determina una situazione che tecnicamente si chiama fly to qualità, dove la qualità non sta tanto nella solidità dei conti o nell’abilità gestionale, ma molto più prosaicamente nelle dimensioni raggiunte dall’entità finanziaria, che tornano a rappresentare l’unica ed indiscussa caratteristica meritevole di ogni attenzione da parte dei regolatori e dei governanti e se, come accade ai giorni nostri negli Stati Uniti d’America, da una parte e dall’altra della barricata vi sono solo persone legate da più o meno antichi vincoli di colleganza in una grande istituzione finanziaria quale certamente è Goldman, allora i risparmiatori hanno buone ragioni di fidarsi, sempre al netto della malaugurata ipotesi del default generale del sistema finanziario, ipotesi che, a tempesta perfetta in costante espansione da circa un anno, non può veramente essere esclusa da nessuno, economisti, analisti e giornalisti embedded alle logiche del capitale finanziario compresi.
Funzionerà l’ennesimo gioco di prestigio di Henry Paulson? E’ veramente arduo tentare di dare una risposta a questo cruciale interrogativo, anche se le precedenti performance da “politico” del nostro non sono state certamente all’altezza delle sue gesta come Chairman e Chief Executive Officer di Goldman Sachs, basti pensare al fallimento del Conduit dei Conduit o del SIV dei SIV partorito in un torrido week end del settembre dello scorso anno e miserevolmente abortito prima che venisse il Christmas Eve, o l’altrettanto fallimentare progetto pomposamente denominato Hope Now, con i suoi numeri verdi inutilmente presi d’assalto dai disperati mutuatari in procinto di cimentarsi con una procedura di esproprio, per non parlare delle molteplici dichiarazioni di Paulson che un mese sì e l’altro pure cercavano di convincere investitori e risparmiatori, ma soprattutto sé stesso, che vi era della luce in fondo al tunnel, con il piccolo particolare che affermazioni di questo tenore sono state di quantità superiore al numero di dodici che rappresenta i mesi che ci separano da quel 9 agosto del 2007 quando tutto ebbe inizio con il blocco totale della liquidità sul mercato interbancario dell’area dell’euro.
Nel frattempo, un altro dei ex (ma sono realmente ex o in Goldman si è in servizio permanente effettivo al di là del fatto di essere presenti a libro paga?) colleghi posto al vertice di una importante Investment Bank, quel John Thain che ha diviso buona parte della carriera con Paulson, per poi essere spedito prima alla guida del New York Stock Exchange e poi assurto ai vertici, con un contratto blindatissimo e remuneratissimo (premio di ingaggio da 15 milioni di dollari incluso), della un tempo potentissima ma oggi alquanto disperata Merrill Lynch, ha reso noto urbi et orbi che, dopo i disastrosi conti del secondo trimestre del 2008, la banca venderà buona parte dei suoi alquanto tossici titoli della finanza strutturata, il che prevederebbe, almeno stando agli esiti di realizzi del genere effettuati da altre banche globali, perdite che vanno, nella migliore delle ipotesi, dal 20 al 30 per cento della zavorra eliminata, anche se per alcune di queste schifezze, da poco classificate come Level 3, le perdite possono essere di gran lunga superiori, sino ad invertire la proporzione indicata sopra.
Oltre ad avere completamente sovvertito l’ideologia economica imperante negli States dai tempi della presidenza dell’alquanto mediocre attore di western, Ronald Reagan, un’ideologia che ha visto nella scuola di Chicago dominata da Milton Friedman ed in quella delle cosiddette aspettative razionali la grande rivincita del liberismo rispetto al rispetto che erano riuscite a conquistarsi le idee del mai troppo compianto John Maynard Keynes, più da morto, in verità, che da vivo, Paulson, Bernspan, Effe O Ixs e compagnia cantante sono riusciti, nel breve volgere di dodici mesi, a bypassare quelle poche regole che ancora resistevano in un mercato finanziario statunitense, vera ed insostuibile costola di quello globale, dopo quell’orgia di deregolamentazione che aveva consentito di cartolarizzare il cartolarizzabile, in modi e con formule sempre più astruse e spesso incomprensibili anche agli stessi apprendisti stregoni delle fabbriche prodotto che le escogitavano, soprattutto se, come purtoppo in alcuni casi pare sia realmente accaduto, perdevano o inghiottivano il foglietto di carta che riportava la miscela tossica che componeva alcuni di questi prodotti della finanza strutturata!
Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ , mentre rendo noto che sono stati pubblicati nei giorni scorsi gli atti dello stesso convegno.