martedì 8 luglio 2008

La ricetta di Yanus, Nobel per la pace e inventore del microcredito, per uscire da questo casinò della finanza oramai impazzito!


In un intervista molto interessante, l’inventore del microcredito e premio Nobel per la Pace per il 2006, Muhammad Yunus, sostiene che quello che si pone all’ordine del giorno non è tanto la questione dell’intensità della crisi finanziaria in corso, quanto il modello di banca imperante da lunghissimo tempo, per non parlare dell’ulteriore degenerazione legata alla deregolamentazione spinta, alla cartolarizzazione ed alla conseguente finanziarizzazione estrema intervenute dal 1985 in avanti, un modello che non è senza alternative, come ha peraltro lui stesso dimostrato con l’avventura del microcredito, un fenomeno che, dalla iniziale forma embrionale e semi artigianale, si è trasformato, in un relativamente breve volgere di tempo, in una concreta alternativa di accesso al credito rivolta ai “paria” del mercato finanziario globale, una epidemia positiva che dal Bangladesh e dall’India si sta espandendo anche verso i nuovi poveri dei paesi maggiormente industrializzati.

Al pari delle importanti esperienze avvenute in campo medico, con casi esemplari quali l’organizzazione francese di medici senza frontiere o l’italiana Emergency, in campo solidaristico sul piano dell’impegno sociale di decine di milioni di uomini e donne che spesso trovano un senso alla loro vita occupandosi di quella dei poveri e dei diseredati, così anche nell’un tempo esclusivo settore del credito qualcosa di nuovo e di straordinario sta accadendo, grazie al molto salutare effetto di dimostrazione che le imprese dell’economista del Bangladesh sta esercitando nella maggior parte dei paesi del mondo, un qualcosa che precede certamente la tempesta perfetta in corso, ma che da questa trae nuova linfa ed alimento, anche per l’evidenza palmare del rovesciamento dei valori indotto dal circolo vizioso che si è innescato per troppo tempo tra bisogni, spesso ben più che superflui, ed un offerta di credito che sembrava realmente illimitata ed alla portata di tutti.

Non è, peraltro, un caso, che uno degli appuntamenti più attesi degli otto grandi del pianeta si sia aperto nell’isola di Hokkaido in Giappone con un riferimento esplicito al problema degli aiuti al martoriato continente africano, una realtà nella quale si mescolano grandi risorse ed una iniqua distribuzione della ricchezza dovuta ai guasti della colonizzazione prima ed a quelli di una decolonizzazione raramente realizzatasi mediante la realizzazione di un sistema sociale giusto ed equo, un mix di sistemi dittatoriali o quanto meno autoritari e di tensioni etniche che spesso sono culminate in massacri di immani dimensioni, per non parlare della diffusione epidemica dell’AIDS e di malattie che l’umanità credeva veramente di essersi lasciata definitivamente alle spalle già qualche decennio fa.

Come scrivevo ieri, è ben difficile che dal vertice escano indicazioni chiare sulle cause che hanno prodotto il disastro in corso nel mercato finanziario globale, un meltdown che non è estraneo a quanto di ancora più grave sta avvenendo sui mercati delle materie prime e delle derrate alimentari, un disastro che vede le vittime della tempesta perfetta diventare i carnefici in guanti bianchi e colletto inamidato di una parte rilevante dell’umanità che di mutui, prodotti della finanza più o meno strutturata non ha mai sentito parlare, ma che non riesce più a soddisfare i bisogni primari a causa dei giochi più o meno leciti che stanno impazzando nello scintillante casinò a cielo aperto della finanza mondiale.

Anche se nessuno sa con certezza come scomparvero i dinosauri, credo proprio che quello che stiamo non troppo allegramente vivendo possa essere un mome nto di analoga drammaticità per le Investment Banks e per le banche più o meno globali, tutte entità che hanno fatto un uso smodato dell’effetto leva, inducendo al contempo una domanda pressoché illimitata di credito, nonché la proliferazioni di iniziative, spesso strampalate ad a carattere di autoreferenzialità, della cui esistenza effimera avremmo fatto volentieri a meno.

Non so se come i sauri di ogni genere e specie, animali della cui intelligenza è più che lecito dubitare, ma dotati di appetiti smisurati, anche le donne e gli uomini operanti a vario livello di competenza e di responsabilità nell’attività di corporate & investment banking, resteranno fatalmente vittime di quel mix di avidità e senso di onnipotenza che li ha pervasi per lungo, troppo, tempo, una miscela esplosiva che li ha spinti a trasformare in titoli più o meno rappresentativi tutto quello che capitava loro a tiro, finendo per ridurre l’antica professione del valutatore del merito creditizio del richiedente in una specie di orpello del tutto inutile quando il credito ha iniziato a restare sui libri contabili del concedente per poco più di qualche ore, un qualcosa di maleodorante che veniva spedito mille miglia lontano e trasformato in prodotti strutturati complessi ma perfettamente deodorati.

D’altro canto, almeno a giudicare a quanto sta accadendo nell’ambito della un tempo immensa CIB della extracomunitaria UBS o in qualche grande banca basata nell’area dell’euro, le cose per questa branca di attività cresciuta negli ultimi decenni a ritmi esponenziali si stanno mettendo veramente male, almeno a giudicare dalla montagna di letterine colorate che annunciano la prematura dipartita di una buona parte delle donne e degli uomini oggi tristemente misconosciuti, ma che pure tanto hanno fatto per i conti economici delle rispettive entità di appartenenza, anche se nel tempio del denaro contano più òe perdite dell’oggi che i guadagni per quanto notevolissimi dell’ieri o dell’altro ieri.

Tornando a quanto sta accadendo nella remota isola di Hokkaido, asciugate in fretta le lacrime di coccodrillo sparse sulle più che prevedibili sorti del continente nero, ben fasciati in abiti eleganti, le donne e gli uomini più potenti del globo terracqueo, ascolteranno compunti le considerazioni e le raccomandazioni che l’italiano Mario Draghi, a nome del Financial Stability Forum da lui presieduto, rivolgerà loro, anche se scommetto che i più trarranno qualche conforto dai bignamini preparati per loro dai soliti sherpa che, come gli infaticabili montanari da cui traggono il nome, finiscono sempre per essere gli unici impossibilitati a godersi le bellezze del luogo ed a faticare come i muli sia nel predisporre l’agenda e poi nello spiegarla ai leader politici per i quali si trovano a lavorare.

Sta facendo molto rumore una bella video intervista apparsa su Youtube (per chi mi legge su Flipnews, basta cliccare sul relativo link presente nella sezione video) nella quale viene riproposta una vecchia fissazione del Diario della crisi finanziaria e relativa al progetto iraniano di aprire la prima borsa petrolifera con standard espressi in euro, invece che in dollari statunitensi, anche se mi vedo costretto a precisare che, purtroppo, tale progetto non è, a differenza di quanto sostiene l’intervistato, ancora realizzato, ma, altrettanto certamente, è alla base dell’improvviso rigurgito di ostilità degli Stati Uniti d’America nei confronti del regime di Teheran, così come a suo tempo accade nel caso di analoghe proposte avanzate dal libico Gheddafi e dal defunto presidente irakeno Saddam Hussein (a buon intenditor….).

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/
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Post Scriptum
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Apprendo solo ora che il Governo italiano ha ufficializzato agli altri paesi membri del G8 la proposta di aumentare i margini di garanzia sui derivati dall'attuale 5 per cento sino ad un massimo del 50 per cento, che è poi il margine applicato sui contratti relativi alle vendite di borsa allo scoperto, anche se, almeno per ora, si tratta di poco di più di un pour parler.